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L’altra America non attende


I Democratici sono chiamati a una svolta radicale sulla via delle presidenziali 2020 e devono puntare sui giovani e sulle donne "nuove" della politica

I Democratici sono chiamati a una svolta radicale sulla via delle presidenziali 2020 e devono puntare sui giovani e sulle donne “nuove” della politica

Una Hillary Clinton versione 4.0 con un programma stile Alexandria Ocasio-Cortez. Questa potrebbe essere la sorpresa della corsa alla Casa Bianca per il 2020, sotto la spinta dell’ondata neo radicale che ha investito il Partito Democratico americano nell’era del populismo trumpiano.

Al momento l’ex Segretario di Stato ed ex candidata sconfitta da The Donald nel 2016 (e da Barack Obama nel 2008) non ha dichiarato di volersi presentare, anzi ha più volte negato di averne l’intenzione. Ma chi la conosce bene, ovvero Mark Penn − il sondaggista e consulente senior al servizio sia di Hillary sia di Bill Clinton dal 1995 fino alla campagna del 2008 − è sicuro che succederà. Penn l’ha scritto in un intervento sul Wall Street Journal lo scorso 11 novembre: “Hillary tornerà alle sue origini, quando nel 1994 era una agitatrice progressista che promuoveva l’assistenza sanitaria pubblica universale”. Persa quella battaglia mentre il marito era presidente (Hillary 1.0), si era spostata verso il centro diventando senatore dello stato di New York nel 2000 (Hillary 2.0) e poi mantenendosi su posizioni moderate anche durante le primarie contro Obama. Capita la nuova tendenza della base democratica, per battere il socialista Bernie Sanders alle primarie del 2016 la Clinton si è spostata a sinistra (Hillary 3.0) ma non ce l’ha fatta contro il populismo di Trump, che ha conquistato in particolare molti elettori bianchi della classe lavoratrice fino ad allora fedeli ai Dem.

“La signora Clinton ha il 75% di rating di approvazione fra i Democratici, la missione incompiuta di diventare la prima donna Presidente Usa e una vendetta personale da consumare contro Trump, i cui sostenitori gridano “Sbattetela in prigione!” − spiega Penn −. Lei spera di emergere come una forza inarrestabile per cancellare Trump cavalcando il movimento #MeToo e le parole d’ordine dell’assistenza sanitaria pubblica universale e del controllo delle armi”.

Tornare alla vena radicale della sua gioventù potrebbe permettere a Hillary di riconquistare quei giovani che nel 2016 a lei avevano preferito il vecchio Bernie e che oggi si riconoscono in Alexandria Ocasio-Cortez. Sono i Millennials (22-37 anni) cresciuti nel clima post crisi finanziaria del 2008, spiega Maurice Isserman, professore di Storia all’Hamilton College e membro dei Democratic Socialists of America (DSA): «La crisi economica del 2008 ha spinto la generazione dei Millennials verso sinistra in modo significativo, rendendoli molto più aperti all’idea del socialismo. Poi movimenti come Occupy Wall Street (2011) e Black Lives Matter (2013) hanno abituato i giovani americani a organizzarsi e a sentirsi più disponibili verso gruppi come i DSA». Inoltre, l’etichetta di “socialista” che Sanders si attribuisce, pur non facendo parte dei DSA, ha contribuito alla visibilità di questa organizzazione, che in tre anni ha decuplicato i suoi aderenti, da 5 mila nel 2015 ai circa 50 mila attuali.

Un sondaggio effettuato da Gallup lo scorso agosto conferma quanto l’immagine del socialismo abbia guadagnato simpatie fra gli elettori che si dichiarano Democratici: per la prima volta sono più numerosi − 57% − quelli che hanno una valutazione positiva del socialismo rispetto a quelli − 47% − che valutano positivamente il capitalismo. Mentre fra i giovani (18-29 anni) di tutti i colori il socialismo gode dei favori del 51% contro il 45% del capitalismo, che nel 2010 era visto positivamente dal 68% di americani sotto i 30 anni.

