L’aviazione militare russa non sembra aver sfruttato appieno la propria superiorità sugli ucraini per dominare lo spazio aereo del Paese
Già da prima dell’inizio dell’invasione, gli analisti militari come Michael Kofman spiegavano che la Russia, in caso di attacco all’Ucraina, sarebbe presto passata dai bombardamenti aerei alla guerra di terra perché è in quelle forze e in quei mezzi che si concentra la sua potenza di fuoco.
L’aggressione c’è poi stata, quelle previsioni si sono perlopiù avverate, ma l’esercito russo si è fatto notare soprattutto per le difficoltà logistiche, per il morale basso e per le perdite di veicoli ed equipaggiamenti vari. Non significa affatto che la Russia verrà sconfitta – la sproporzione di capacità rispetto all’Ucraina rimane grande –, ma di certo la sua armata non si è dimostrata tatticamente all’altezza della nomina di formidabilità.
Il contributo minimale dell’aeronautica
Un’altra cosa saltata vistosamente all’occhio, in queste prime due settimane di guerra, è il contributo minimale dell’aeronautica. L’aviazione militare russa non sembra cioè aver sfruttato appieno la propria superiorità, anche numerica, sugli ucraini per dominare lo spazio aereo del Paese e facilitare l’avanzata dei carrarmati e della fanteria.
I bombardamenti ci sono stati, e negli ultimi giorni si sono anzi intensificati in diverse città (e contro obiettivi civili), ma non sembrano essere operazioni particolarmente complesse. I caccia russi, inoltre, volano spesso a basse altitudini: una necessità dettata forse dalla mancanza degli strumenti e degli armamenti necessari a effettuare attacchi di precisione dall’alto, che li espone però alla controffensiva ucraina. In questo senso, i FIM-92 Stinger – sono missili terra-aria spalleggiabili, di sviluppo americano – forniti dall’Occidente all’Ucraina si sono rivelati molto efficaci nell’abbattere elicotteri e aerei.
Le possibili spiegazioni
Justin Bronk, analista del RUSI, ha provato a dare alcune spiegazioni alla scarsa incisività – almeno finora – dell’aeronautica russa, che pure è stata modernizzata e dotata di caccia multiruolo e bombardieri moderni.
Una possibilità è che la Russia non stia volontariamente impiegando mezzi e munizioni più avanzati per conservarli per la fase finale della guerra o per un suo eventuale allargamento contro la Nato. Non sembra tuttavia la spiegazione più probabile, perché per il Cremlino sarebbe stato preferibile concludere l’invasione nel più breve tempo possibile. L’evoluzione del conflitto e le perdite subite dalle forze armate russe, peraltro, hanno intaccato la reputazione internazionale della potenza militare di Mosca, che non è riuscita a soverchiare velocemente un esercito più piccolo e meno capace.
Secondo Bronk, è più lecito concludere che l’aeronautica russa non sia in grado di pianificare e condurre operazioni aeree complesse e su larga scala. Ha sì guadagnato esperienza in Siria dal 2015, ma in quel contesto si limitava ad operazioni ridotte, con piccole formazioni di aerei (in coppia o da soli, come oggi in Ucraina). Ai comandanti, quindi, potrebbe mancare la pratica di coordinamento e di esecuzione di manovre che coinvolgano decine o centinaia di risorse belliche in uno scenario ad alto rischio.
Bisogna poi considerare che la maggior parte dei piloti dell’aeronautica militare russa effettua circa cento ore di volo all’anno, se non meno, e non dispone di simulatori di addestramento sofisticati. Tradotto più semplicemente, significa che non fanno abbastanza pratica e sufficientemente qualitativa.
L’aggressione c’è poi stata, quelle previsioni si sono perlopiù avverate, ma l’esercito russo si è fatto notare soprattutto per le difficoltà logistiche, per il morale basso e per le perdite di veicoli ed equipaggiamenti vari. Non significa affatto che la Russia verrà sconfitta – la sproporzione di capacità rispetto all’Ucraina rimane grande –, ma di certo la sua armata non si è dimostrata tatticamente all’altezza della nomina di formidabilità.