Usa: per il Pentagono, Huawei e altre 19 aziende cinesi sono a rischio sanzioni perché accusate di lavorare per le forze armate
Il dipartimento della Difesa americano ha stilato una lista di venti aziende cinesi, operanti anche negli Stati Uniti, che sarebbero controllate o di proprietà delle forze armate di Pechino. Nell’elenco compaiono anche il colosso delle telecomunicazioni Huawei e la compagnia di videosorveglianza Hikvision. Scopo ufficiale della lista, secondo il Pentagono, è quello di fornire “uno strumento utile al Governo americano, alle aziende, agli investitori e agli alleati” per renderli consapevoli dei rischi legati alla creazione di partnership con questi soggetti.
Si tratta di una mossa in parte simbolica, come nota Bloomberg, nel senso che la lista non conferisce nuovi poteri al Presidente, che già è in grado di imporre sanzioni verso queste aziende grazie a una legge del 1977. Sia Huawei che Hikvision erano peraltro già state inserite in una blacklist.
D’altra parte, la mossa possiede una grande concretezza perché si inserisce in un contesto molto caldo: quello generale del deterioramento dei rapporti fra Stati Uniti e Cina, e quello più specifico della guerra tecnologica fra le due superpotenze. A Washington cresce il timore bipartisan per l’ascesa tecnologica di Pechino e per le sue implicazioni sulla sicurezza nazionale americana. Preoccupa in particolare l’integrazione civile-militare, ovvero la possibilità – per le forze armate cinesi – di accedere a tecnologie sviluppate per scopi civili, eludendo in questo modo le sanzioni internazionali.
Non è così scontato che Trump possa decidere di sanzionare Huawei, una delle aziende cinesi più importanti: una scelta del genere innescherebbe infatti la reazione di Pechino, che potrebbe applicare a sua volta delle sanzioni verso gli Stati Uniti. A novembre in America ci saranno le elezioni presidenziali e la condizione dell’economia è già fonte di preoccupazione per Trump.
Più vicini sembrerebbero essere invece i dazi del 10% sull’alluminio canadese, già imposti nel 2018 per ragioni di sicurezza nazionale e che adesso potrebbero fare ritorno proprio pochi giorni prima dell’entrata in vigore (il 1° luglio) dell’Usmca, il nuovo accordo di libero scambio tra l’America del nord che sostituisce il Nafta. Non si tratta di una contraddizione, visto che l’amministrazione Trump si era riservata il diritto di alzare nuovamente delle barriere a ogni aumento significativo delle importazioni dal Canada e dal Messico.
Rispetto alla Cina, il Canada ha minori capacità di reagire alle azioni della Casa Bianca con delle contromisure per via della sua profonda dipendenza commerciale dagli Stati Uniti. In passato lo ha fatto, in realtà, con tariffe per 12 miliardi di dollari sui prodotti agricoli americani; le nuove regole non permettono però a Ottawa di colpire settori diversi da quello interessato (l’alluminio, in questo caso).
L’ultimo fronte commerciale dell’amministrazione Trump è l’Europa. Gli Stati Uniti hanno di recente aggiunto una serie di merci dal valore di 3,1 miliardi all’elenco dei prodotti europei sui quali potrebbero essere applicati dei dazi. Il quadro di riferimento è la lunga disputa legale sui sussidi – va avanti da 16 anni – tra Boeing e Airbus: sono le maggiori società costruttrici di aerei rispettivamente in America e nell’Unione europea. Una decisione finale sulla questione da parte dell’Organizzazione mondiale del commercio è stata rimandata in autunno.
Anche in questo caso, se Washington dovesse procedere con i dazi, Bruxelles potrebbe fare altrettanto, aggravando il quadro economico statunitense in vista del voto di novembre.
Il dipartimento della Difesa americano ha stilato una lista di venti aziende cinesi, operanti anche negli Stati Uniti, che sarebbero controllate o di proprietà delle forze armate di Pechino. Nell’elenco compaiono anche il colosso delle telecomunicazioni Huawei e la compagnia di videosorveglianza Hikvision. Scopo ufficiale della lista, secondo il Pentagono, è quello di fornire “uno strumento utile al Governo americano, alle aziende, agli investitori e agli alleati” per renderli consapevoli dei rischi legati alla creazione di partnership con questi soggetti.
Si tratta di una mossa in parte simbolica, come nota Bloomberg, nel senso che la lista non conferisce nuovi poteri al Presidente, che già è in grado di imporre sanzioni verso queste aziende grazie a una legge del 1977. Sia Huawei che Hikvision erano peraltro già state inserite in una blacklist.
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