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Il nuovo ciclo politico europeo: navigazione burrascosa o salto di qualità?


Il nuovo Parlamento europeo sarà in grado di fornire la spinta necessaria per far fare all’Unione il necessario salto verso una maggiore integrazione? Questo obiettivo richiede cambiamenti rilevanti delle regole decisionali, ma anche una futura revisione dei Trattati.

Avevo concluso il mio editoriale di gennaio sulle elezioni di quest’anno in tutto il mondo con queste parole “E, visto che saremo chiamati al voto per il Parlamento europeo, auguriamoci di poter assistere a una campagna elettorale seria e ben argomentata, condotta da candidati competenti e credibili, capace di stimolare un nuovo interesse tra gli elettori e invertire la crescente tendenza all’astensione, la quale non migliora la qualità della politica né rafforza la democrazia”. Ebbene, almeno per l’Italia quell’auspicio non si è concretizzato. Non solo la campagna elettorale è stata tutta concentrata su questioni nazionali, ma anche l’astensione è aumentata, al punto tale da superare la “soglia psicologica” del 50%. Interessante è stata anche la significativa differenza delle scelte rispetto all’età, alla residenza nei piccoli e nei grandi Comuni, alla circoscrizione geografica. Inoltre, la partecipazione è stata più alta di circa 20 punti nei Comuni dove si svolgevano anche le elezioni amministrative rispetto a quella registrata dove si votava solo per le europee, il che testimonia l’esistenza di un’evidente distanza delle istituzioni europee (almeno nelle percezioni) da una parte consistente della popolazione italiana, che si manifesta nonostante la straordinaria risposta fornita dall’Unione europea al dramma della pandemia attraverso il Next Generation EU.

Ora l’attenzione dell’opinione pubblica è tutta concentrata sulle nomine e sugli equilibri politici tra le diverse forze parlamentari. Al di là del classico “balletto” politico sui nomi per i cosiddetti top jobs europei (la presidenza della Commissione, del Parlamento e del Consiglio, nonché l’Alto rappresentante per la politica estera), le elezioni non hanno provocato quello sconvolgimento che alcuni leader politici, anche nel nostro Paese, auspicavano. Certo, la situazione politica in Belgio, in Francia e in Germania desta forti preoccupazioni, anche per i futuri equilibri nel Consiglio europeo. Certo, abbiamo un Parlamento europeo più frammentato, che quindi troverà maggiori difficoltà a definire i diversi dossier. Certo, le spinte per tornare indietro su alcune politiche seguite negli ultimi cinque anni saranno più forti grazie al successo dei partiti che le hanno criticate. Ma la conferma della maggioranza basata su popolari, socialisti e liberali dovrebbe assicurare una certa continuità sull’indirizzo politico generale, anche su tematiche di grande rilievo come il Green Deal.

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