Solo Taiwan accoglie positivamente il nuovo patto Usa-Uk-Australia. Gli altri Paesi asiatici vedono la nuova piattaforma troppo anti Cina. Pechino spera di rilanciare il dialogo con l’Ue, arrabbiata per il mancato coinvolgimento
Se c’è una promessa che Joe Biden sta rispettando è quella di mostrare il rinnovato interesse degli Stati Uniti per il Pacifico, o meglio l’Indo-Pacifico, la vastissima area che va dalle coste occidentali americane a quelle africane passando per Oceania, Sud-est asiatico e oceano Indiano. C’è un però. I partner pensavano che lo avrebbe fatto in un clima di cooperazione, collaborazione e comunicazione. Prevedibilità, insomma. La parola chiave che mancava durante l’ondivaga amministrazione Trump. Il lancio improvviso dell’AUKUS, il nuovo patto di difesa Usa-Regno Unito-Australia, non ha del tutto rispettato questo principio.
L’accordo rischia di creare una frattura con l’Unione europea, in particolare con la Francia a causa della questione dei sottomarini e la rottura del contratto di fornitura sottoscritto da Canberra con Parigi. Ma anche in Asia, seppure con modalità meno esplicite, ci sono diverse perplessità sull’ultima mossa della Casa Bianca. Un caso a parte è Taiwan, che essendo in prima linea a poche miglia di mare dalla Repubblica Popolare, ha accolto la novità con favore.
A partire dai Paesi del Sud-est asiatico, sono quelli meno propensi a esporsi in una contesa aperta con la Cina. Sì, perché nonostante Pechino non sia mai stata nominata nella conferenza stampa di lancio di AUKUS né pare esserlo nella bozza di documento congiunto del primo summit fisico del Quad in programma per venerdì 24 settembre a Washington, appare evidente che il focus del rinnovato pivot to Asia di Washington sia proprio il contenimento dell’ascesa cinese. Più l’obiettivo diventa il confronto con Pechino, meno i Paesi asiatici sono pronti a farsi “arruolare” dagli Usa. Era stato chiaro già dopo l’esplicito appoggio dell’ex Segretario di Stato Mike Pompeo alle dispute territoriali tra governi ASEAN e Cina nel mar Cinese meridionale. Lo è rimasto anche durante le recenti visite diplomatiche di funzionari dell’amministrazione Biden, dal vice segretario di Stato Wendy Sherman alla quale è stato negato il pieno accesso alla base navale di Ream in Cambogia, al Vicepresidente Kamala Harris la cui retorica anti cinese non ha trovato terreno particolarmente fertile in Vietnam.
Non a caso, i Governi di Malesia e Indonesia hanno avvertito dei possibili rischi per la stabilità della regione dopo la firma del nuovo patto di sicurezza. In un comunicato pubblicato dal ministero degli Esteri indonesiano, il governo registra con “attenzione” la decisione dell’Australia di acquistare sommergibili nucleari ed esprime “profonda preoccupazione per la corsa alle armi e dimostrazioni di forza nella regione”. L’inviato australiano presso l’ASEAN ha cercato di placare le ansie dei Paesi del Sud-Est asiatico sul patto di difesa annunciato pochi giorni fa da Washington, Canberra e Londra. Wil Nankervis ha detto che l’accordo non è “un’alleanza militare”. Il diplomatico ha spiegato che l’Aukus non cambierà “l’impegno dell’Australia verso l’ASEAN né il suo continuo sostegno all’infrastruttura regionale guidata dall’Association”.
Ma è più che evidente che la preoccupazione c’è, anche perché da queste parti nessuno vuole essere costretto a scegliere da che parte stare, né tantomeno lanciarsi in una “santa alleanza” anti Pechino. Perché così sarà letta l’iniziativa dal governo cinese, a prescindere dalle reali intenzioni di Washington, Londra e Canberra. Resta la sensazione che la moltiplicazione delle piattaforme multilaterali difensive a guida americana e operanti nel Pacifico sia strumentale anche ad avvicinarsi all’obiettivo di creazione di una sorta di “Nato asiatica”. Obiettivo a cui per ora non sembra poter rispondere il Quad.
La riluttanza dell’India a impegnarsi completamente in un progetto comune difensivo resta, al di là delle dichiarazioni ufficiali e delle frizioni con la Cina. Anche il Giappone sa che più si rende esplicita l’anima anti cinese della piattaforma e meno la si può rendere condivisa. Corea del Sud e altri Paesi asiatici hanno fatto già sapere di non voler entrare nel cosiddetto Quad Plus senza che il progetto prenda direzioni più ampie, con un focus sulla cooperazione infrastrutturale, digitale e sanitaria. Insomma, i Paesi asiatici vorrebbero un Quad pro Asia e non anti Cina. Il contropiede di Biden fa capire che a Washington non mancano piani alternativi per continuare ad alzare la pressione su Pechino.