La crisi rischia di aggravarsi e di coinvolgere più Paesi dell’area. La Russia attende i prossimi sviluppi, la Cina “rispetta la posizione del popolo”
L’Afghanistan nel caos, oggi ancora di più all’indomani del passaggio di poteri dal Governo sostenuto dalla comunità internazionale ai Talebani, che hanno proclamato la risurrezione dell’Emirato Islamico. La crisi profonda del Paese centro-asiatico rischia di acuirsi inesorabilmente e di coinvolgere più Paesi dell’area, mentre le cancellerie degli esecutivi mondiali attendono gli sviluppi rispetto alla nuova gestione talebana.
Intanto, gli analisti si dividono sul giudizio dell’operato della coalizione a guida Stati Uniti che, con l’amministrazione Biden e la decisione di ritiro delle truppe entro l’11 settembre dopo 20 anni di presenza sul territorio, ha provocato una reazione a catena capace di spazzare via l’esercito fedele al Governo di Kabul nell’arco di poche settimane.
La fragilità dell’ormai precedente istituzione perdurerà col nuovo corso e ci si chiede se e quale riconoscimento internazionale arriverà per il gruppo islamico. Sono già attivi canali diplomatici di dialogo con alcuni player geopolitici di fondamentale importanza quali Russia e Cina, realtà che negli ultimi mesi hanno rafforzato la partnership politica e militare in ottica di contrasto agli Usa.
Pechino, tramite la portavoce del Ministero degli Esteri Hua Chunying, ha detto che il suo Paese “rispetta la volontà e la scelta del popolo afghano”, notando che “i Talebani hanno affermato che avvieranno consultazioni per la formazione di un Governo islamico aperto e inclusivo” che garantirà la protezione dei cittadini afghani e delle missioni diplomatiche. Non stupisce la posizione aperturista del Partito comunista cinese verso i Talebani, ospitati lo scorso luglio dal Ministro degli Esteri Wang Yi nella città di Tianjin, che sul movimento disse: “Giocano un ruolo importante nel processo per la riconciliazione pacifica e la ricostruzione dell’Afghanistan”.
Mosca, dal canto suo, tramite l’Inviato Speciale per l’Afghanistan Zamir Kabulov ribadisce che i Talebani sono ritenuti fuori legge in Russia dal 2003, con sentenza della Corte Suprema. Frase più volte ripetuta dagli esponenti del Governo di Vladimir Putin che, a più riprese, ha stigmatizzato l’incapacità statunitense nella gestione del conflitto nel Paese e nel rapporto tra Washington e il gruppo. “Il nostro ambasciatore è in contatto con la leadership talebana”, ha confermato Kabulov. “In base a quanto responsabilmente governeranno il Paese, decideremo se riconoscere il movimento talebano”.
Le preoccupazioni russe riguardano i Paesi confinanti e, in particolar modo, il Tajikistan, nazione membro del Trattato per la Sicurezza Collettiva dove Mosca ha una base militare. Lo stesso Putin a giugno ricordò che il ritiro statunitense avrebbe comportato dei cambiamenti di strategia per la Federazione. “La questione Afghanistan ci tocca da vicino, abbiamo una base in Tajikistan. Come costruiremo le relazioni nell’area, come potremo garantire la sicurezza nella regione — sono aspetti pratici molto importanti”.
Intanto, gli analisti si dividono sul giudizio dell’operato della coalizione a guida Stati Uniti che, con l’amministrazione Biden e la decisione di ritiro delle truppe entro l’11 settembre dopo 20 anni di presenza sul territorio, ha provocato una reazione a catena capace di spazzare via l’esercito fedele al Governo di Kabul nell’arco di poche settimane.