Pechino attuerà anche diversi progetti e invierà 1.500 esperti. Xi Jinping ha annunciato investimenti nei campi della sanità, innovazione digitale, sviluppo sostenibile ed export
Un tempo erano i ponti e le strade, oggi sono i vaccini. La competizione internazionale tra potenze si fa anche così. Partecipando in video all’ottavo Forum di cooperazione sino-africana (FOCAC, Forum on China–Africa Cooperation) il Presidente cinese Xi Jinping ha annunciato che Pechino donerà un miliardo di dosi all’Africa, spedendone direttamente 600 milioni, mentre 400 milioni verrebbero fornite attraverso la produzione congiunta di aziende cinesi e dei Paesi africani interessati. La Cina costruirà anche 10 progetti sanitari in Africa e invierà 1.500 esperti. Xi ha anche parlato di economia annunciando crediti e cooperazione nei campi della sanità, innovazione digitale, promozione del commercio e lo sviluppo sostenibile e, soprattutto, l’aumento dell’import. Il problema è che la maggior parte dell’import di prodotti africani non riguarda, appunto, prodotti, ma materie prime e minerali.
La risposta degli africani viene per bocca del Presidente senegalese: “È nelle difficoltà che l’amicizia trova la sua prova di grandezza”, ha detto Macky Sall, elogiando il “sostegno della Cina ai nostri sforzi nella risposta sanitaria e nella ripresa economica”. Al senegalese ha fatto eco Cyril Ramaphosa, Presidente sudafricano. La paura generata dalla variante Omicron del Coronavirus e la conseguente introduzione di nuove restrizioni ai viaggi da e per diversi Paesi africani preoccupa innanzitutto il Sudafrica, ma anche diversi altri Paesi. Di conseguenza gli aiuti sanitari – e anche la promessa di nuovi investimenti fatta da Xi – viene da tutti accolta con grande favore.
La promessa cinese giunge all’indomani di un tour africano del segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, che ha promesso al Senegal e al Ruanda di contribuire a generare capacità per la manifattura di vaccini e firmato accordi commerciali per un miliardo di dollari. Il capo della diplomazia statunitense ha anche promesso di trattare il continente come un partner e non solo come una fonte di crisi, problemi, pericoli. Si tratta di un passo per cercare di recuperare il terreno perduto mentre la Cina investiva miliardi in infrastrutture. Gli Usa hanno però un problema: a differenza dei loro concorrenti asiatici tendono ad avere un punto di vista sulle crisi in corso o a criticare i regimi che violano in maniera troppo visibile ed esplicita i diritti umani. Ad esempio, Mali, Etiopia (dove pure stanno facendo uno sforzo diplomatico) e Guinea verranno colpite da dazi verso gli Stati Uniti a partire dal 1° gennaio 2022 a causa delle violazioni dei diritti umani.
Intendiamoci, gli Stati Uniti fanno i loro interessi, non sono la Norvegia, ma hanno un’idea delle relazioni internazionali e di alcuni standard minimi. E per questo i rapporti con i diversi regimi e con le complicate democrazie africane possono conoscere degli intoppi. Pechino non mette condizioni ai propri aiuti o alle proprie partnership commerciali, ma pure ha un problema. Il primo riguarda la propria capacità di investimento: negli ultimi anni, a causa del Covid, ma non solo, il flusso di investimenti diretto verso l’Africa attraverso la Belt and Road Initiative è drasticamente diminuito. Non solo, nelle capitali africane ha fatto capolino il sospetto che la generosa cooperazione cinese, fatta di scambi commerciali, credito per infrastrutture che imprese cinesi costruiscono e scambi culturali asimmetrici (decine di “Istituti Confucio” sparsi per le città d’Africa, training di giornalisti, apertura di un canale africano della CCTV), non sia in fondo troppo generosa.
La Repubblica Democratica del Congo sta ripensando un accordo da 6 miliardi di dollari con investitori cinesi per la preoccupazione che non sia sufficientemente vantaggioso per il Congo – scrive Reuters. Altri Paesi si sono trovati debiti che non avevano notato nei contratti per le infrastrutture che hanno firmato. Uno studio della China Africa Research Initiative (CARI) della Johns Hopkins University segnala che il debito dello Zambia nei confronti dei finanziatori pubblici e privati cinesi è di 6,6 miliardi di dollari, quasi il doppio dell’importo rivelato dal precedente Governo. “Anche prima del 2020, i problemi di debito e una disillusione nei confronti dei prestiti cinesi erano evidenti” scrive Yunnan Chen in un’analisi ospitata dall’Ispi.
I sondaggi indicano che la percezione rimane della società africana rimane quella di un effetto benefico della presenza cinese. Come potrebbe essere altrimenti? Quasi 20 anni di soft power e le antiche amicizie pre 1989 rendono la Cina l’attore internazionale africano per eccellenza, mentre Usa ed Europa, chi per il terrorismo, chi per terrorismo e migrazioni, hanno troppo spesso messo da parte il tema economico per privilegiare la cooperazione in materia di sicurezza – o hanno pagato per frenare le migrazioni, non esattamente una ricetta per lo sviluppo.
L’annuncio sui vaccini di Xi segnala invece come Pechino continui a perseguire una strada commerciale e soft power con costanza. Anche gli Stati Uniti hanno promesso milioni di dosi (meno di quelle cinesi) e di lavorare per facilitare la produzione locale. La competizione tra i due colossi è evidente, con gli Usa che cercano di recuperare il terreno perduto. Pfizer ha raccontato che cinque Paesi – Malawi, Mozambico, Namibia, Sudafrica e Zimbabwe – hanno chiesto di sospendere le spedizioni a causa delle difficoltà di gestione – frigoriferi, trasporti sicuri, organizzazione, gli stessi problemi avuti anche in Occidente mesi fa, ma amplificati. Per rispondere nell’immediato agli annunci di Xi, forse, gli Stati Uniti dovrebbero ragionare su come favorire la distribuzione e gestione dei vaccini.
Pechino attuerà anche diversi progetti e invierà 1.500 esperti. Xi Jinping ha annunciato investimenti nei campi della sanità, innovazione digitale, sviluppo sostenibile ed export