Primo produttore di petrolio in Africa, il Paese spende circa dieci miliardi di euro all’anno sui sussidi sulla benzina, molto più che per la salute o l’educazione. L’annuncio dello stop ha causato proteste dei cittadini e preoccupazione internazionale per una possibile destabilizzazione del Paese
Non si può dire che sia stato un inizio che è passato sottotraccia quello del neo Presidente della Nigeria Bola Tinubu. Non era infatti ancora terminata la cerimonia di insediamento, per il vincitore delle elezioni tenutesi a febbraio, quando Tinubu ha annunciato che una delle prime mosse del suo governo sarebbe stata l’abolizione dei sussidi sulla benzina. Da allora, il tema è diventato centrale, causando proteste da parte dei cittadini e preoccupazione a livello internazionale, per quelli che potrebbero essere gli effetti della mossa presidenziale.
La decisione non è stata presa a sorpresa, se non per le tempistiche: prima del voto, anzi, tutti i candidati si erano detti favorevoli a porre fine ai sussidi, in vigore dal 1977. Questi erano stati introdotti in seguito alla crisi petrolifera, per far fronte al rapido aumento del costo del petrolio e per aiutare i cittadini nigeriani a soddisfare le necessità quotidiane. Nei decenni seguenti, tuttavia, il sistema non è stato di fatto modificato, nonostante sia diventato sempre meno sostenibile. Il governo ha continuato ad intervenire per mantenere artificialmente basso il prezzo della benzina per i consumatori, ma per farlo ha utilizzato sempre più risorse e ha finito per indebitarsi con i grandi gruppi petroliferi.
Oggi si calcola che Abuja spenda circa 10 miliardi di euro all’anno in sussidi, una spesa maggiore di quella riservata per la salute o per l’educazione. Gli effetti della misura sono visibili ad occhio nudo: nonostante siano frequenti la scarsità di carburante e le code ai distributori, le automobili sono utilizzate in Nigeria ben più che negli stati vicini. Soprattutto per una questione di prezzi: prima dell’annuncio di Tinubu la benzina nigeriana costava all’incirca 30 centesimi, mentre in Costa d’Avorio, Burkina Faso e nel resto della regione si avvicinava o superava l’euro al litro.
Dopo che il Presidente nigeriano ha annunciato la fine dei sussidi, il prezzo del carburante nel Paese è rapidamente salito, con aumenti anche del 200%. Per di più, la decisione è stata comunicata senza spiegare quando sarebbe stata entrata in vigore: questo ha portato la popolazione a correre a rifornirsi di benzina, causando carenze di carburante ovunque e lasciando in molti casi a secco i bus privati che sono utilizzati da gran parte della popolazione per spostarsi. La situazione caotica ha portato il governo a specificare che i sussidi non sarebbero stati tolti da subito, ma a partire da luglio.
La decisione governativa ha avuto una certa eco anche a livello internazionale. Ad esporsi è stato addirittura Amnesty International, con una nota in cui ha chiesto di porre attenzione all’impatto che la fine dei sussidi può avere sulle fasce più povere della popolazione. “Tutti gli stati sono tenuti ad eliminare i sussidi ai combustibili fossili per adempiere ai loro obblighi in materia di diritti umani nel contesto del cambiamento climatico, – ha affermato l’organizzazione – ma non dovrebbero farlo in un modo che comprometta la capacità delle persone a basso reddito di garantire il loro diritto a uno standard di vita adeguato”.
Anche la possibilità di una destabilizzazione del Paese ha causato preoccupazioni non indifferenti. Il governo aveva infatti già tentato di eliminare le agevolazioni sul carburante, nel 2012: l’allora presidente Goodluck Jonathan era stato tuttavia costretto a tornare sui propri passi, dato che la sua scelta aveva portato a manifestazioni violente, con morti e feriti. Questa volta il rischio sembra scongiurato, almeno per il momento, in quanto i sindacati hanno sospeso gli scioperi dopo un incontro con il governo.
La fine dei sussidi sul carburante si inserisce all’interno di un contesto problematico. L’economia nigeriana è infatti in difficoltà, ormai da alcuni anni e senza che il precedente esecutivo di Buhari sia riuscito in alcun modo a migliorare la situazione. L’aumento del prezzo della benzina si somma ad un’inflazione intorno al 20%, che negli ultimi mesi ha reso complicato arrivare a fine mese per molti cittadini nigeriani. E in questi giorni è stato registrato un importante sconvolgimento a livello finanziario, con il direttore della Banca centrale nigeriana Godwin Emefiele che è stato prima sospeso dal suo ruolo e poi arrestato.
La mossa del governo rischia tuttavia di avere un forte impatto simbolico, ancora più che concreto. Nonostante siano estremamente controversi e comportino un uso eccessivo di risorse, i sussidi sono apprezzati dalla popolazione e sono spesso e volentieri visti come delle compensazioni rispetto al fatto che il petrolio venga estratto in territorio nigeriano, ma porti in realtà pochi vantaggi alla popolazione.
Non si può dire che sia stato un inizio che è passato sottotraccia quello del neo Presidente della Nigeria Bola Tinubu. Non era infatti ancora terminata la cerimonia di insediamento, per il vincitore delle elezioni tenutesi a febbraio, quando Tinubu ha annunciato che una delle prime mosse del suo governo sarebbe stata l’abolizione dei sussidi sulla benzina. Da allora, il tema è diventato centrale, causando proteste da parte dei cittadini e preoccupazione a livello internazionale, per quelli che potrebbero essere gli effetti della mossa presidenziale.
La decisione non è stata presa a sorpresa, se non per le tempistiche: prima del voto, anzi, tutti i candidati si erano detti favorevoli a porre fine ai sussidi, in vigore dal 1977. Questi erano stati introdotti in seguito alla crisi petrolifera, per far fronte al rapido aumento del costo del petrolio e per aiutare i cittadini nigeriani a soddisfare le necessità quotidiane. Nei decenni seguenti, tuttavia, il sistema non è stato di fatto modificato, nonostante sia diventato sempre meno sostenibile. Il governo ha continuato ad intervenire per mantenere artificialmente basso il prezzo della benzina per i consumatori, ma per farlo ha utilizzato sempre più risorse e ha finito per indebitarsi con i grandi gruppi petroliferi.