Nell’Artico lo scioglimento dei ghiacci sta creando nuove opportunità economiche e strategiche, e nuove frontiere da difendere. Washington nomina un ambasciatore per la regione.
Venerdì gli Stati Uniti hanno annunciato che nomineranno un ambasciatore per l’Artico.
Attualmente la politica americana nei confronti della regione è gestita da un coordinatore all’interno del dipartimento di Stato, ma la presidenza di Joe Biden vuole elevare il titolo a quello di ambasciatore: dovrà ricevere l’assenso del Senato. Il nuovo ambasciatore avrà il compito di “rapportarsi con le controparti dei paesi artici e non-artici e con i gruppi indigeni, e lavorare a stretto contatto con le parti interessate a livello nazionale, compresi i governi statali, locali e tribali, le imprese, le istituzioni accademiche, le organizzazioni no-profit, le altre agenzie governative federali [statunitensi, ndr] e il Congresso”.
Non è chiaro chi ricoprirà il ruolo. Dal 2020 la posizione di Coordinatore per la regione artica è occupata da James DeHart. Ma nei mesi scorsi – come riportato da POLITICO – il dossier è stato affidato al consigliere del dipartimento di Stato Derek Chollet, il quale dichiarò che l’amministrazione Biden considerava “questo momento come un’opportunità strategica”.
La decisione di Washington arriva infatti in un momento di già forte interesse per il Grande nord: fino a non troppo tempo fa – scrive Axios – la regione era caratterizzata dalla cooperazione tra le potenze, ma si è poi trasformata nell’ennesimo terreno di competizione.
L’Artico è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici, riscaldandosi a una velocità tre volte superiore rispetto al resto del mondo; lo scioglimento dei ghiacci, però, sta liberando rotte di navigazione (la Rotta del mare del Nord), opportunità economiche (la posa di cavi di telecomunicazioni sottomarini, ad esempio, o l’estrazione di metalli critici) e anche nuove frontiere marittime da proteggere. La Russia vi sta aumentando la sua presenza militare, istituendo basi e tenendo esercitazioni, creando una potenziale nuova minaccia per la NATO.
A seguito dell’invasione dell’Ucraina, Mosca è stata sospesa dal Consiglio artico, il foro che riunisce gli otto paesi che possiedono territori nel circolo: Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Stati Uniti e Svezia. Anche la Cina è interessata a proiettarsi nella regione per sfruttarne le opportunità economiche e politiche: nonostante la distanza geografica, si considera uno “stato prossimo all’Artico”.
Per rafforzare le loro capacità operative nelle ostili condizioni climatiche e geologiche – temperature bassissime, complessità di movimento e di rifornimento, difficoltà a tenere alto il morale delle truppe –, gli Stati Uniti stanno investendo nel potenziamento infrastrutturale e nell’addestramento al combattimento nell’Artico. Hanno bisogno di riequilibrare il know-how per un ecosistema radicalmente diverso da quello desertico delle guerre in Afghanistan e Iraq: di capire cioè come costruire rifugi d’emergenza, come muoversi nella neve e tra i ghiacci in maniera efficace, come riscaldare e lubrificare i motori dei mezzi nel freddo, come garantire la salute dei soldati.
Washington sta investendo centinaia di milioni di dollari per ampliare il porto di Nome, sulla costa occidentale dell’Alaska, e farne un hub in acque profonde capace di accogliere le navi della Marina destinate al circolo artico. La Guardia costiera dovrebbe schierare nell’area tre nuove rompighiaccio. L’Aeronautica, invece, manderà nello stato decine di caccia stealth F-35.
Nell’Artico lo scioglimento dei ghiacci sta creando nuove opportunità economiche e strategiche, e nuove frontiere da difendere. Washington nomina un ambasciatore per la regione.