Da mercoledì 15 maggio Wong sarà il nuovo Premier e prenderà il posto dell’ultimo leader della dinastia Lee. Riuscirà a navigare tra le acque turbolente della competizione internazionale per mantenere il ruolo di Singapore, tradizionale ponte tra Occidente e Asia orientale?
Trentuno, tredici e diciannove. Sono gli anni passati al potere dai suoi predecessori. Difficile però immaginare ora se Lawrence Wog riuscirà a essere così longevo come primo ministro di Singapore. La città-Stato si prepara al suo quarto passaggio di potere dal 1965, anno dell’indipendenza dalla Malesia.
Mercoledì 15 maggio, Wong prenderà il posto di Lee Hsien Loong, in carica dal 2004. E lo fa in un momento particolarmente delicato per Singapore, sempre più stretta nella competizione globale e regionale tra Stati Uniti e Cina. Wong era stato da tempo annunciato come successore di Lee, ultimo erede della dinastia del padre della patria Lee Kuan Yew, ma i tempi sono stati affrettati.
Inizialmente, il cambio della guardia doveva avvenire in autunno. Ma il 15 aprile è arrivato l’annuncio che la sostituzione sarebbe invece avvenuta solo trenta giorni più tardi. Alle otto di sera è prevista la cerimonia di giuramento presso il palazzo presidenziale. Dopo Goh Chok Tong, Wong diventerà così il secondo premier a non far parte della famiglia Lee.
Wong, che compirà 53 anni l’anno prossimo, ha origini umili e non ha frequentato scuole d’élite. Suo padre è nato in Cina ma si è trasferito a Singapore e sua madre era un’insegnante. La sua ascesa politica è stata rapida. È stato il principale segretario privato di Lee dal 2005 al 2008, è entrato in politica nel 2011 e da allora ha ricoperto diversi incarichi ministeriali. In particolare, ha guidato i ministeri dell’Istruzione e dello Sviluppo nazionale prima di diventare ministro delle Finanze nel 2021.
Dopo aver guidato con successo Singapore in risposta alla pandemia di Covid-19 nel ruolo di co-presidente della task force istituita in materia del governo, Wong è stato scelto dai suoi colleghi di gabinetto all’inizio del 2022 come leader della prossima generazione. Poco dopo, Lee lo ha nominato vice primo ministro. I diversi portafogli che Wong ha ricoperto gli hanno permesso di acquisire un’ampia esperienza politica.
Tuttavia, il suo periodo come vice primo ministro è stato breve, tanto che si prevede che per i prossimi anni la sua squadra includerà molti dei leader della sua generazione, la terza secondo i canoni del Partito d’Azione Popolare (PAP), al potere ininterrottamente dal 1965.
Wong dovrà affrontare diversi problemi. Dall’aprile 2022, momento in cui viene di fatto indicato come futuro successore di Lee, le spaccature nella società di Singapore si sono allargate con l’aumento del costo della vita e una maggiore disuguaglianza.
Il risentimento dei lavoratori stranieri, una parte consistente della forza lavoro della città, è aumentato. Questo sta portando i singaporiani a fare sempre meno figli o a lasciare la città-stato, mentre la percezione del paese come centro finanziario stabile sta venendo intaccata dall’incremento della corruzione e dal riciclaggio di denaro “sporco”. Il tutto mentre il PAP deve affrontare diverse pressioni per passare da una leadership illiberale a un governo più inclusivo.
Wong è sempre stato piuttosto schivo, ma per farsi conoscere dall’opinione pubblica ha postato un video su TikTok in cui suonava con la chitarra “Love Story”, una canzone di Taylor Swift. Scelta non casuale, visto che la cantante americana è stata a Singapore per diverse date del suo tour, che nel Sud-Est asiatico si è fermato solo nella città-Stato rilanciando il turismo e facendo arrabbiare i Paesi vicini che aspiravano a ospitare anche loro Swift.
Ma un’altra ombra, ingombrante, sul mandato di Wong è senz’altro la rivalità tra Stati Uniti e Cina, che si sta ripercuotendo sempre più sulla sicurezza della regione. Basti pensare alle tensioni tra Pechino e Filippine nel mar Cinese meridionale. Singapore appare uno tra i Paesi più preoccupati, anche perché la sua storica postura neutrale viene messa a dura prova.
In un’intervista rilasciata all’Economist a inizio maggio, Wong ha dichiarato che non è né pro-Cina né pro-America, ma “pro-Singapore”. Secondo Wong, l’ordine globale sta cambiando e la transizione sarà difficile perché, sebbene il momento unipolare dell’America sia terminato, questa rimane una potenza preminente in un mondo che avrà più di una grande potenza.
“La Cina vede certamente negli Stati Uniti il tentativo di contenerli, accerchiarli e sopprimerli, cercando di negare il posto che spetta alla Cina nel mondo”, ha dichiarato. “Sentono che c’è questo contenimento per mettere in ginocchio la Cina; c’è questa sensazione, e per ogni azione, ci sarà una reazione opposta”, ha aggiunto.
Singapore ha messo in atto delle sanzioni contro la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, ma Wong lascia intendere che in un ipotetico confronto con la Cina potrebbe comportarsi diversamente. “Taiwan è fondamentalmente molto diversa dall’Ucraina, anche se si è cercato di fare un parallelismo tra le due. L’Ucraina è un Paese sovrano e l’invasione russa è stata una grave violazione della Carta delle Nazioni Unite e una violazione della sovranità e dell’integrità territoriale”.
Ma la preoccupazione di Singapore è anche e soprattutto economico-finanziaria. Wong ha più volte affermato che mentre i militari sono molto attenti ai danni collaterali, alle ritorsioni e all’escalation nella guerra convenzionale, è meno semplice valutare le ricadute dell’uso di strumenti economici e finanziari a fini geopolitici. Riuscire a navigare tra le acque turbolente della competizione internazionale per mantenere il ruolo di tradizionale ponte tra Occidente e Asia orientale sarà tutt’altro che semplice.