Grazie ai finanziamenti cinesi l’Africa si è affrancata dalle potenze ex coloniali, ma alla Cina interessa solo per le rotte marittime verso l’Europa. Rischi e opportunità di una relazione asimmetrica
“Nonostante l’impatto della pandemia di Covid-19, l’ottava conferenza ministeriale del Forum sulla cooperazione Cina-Africa (FOCAC) è stata un completo successo”. Così il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, chiosava con enfasi la fine dei lavori dell’evento che, lo scorso 29 e 30 novembre, ha riunito i 52 più alti rappresentanti della diplomazia africana insieme a Wang Yi e al Ministro del Commercio cinese Wang Wentao, nel Centro per le conferenze internazionali Abdou Diouf di Diamniadio (Cicad), a circa 30 chilometri dalla capitale senegalese Dakar.
Secondo il Ministro degli Esteri cinese, la conferenza di Dakar ha permesso alle parti di raggiungere un ampio consenso in materia di investimenti, sicurezza, economia digitale e cooperazione anti-pandemica, settori che saranno sviluppati in linea con le condizioni nazionali. E Wang aggiunge che “il vertice ha inoltre messo in luce la necessità di lavorare per ridefinire le relazioni internazionali nel segno di equità e giustizia, obiettivo che Cina e Africa intendono perseguire incrementando la rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo negli organismi multilaterali”.
Di tutt’altro tenore è stato il commento del Financial Times, che ha evidenziato la riduzione degli impegni finanziari della Cina per sostenere lo sviluppo dell’Africa dai 60 miliardi di dollari del 2018 ai 40 miliardi di dollari quest’anno. Il quotidiano della City citando Chidi Odinkalu, senior manager per l’Africa alla Open Society Foundations, sottolinea come l’impegno ridotto dimostra che Pechino non deve più esporsi così tanto in Africa a livello finanziario e che alcuni governi africani si sono troppo affidati ai prestiti cinesi.
Prestiti che in alcuni casi hanno fatto scattare la cosiddetta trappola del debito, attraverso la quale la Cina riesce a tenere sotto pressione molti Paesi africani, accordando crediti spesso impossibili da restituire perché ovviamente non presta denaro gratis e intende essere rimborsata anche stipulando clausole vessatorie. Tra i due blocchi si è quindi instaurata una relazione squilibrata che genera effetti perversi con i prestiti cinesi che hanno fatto crescere il debito africano, che negli ultimi cinque anni è raddoppiato con il rischio di diventare insostenibile.
Un autorevole e illuminante parere sugli esiti dell’ultimo FOCAC giunge dall’economista e sinologo francese Thierry Pairault. In un’intervista a Le Monde Afrique, l’emerito direttore della ricerca del Centro nazionale per la ricerca scientifica (CNRS) di Parigi ha affermato che l’ottavo FOCAC ha segnato “la fine delle illusioni dopo anni di finanziamenti cinesi a impatto limitato sullo sviluppo del continente”.
L’autorevole sinologo ha spiegato che “le relazioni sino-africane sono profondamente asimmetriche poiché la Cina è altamente importante per l’Africa, grazie ai suoi progetti e ai suoi finanziamenti che hanno permesso al continente di affrancarsi dalle potenze ex coloniali. Mentre, a livello economico, l’Africa non rappresenta affatto una priorità per la Cina, ma è interessante nella misura in cui confina con le rotte marittime verso l’Europa per consentire a Pechino di raggiungere l’obiettivo dell’accesso al mercato europeo”.
Nel cementato rapporto tra i due player, c’è anche da sottolineare che gli ingenti stanziamenti finanziari cinesi in favore dell’Africa hanno permesso al gigante asiatico di fidelizzare un buon numero di Paesi dai quali raccogliere crescenti consensi alle Nazioni Unite, in termini di voti all’Assemblea Generale. È in questo modo che la Cina ha potuto ottenere la direzione di quattro agenzie dell’ONU: l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), l’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale (ICAO), l’Organizzazione per lo sviluppo industriale (ONUDI) e l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU).
Un evidente successo diplomatico, considerato che né gli europei né gli americani hanno mai guidato contemporaneamente così tante agenzie delle Nazioni Unite. Senza dimenticare, che Pechino ha potuto conquistare queste posizioni solo grazie al sostegno africano, che non ha un costo troppo rilevante.
Un altro aspetto da sottolineare nei lavori dell’ottavo FOCAC è insito nella differenza a livello rappresentativo rispetto agli ultimi due vertici, quello di Johannesburg nel 2015 e quello di Pechino nel 2018, che rispettivamente registrarono la presenza di 13 e oltre 50 capi di Stato o di Governo africani, mentre il meeting di Dakar è stata una riunione a livello ministeriale.
