In Ruanda da una settimana si registrano più di 800 casi Covid al giorno. Il programma Covax non basta; va rivolto un appello agli Stati più avanzati, a partire da Usa, Europa e Giappone
Kigali – Il Ruanda è probabilmente l’unico Paese africano che è riuscito finora a contenere il Covid-19 con strette misure preventive, duri lockdown e mascherine obbligatorie.
Ma da una settimana si registrano circa 800 casi al giorno, con un tasso di positività superiore al 10%. Il Governo ha atteso che chiudessero le scuole e qualche giorno fa ha emanato nuove misure che portano metà del Paese in quella che potremmo definire una zona rossa e l’altra arancione.
La situazione nei Paesi limitrofi
Il Ruanda, però, è un caso sporadico di ottima amministrazione della pandemia; non a caso il piccolo Paese centrafricano è l’unico del continente inserito dall’Italia nel gruppo D.
Nei Paesi limitrofi la situazione è fuori controllo, non si respira più nel vero senso della parola. Tanzania e Uganda non hanno mai realmente contato i casi. In Tanzania il Presidente John Magufuli, negazionista, è morto pochi mesi fa proprio per Covid-19. Chi veniva visto con le mascherine era accusato di suscitare panico e veniva deriso, nel migliore dei casi. La nuova Prima Ministra tanzaniana ha appena portato il suo Paese nella Covax Alliance, ma potrebbe essere troppo tardi. In Uganda vengono fornite false certificazioni di negatività al Covid per potersi spostare fra distretti e paesi e gli ospedali ormai sono stracolmi. L’ossigeno è finito e l’unico Stato che ne ha ancora a disposizione, il Kenya, stenta a venderlo dato che la situazione sta peggiorando anche lì. Museveni ha annunciato un lockdown di 42 giorni con coprifuoco alle 5 del pomeriggio ma il dubbio sta sempre nel modo in cui queste misure verranno fatte rispettare. Nella sola Kampala si registrano 15.000 casi al giorno. Alcuni Stati, come il Malawi, hanno buttato decine di migliaia di dosi perché non in grado di garantire la catena del freddo.
La realtà è che per la maggior parte di questi Paesi ci arrivano dati solo dalle capitali. Nelle zone rurali i casi non possono essere contati. Un contadino (80% popolazione) guadagna $2 al giorno e con questi soldi deve riuscire a sfamare tutta la famiglia; un test rapido costa $10, impossibile chiedergli di pagarsene uno. L’unica salvezza per l’Africa è la sua età media. In alcuni Paesi il 75% della popolazione ha meno di 18 anni e ciò dà una bella mano nella lotta contro la pandemia.
Qui in Ruanda, da dove scrivo, anche negli health center più remoti il Governo assicura un test rapido a chi è venuto a contatto con un positivo, ma stiamo parlando di un caso più che isolato nel panorama continentale.
Ogni Paese sta cercando ora di mettere in piedi misure più stringenti ma gli Stati, non avendo un welfare state in grado di assicurare indennizzi ai lavoratori, non possono chiedere alla loro popolazione di non lavorare perché vorrebbe dire morire di fame.
Servono aiuti internazionali
L’appello più importante va rivolto agli Stati più avanzati, all’Europa, agli Stati Uniti, al Giappone, che ormai hanno vaccinato un’altissima percentuale della popolazione. Bisogna mandare vaccini in Africa. Ormai le catene produttive occidentali sono in grado di produrre milioni di dosi al giorno, la maggior parte degli europei è stata vaccinata, ora bisogna essere generosi. Il programma Covax era partito benissimo mandando centinaia di migliaia di dosi a gennaio, ma poi ci si è fermati lì. Ora che è stato messo al sicuro il proprio popolo bisogna fare qualcosa di concreto per i Paesi africani.
In Ruanda da una settimana si registrano più di 800 casi Covid al giorno. Il programma Covax non basta; va rivolto un appello agli Stati più avanzati, a partire da Usa, Europa e Giappone