Con il bombardamento in Siria, Biden ha voluto lanciare due messaggi, uno all’Iran e uno a Israele e Arabia Saudita. La sua mossa, in realtà, è perfettamente coerente
Con il bombardamento in Siria, Biden ha voluto lanciare due messaggi, uno all’Iran e uno a Israele e Arabia Saudita. La sua mossa, in realtà, è perfettamente coerente
Dall’attacco in Siria ai danni di milizie filoiraniane alla pubblicazione del rapporto sull’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi: gli ultimi giorni hanno offerto diversi spunti per ragionare sui piani della nuova amministrazione americana di Joe Biden per il Medio Oriente.
Il bombardamento in Siria, contro l’Iran
Giovedì notte gli Stati Uniti hanno bombardato una serie di postazioni utilizzate da due milizie sostenute dall’Iran – Kataib Hezbollah e Kataib Sayyid al-Shuhada – nella Siria orientale, vicino al confine con l’Iraq. Un attacco mirato e dalla portata contenuta, compiuto da due cacciabombardieri F15E che hanno sganciato sette bombe, distruggendo tutti i bersagli e uccidendo diciassette miliziani.
È stata la prima operazione militare dell’amministrazione Biden ed è giunta in risposta al lancio di razzi contro la base statunitense di Erbil, in Iraq, del 15 febbraio scorso – un morto e nove feriti il bilancio –, compiuto da un gruppo fedele a Teheran.
Del bombardamento americano è notevole innanzitutto la posizione geografica. La ritorsione di Biden non è avvenuta infatti sul territorio dell’Iraq, che in questi anni è stato il principale terreno di sfogo delle tensioni tra Washington e Teheran, bensì in Siria. Una scelta che mostra attenzione ai problemi interni del Governo iracheno (importante alleato), ma che è anche dettata dalla convenienza pratica: condurre un attacco in Siria è più semplice perché gli Stati Uniti non devono richiedere l’autorizzazione alle autorità locali, dato che non riconoscono il regime di Bashar al-Assad.
Il bombardamento contro le milizie filoiraniane, poi, non è in contraddizione con la volontà di Biden di riallacciare il dialogo con l’Iran dopo la strategia di “massima pressione” di Donald Trump. Anzi: si tratta di una mossa perfettamente coerente. La nuova amministrazione si è detta aperta alla possibilità di rientrare nell’accordo sul nucleare, ma vuole anche mostrare a Teheran che non avrà libertà di azione in Medio Oriente. Agli americani non interessa solo resuscitare il vecchio patto, quanto soprattutto contenere le capacità missilistiche iraniane e la loro sfera d’influenza nella regione.
Attraverso il bombardamento in Siria, gli Stati Uniti hanno mandato contemporaneamente un messaggio di durezza all’Iran e uno di rassicurazione ai loro alleati, come Israele e Arabia Saudita, ostili a Teheran, preoccupati per la sua rete di proxies e contrari al riavvicinamento di Washington.
Il rapporto Khashoggi e l’Arabia Saudita
A proposito di rassicurazioni, sempre giovedì scorso Joe Biden ha avuto una conversazione telefonica con il re – e non con il principe ereditario, il leader di fatto: un dettaglio rilevante – dell’Arabia Saudita, Salman bin Abdulaziz al-Saud. Durante la telefonata, Biden ha ribadito a Salman “l’impegno degli Stati Uniti ad aiutare l’Arabia Saudita a difendere il proprio territorio mentre affronta gli attacchi di gruppi allineati all’Iran”.
Non è la prima volta che Biden pronuncia frasi di questo tipo. Un fatto che dice molto dell’importanza dei legami tra Washington e Riad, e che va tenuto in considerazione per comprendere la portata concreta di una notizia che è stata molto ripresa e commentata: la pubblicazione, ieri, del rapporto della CIA sull’assassinio del giornalista saudita Jamal Khashoggi, nel 2018. L’agenzia accusa il principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, di aver approvato l’omicidio. La notizia non sta tanto nella rivelazione – nota da tempo –, quanto nella scelta di Biden di aver reso pubblico un documento che il suo predecessore volle invece mantenere riservato.
Il bombardamento in Siria contro le postazioni iraniane e l’apertura al dialogo sul nucleare sono due facce della stessa medaglia: gli Stati Uniti sono disposti alla distensione con l’Iran, ma non accettano attacchi verso sé o i propri alleati. Il messaggio di Biden all’Arabia Saudita, tra la telefonata a re Salman e la pubblicazione del rapporto Khashoggi, si articola all’incirca allo stesso modo: Washington non lascerà da sola Riad contro Teheran, ma non tollererà più le violazioni dei diritti umani.
Con il bombardamento in Siria, Biden ha voluto lanciare due messaggi, uno all’Iran e uno a Israele e Arabia Saudita. La sua mossa, in realtà, è perfettamente coerente
Dall’attacco in Siria ai danni di milizie filoiraniane alla pubblicazione del rapporto sull’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi: gli ultimi giorni hanno offerto diversi spunti per ragionare sui piani della nuova amministrazione americana di Joe Biden per il Medio Oriente.
Il bombardamento in Siria, contro l’Iran
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