Il Presidente cinese Xi Jinping non ha partecipato di persona all’evento e ha tenuto un discorso in videoconferenza per enunciare il suo piano per l’Africa, mentre aveva sempre partecipato agli incontri di Pechino. E prima di Xi era il Primo Ministro del Consiglio di Stato cinese a presenziare agli incontri del FOCAC in Africa (Etiopia nel 2003 ed Egitto nel 2009). Poi sotto Xi, le due riunioni del FOCAC del 2015 e del 2018 sono state trasformate in vertici di leadership.
Il ritorno del FOCAC a livello ministeriale può creare l’impressione che l’incontro di Dakar sia stato declassato, ma fin dalla sua istituzione nel 2000, è stato un evento a livello ministeriale che si tiene in maniera alternata a cadenza triennale tra Pechino e l’Africa. Inoltre, le restrizioni dovute all’emergenza epidemiologica del Covid hanno influito in buona misura sulla non partecipazione dei leader africani e del Presidente cinese.
I cambiamenti più significativi per FOCAC sono invece avvenuti a livello di sostegno economico, come dimostra l’annunciata quantità di finanziamenti per almeno 40 miliardi di dollari. Si tratta di 20 miliardi di dollari in meno rispetto a quelli ufficializzati durante il vertice di Pechino del 2018 e a tutti gli effetti è la prima riduzione di fondi per l’Africa degli ultimi 12 anni, da quando la Cina è diventata il più grande partner commerciale dell’Africa. Mentre per l’assistenza agricola, clima e ambiente, salute, pace e sicurezza e promozione commerciale, il numero di progetti da sostenere per ciascuna categoria è sceso dai 50 del 2018 ai 10 del 2021.
I due giorni di lavori del vertice in Senegal sono stati anche segnati dall’impegno di Xi Jinping a donare un miliardo di dosi di vaccino contro il Covid-19, nel continente più in difficoltà nella campagna di immunizzazione con solo l’8,75% della popolazione africana, che ha completato il ciclo vaccinale (dati CDC Africa al 20 dicembre 2021).
Il Dragone vuole così mettere in difficoltà il mondo occidentale che sulla fornitura dei vaccini si è impegnato con il programma Covax, sostenuto dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Entro la fine del 2021, l’iniziativa avrebbe dovuto fornire due miliardi di dosi di vaccino a circa un quarto della popolazione dei Paesi più poveri, ma ha mostrato non poche criticità, soprattutto in Africa.
Dopo lo scoppio della pandemia di Covid-19, Cina e Africa hanno lavorato a stretto contatto per contenere la diffusione del virus. Già nel maggio 2020, alla prima Assemblea virtuale dell’OMS, Xi Jinping aveva promesso 2 miliardi di dollari di assistenza per il Covid-19 ai Paesi in via di sviluppo.
Il Dragone ha poi schierato 46 squadre mediche in Africa stabilendo una cooperazione tra gli ospedali cinesi e 30 ospedali africani per facilitare il trasferimento di conoscenze. Inoltre, Xi ha promesso di assistere l’Unione africana nella costruzione di nuove sedi del CDC Africa.
Il presidente cinese ha così colto l’occasione del FOCAC per ribadire come si debba “mettere le persone e le loro vite al primo posto, essere guidati dalla scienza, sostenere la rinuncia ai brevetti sui vaccini Covid-19 e garantire veramente l’accessibilità e la convenienza dei vaccini in Africa per colmare il divario di immunizzazione”.
La Repubblica Popolare è già il primo fornitore di vaccini dell’Africa e ora punta a diventare anche il suo primo donatore. Un argomento che tornerà utile a Pechino per dimostrarsi il più vigoroso propugnatore nella lotta al coronavirus e combattere la narrazione della Cina “untrice del mondo”.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di gennaio/febbraio di eastwest.
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“Nonostante l’impatto della pandemia di Covid-19, l’ottava conferenza ministeriale del Forum sulla cooperazione Cina-Africa (FOCAC) è stata un completo successo”. Così il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, chiosava con enfasi la fine dei lavori dell’evento che, lo scorso 29 e 30 novembre, ha riunito i 52 più alti rappresentanti della diplomazia africana insieme a Wang Yi e al Ministro del Commercio cinese Wang Wentao, nel Centro per le conferenze internazionali Abdou Diouf di Diamniadio (Cicad), a circa 30 chilometri dalla capitale senegalese Dakar.
Secondo il Ministro degli Esteri cinese, la conferenza di Dakar ha permesso alle parti di raggiungere un ampio consenso in materia di investimenti, sicurezza, economia digitale e cooperazione anti-pandemica, settori che saranno sviluppati in linea con le condizioni nazionali. E Wang aggiunge che “il vertice ha inoltre messo in luce la necessità di lavorare per ridefinire le relazioni internazionali nel segno di equità e giustizia, obiettivo che Cina e Africa intendono perseguire incrementando la rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo negli organismi multilaterali”.