Il cambio della guardia avviene in un momento delicato per Hanoi e la sua posizione nel mondo. Sempre più giganti stanno delocalizzando in Vietnam produzioni tecnologiche e di alta qualità nel processo di diversificazione dalla Cina. Tra le altre, anche Samsung, Foxconn, Amazon e Apple.
Una nuova era. È difficile definire diversamente la fase che si è appena aperta in Vietnam, dopo la morte di Nguyen Phu Trong. Il segretario generale del Partito comunista vietnamita, scomparso il 19 luglio dopo tante voci sulla sua malattia, era il più potente da diversi decenni. Prima ancora di Xi Jinping in Cina, Nguyen era riuscito nel 2021 a ottenere un inedito terzo mandato, rompendo la prassi dei due mandati introdotta negli anni Ottanta dal leader delle riforme Le Duan.
Il suo posto è stato preso da To Lam, che ricopre anche la carica di presidente, di natura soprattutto cerimoniale. Nel giro di poco più di due mesi, To Lam prende così possesso di due delle quattro principali posizioni del sistema di potere vietnamita, che comprende anche il primo ministro e il presidente del parlamento. Prima, a maggio, era subentrato al posto di Vo Van Thuong, dimessosi dopo che uno scandalo di corruzione aveva toccato alcuni uomini della sua cerchia. La stessa sorte che era toccata anche al predecessore Nguyen Xuan Phuc, che ambiva alla poltrona di segretario generale al Congresso del 2021 e che era stato “accompagnato” alle dimissioni nella primavera del 2023.
Ma il 3 agosto è arrivato il bersaglio grosso, col Comitato centrale del Partito che ha confermato la sua nomina a segretario generale, valida fino al XIV congresso del gennaio 2026. Per allora non è ancora detto quali potranno essere gli equilibri. La vastità e ampiezza della campagna anticorruzione in corso negli ultimi anni testimoniano che gli equilibri interni non sono ancora del tutto definiti e potrebbero spuntare nuovi sfidanti. In molti credono, per esempio, che possa fare una mossa il premier Pham Minh Chinh, molto attivo di recente anche sul piano diplomatico.
Nel frattempo, il passaggio da Trong a To Lam rappresenta già un cambio netto. Trong era prima di tutto un ideologo. Da convinto marxista-leninista, Trong ha coltivato il legame storico-ideologico con Pechino, preservando quello di sicurezza con la Russia. E avviando uno storico disgelo con Washington col suo storico viaggio alla Casa Bianca nel 2015, il primo per un leader vietnamita. Una mossa utile a diversificare i rapporti internazionali. Come Xi in Cina, Trong ha costruito la sua reputazione su una ostentata inflessibilità in materia di sicurezza e incorruttibilità, medaglia che ha utilizzato per sconfiggere il rivale Nguyen Tan Dung al Congresso del 2016. Una vittoria dell’ideologia sul mercato, si era detto all’epoca. Ma Hanoi ha poi firmato gli accordi di libero scambio con Unione Europea e Regno Unito, promuovendo il RCEP in Asia-Pacifico. Intanto, la campagna anticorruzione della cosiddetta “fornace ardente” proseguiva senza sosta.
Una delle figure chiave a dirigere quella campagna era proprio To Lam, protagonista di una lunga carriera nelle forze di polizia per poi arrivare a essere nominato ministro della Pubblica Sicurezza nel 2016, ruolo mantenuto per otto anni sino alla promozione a presidente dello scorso maggio. Mentre era ministro, è stato nominato anche vice-capo del Comitato direttivo centrale per la lotta alla corruzione del Partito comunista. Ciò significa che di fatto era il numero 2 del leader Trong nella sua campagna della “fornace ardente”. Questo lo ha fatto entrare nelle grazie del segretario generale, nonostante la battuta d’arresto del 2021, quando sull’account TikTok del famoso chef Nusret Gökçe, noto con il soprannome di Salt Bae, è stato pubblicato un video che mostra Lâm e il suo entourage mentre cenano alla Nusr-Et Steakhouse di Gökçe a Londra, dopo aver partecipato alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Glasgow.
Nella clip, Gökçe dà da mangiare a Lâm un pezzo di bistecca placcata. Il video è stato cancellato dall’account TikTok di Gökçe 30 minuti dopo, ma nel frattempo un attivista vietnamita lo aveva condiviso sulla sua pagina Facebook, suscitando indignazione visto che in quel momento la maggior parte dei vietnamiti era alle prese con un blocco economico durato mesi a causa della pandemia di coronavirus.
To Lam ha resistito e ha anzi rilanciato, completando la sua ascesa ai vertici della politica vietnamita. Rispetto a Trong, i cui sforzi erano tesi a rendere il Vietnam un hub di produzione globale, potrebbe avere un maggiore focus sulla sicurezza e il mantenimento dell’ordine pubblico. Il cambio della guardia avviene in un momento delicato per Hanoi e la sua posizione nel mondo. Sempre più giganti stanno delocalizzando ad Hanoi e dintorni nel processo di diversificazione dalla Cina. Tra le altre, anche Samsung, Foxconn, Amazon e Apple. Il tutto eleva il Vietnam a una posizione più alta di quella di semplice hub manifatturiero, con lo stabilimento di produzioni tecnologiche e di alta qualità.
A livello diplomatico, il Vietnam è riuscito a mantenere ottimi rapporti con tutti. Basti pensare che nel giro di nove mesi Trong ha ospitato Joe Biden, Xi Jinping e Vladimir Putin. Nessun altro ha fatto lo stesso. La guerra in Ucraina e il timore di un crescente allineamento tra Cina e Russia ha comunque portato Hanoi ad approfondire i rapporti con gli Stati Uniti, tanto che proprio in queste settimane si sta trattando il primo storico acquisto di velivoli militari dalle aziende della difesa dell’ex storico nemico. Non solo. Il Vietnam ha anche firmato accordi di libero scambio con l’Unione Europea e il Regno Unito. Questa nuova fase di incertezza e potenziale instabilità verrà seguita con enorme attenzione da tutte le potenze globali.
Una nuova era. È difficile definire diversamente la fase che si è appena aperta in Vietnam, dopo la morte di Nguyen Phu Trong. Il segretario generale del Partito comunista vietnamita, scomparso il 19 luglio dopo tante voci sulla sua malattia, era il più potente da diversi decenni. Prima ancora di Xi Jinping in Cina, Nguyen era riuscito nel 2021 a ottenere un inedito terzo mandato, rompendo la prassi dei due mandati introdotta negli anni Ottanta dal leader delle riforme Le Duan.
Il suo posto è stato preso da To Lam, che ricopre anche la carica di presidente, di natura soprattutto cerimoniale. Nel giro di poco più di due mesi, To Lam prende così possesso di due delle quattro principali posizioni del sistema di potere vietnamita, che comprende anche il primo ministro e il presidente del parlamento. Prima, a maggio, era subentrato al posto di Vo Van Thuong, dimessosi dopo che uno scandalo di corruzione aveva toccato alcuni uomini della sua cerchia. La stessa sorte che era toccata anche al predecessore Nguyen Xuan Phuc, che ambiva alla poltrona di segretario generale al Congresso del 2021 e che era stato “accompagnato” alle dimissioni nella primavera del 2023.