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Coronavirus, usiamo la testa


In un clima in cui è difficile orientarsi, tra fake news e notizie incomplete o contraddittorie, noi analisti di politica internazionale ci concentriamo sugli impatti economico-sociali: l'esperienza delle precedenti epidemie globali ci dice che, una volta ridotta l'emergenza, il rimbalzo economico è immediato. Per un'economia fragile come quella italiana il danno sarà più difficile da recuperare...

I nostri giornali, soprattutto italiani, ci stanno bombardando da Capodanno con notizie sparate in prima pagina sulla fine del mondo causata dal “virus cinese”. Com’è abitudine di Eastwest, noi proviamo sempre ad avere un approccio razionale, come già qualche settimana fa nel nostro video-commento settimanale. E quindi ripartiamo dai dati, che devono costituire l’unico faro che ci deve aiutare a una corretta interpretazione del fenomeno. Ricominciamo dal principio.

Era il 31 dicembre 2019 quando la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan ha segnalato per la prima volta all’Oms, l’agenzia speciale dell’Onu per la salute, la presenza, in tutta la provincia di Hubei, di un grande numero di casi di polmonite di origine incerta. La diffusione del virus, che sarà poi battezzato Covid-19, era iniziata verso la metà del mese di dicembre e, a fine febbraio, ha superato i 100mila contagi con più di 3200 morti, in quasi 50 Paesi, prevalentemente in Cina. L’Italia è diventato il terzo Paese per numero di infettati (3858), dopo Cina (80.409) e Corea del Sud (6mila).

Senza voler sottovalutare questi numeri, cerchiamo però di ricondurli in un contesto, aggiungendo cifre meno drammatiche:

  • il numero dei malati guariti, sempre nel mese di febbraio, ha superato per la prima volta quello dei nuovi casi. “I dati sembrano mostrare un declino” ha dichiarato il Direttore Generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesu”;
  • “Sembra che il Covid-19 non sia mortale come altri coronavirus quali Sars e Mers“, ha aggiunto Ghebreyesus. Il nuovo coronavirus, rispetto ai due virus omologhi, ha una maggiore infettività ma minore letalità;
  • Nonostante la psicosi mondiale, alimentata dai mezzi di informazione che danno una copertura massiccia del fenomeno, ma a volte poco accurata (spesso dolosamente allarmista), i dati più recenti confermano una mortalità bassa, il 2% degli ammalati;
  • Lo studio della malattia è ancora in evoluzione ma, secondo le ultime stime, l’82% delle persone malate soffrirebbe solo di una forma lieve, il 15% svilupperebbe una patologia moderata e solo il 2-3% sarebbe gravemente malato. La malattia sembra più pericolosa per gli anziani, più dell’80% delle persone che sono morte di Covid-19 avevano più di 65 anni e più del 75% aveva patologie pregresse.

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