Un segno dei tempi è l’ingresso nella nuova Camera − che inizierà i lavori il prossimo 3 gennaio − della Ocasio-Cortez, 29 anni, il più giovane deputato nella storia Usa e l’unico membro dei DSA a essere eletto a questo livello da 20 anni a questa parte. Alle primarie dei Democratici nel distretto newyorkese del Bronx e del Queens, lo scorso giugno, Ocasio-Cortez aveva battuto Joe Crowley, il candidato dell’establishment Dem. La piattaforma con cui Ocasio-Cortez ha vinto è progressista “senza se e senza ma”: università gratis e cancellazione dei debiti degli studenti; assistenza sanitaria pubblica gratuita; abolizione dell’ICE, l’agenzia governativa che controlla le frontiere contro gli immigrati illegali; maggiori controlli per la vendita di armi ai privati; e, in tema di ambiente, un Green New Deal con grandi investimenti pubblici in infrastrutture “verdi”.

Su quest’ultimo obbiettivo Ocasio-Cortez ha debuttato a Washington, DC lo scorso 13 novembre con un’azione significativa delle nuove dinamiche interne al Partito Democratico. Insieme a 200 giovani ha infatti invaso l’ufficio di Nancy Pelosi, l’attuale leader della minoranza Dem alla Camera, per sollecitarla ad abbracciare la bandiera del Green New Deal.

Pelosi ha fatto buon viso a cattivo gioco, dichiarando «Siamo ispirati dall’energia di molti giovani attivisti che guidano la lotta contro la crisi del clima». Ma sa che quei giovani e Ocasio-Cortez non la amano, la considerano un simbolo del passato, l’opposto del cambiamento per cui loro hanno votato. E così l’elezione a Speaker (Presidente) della Camera della Pelosi − fino a poco fa considerata scontata − è diventata a rischio (mentre esce questo numero, si terrà il voto alla Camera).

Pelosi, 78 anni, deputato dal 1987 per il distretto californiano che comprende San Francisco, dal 2007 alla fine del 2010 è stata la Speaker della Camera, cioè la donna arrivata alla carica più alta del sistema politico Usa (se muoiono sia il Presidente sia il Vicepresidente degli Stati uniti, il comando alla Casa Bianca passa allo Speaker).

Sarebbe paradossale che dopo la Pink wave, l’“ondata rosa” che ha portato in Parlamento un numero record di donne, lo Speaker non fosse una donna, dicono i sostenitori della Pelosi. Ma i suoi oppositori ribattono che ci sono parecchie altre donne qualificate per quella carica, fra le quali per esempio Marcia Fudge, rappresentante dell’Ohio e afro-americana, che però ha già detto di non voler sfidare la Pelosi, per ora.

Proprio le donne nere sono una delle forze che stanno ridisegnando l’identità dei Democratici e della sinistra in America. Sono sempre state una base fedele di elettrici. “Ma ora vogliono di più, vogliono guidare il partito, spingendolo ulteriormente a sinistra e creando una nuova visione della politica progressista e della coalizione democratica”, ha scritto sul New York Times Brittney Cooper, autrice femminista afro-americana.

Cooper porta come esempio Stacey Abrams, la candidata a Governatore in Georgia, che ha fatto una campagna basata sulla diversity − con uno staff al 46% afro-americano, 15% ispanico e 9% asiatico −, sulla mobilitazione dell’elettorato porta a porta per allargare la base dei votanti e su una piattaforma ultra progressista. Il risultato è che alle urne si sono presentate il 60% di persone in più rispetto all’elezione del 2014 e Abrams ha ottenuto nell’area di Atlanta quasi il doppio dei voti del candidato democratico di quattro anni fa. Abrams era sostenuta anche da Obama ma alla fine ha perso contro il Repubblicano (bianco) Brian Kemp con un distacco di oltre 54 mila voti (50,2% a lui, contro 48,8% a lei).

Altri importanti sconfitti di “sinistra” sono stati: Richard Cordray, il candidato a governatore nell’Ohio appoggiato dalla senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, la creatrice dell’Ufficio per la protezione dei consumatori di cui lo stesso Cordray era stato il primo capo (ha perso con il 46,4% dei voti contro il 50,7% del Repubblicano); Andrew Gillum, l’afro-americano sostenuto da Sanders, in corsa per diventare Governatore in Florida (49,2% contro 49,6%); Beto O’Rourke, l’ispanico appoggiato da varie celebrity come la cantante Beyonce, che sfidava in Texas il Repubblicano Ted Cruz per diventare senatore (48,3% contro 50,9%).

La discussione fra i Democratici è ora apertissima su come interpretare questi dati. Gli stretti margini delle sconfitte possono essere visti come una conferma della giustezza della svolta “radicale” e un incentivo a impegnarsi di più su questa strada per vincere nel 2020.

@mtcometto

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