I conservatori hanno ottenuto una larga maggioranza in Parlamento, ma molti candidati riformisti e moderati sono stati esclusi dalle elezioni. Affluenza bassissima
Venerdì in Iran si sono tenute le elezioni per rinnovare tutti i 290 seggi del Parlamento. Il voto è stato seguito con particolare attenzione dai media internazionali: sono state infatti le prime elezioni dal ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare (nel 2018) e dall’uccisione del potente generale Qassem Suleimani, sempre per mano americana. Il loro esito, tuttavia, era in un certo senso scontato.
Questo perché il Consiglio dei Guardiani – un organismo vicino alla fazione più radicale della politica iraniana, capeggiata dalla Guida Suprema Ali Khamenei – ha il potere di approvare o meno i candidati alle elezioni. A questa tornata il Consiglio ha rigettato circa 6850 candidature su 14mila totali, favorendo i conservatori e penalizzando al contrario i riformisti e i moderati. A un terzo dei parlamentari uscenti è stato inoltre impedito di partecipare nuovamente alle elezioni.
Come era stato previsto da giorni, i conservatori hanno effettivamente conquistato la maggioranza dei seggi: i risultati ufficiali non sono ancora disponibili, ma secondo le previsioni dovrebbero averne ottenuti circa 200 su 290.
L’ala ultraconservatrice ha potuto così estendere la propria presa anche sul Parlamento, che in realtà non è un organo particolarmente importante all’interno del sistema politico iraniano, dato che il potere decisionale si concentra soprattutto nelle mani della Guida Suprema Khamenei. Un Parlamento a forte maggioranza conservatore, comunque, potrà aumentare le pressioni sul Presidente della Repubblica Hassan Rouhani: è un moderato, è favorevole a una maggiore apertura all’Occidente ed è stato uno dei principali architetti dell’accordo sul nucleare del 2015. Le elezioni presidenziali si terranno l’anno prossimo.
L’ala moderata iraniana è stata danneggiata dalle decisioni di Donald Trump di abbandonare l’accordo e di adottare una linea molto dura verso Teheran. L’aggressività di Washington – specialmente dopo l’uccisione di Suleimani, considerato quasi una leggenda in patria – ha al contrario favorito i conservatori, ostili agli Stati Uniti.
Negli ultimi mesi la popolazione iraniana ha espresso un forte malcontento nei confronti dell’establishment politico attraverso grandi proteste: scesi inizialmente in piazza alla notizia dell’aumento del prezzo della benzina, i manifestanti sono presto passati a chiedere un cambio di regime. Le proteste sono state represse con violenza dalle Guardie Rivoluzionarie, forza militare legata agli ultraconservatori e dall’enorme influenza politica ed economica. Le Guardie Rivoluzionarie sono responsabili dell’abbattimento dell’aereo 752 – per errore, secondo Teheran – e della morte di tutti i 176 passeggeri.
Alle elezioni di venerdì la rabbia verso il regime si è espressa attraverso una scarsa partecipazione al voto. Alle parlamentari del 2016 l’affluenza era stata del 62%; a quelle di venerdì si è invece fermata al 40-45%, con minimi del 25% appena nella capitale Teheran.
@marcodellaguzzo
I conservatori hanno ottenuto una larga maggioranza in Parlamento, ma molti candidati riformisti e moderati sono stati esclusi dalle elezioni. Affluenza bassissima