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Agorà Talks presenta: “L’oro della Turchia” di Giovanna Loccatelli


Sabato 9 ottobre Edicola Eastwest ha presentato il libro di Giovanna Loccatelli. Intervenuti Alberto Negri e Giulio Gambino

Ritornano gli appuntamenti autunnali con gli Agorà Talks.

Sabato 9 ottobre, alle ore 11, Edicola Eastwest ha ospitato la presentazione del libro "L'oro della Turchia. Il business dell’edilizia che ha stravolto l’aspetto del paese e il suo tessuto sociale" della giornalista Giovanna Loccatelli, edito da Rosenberg&Sellier.

L’evento è stato moderato da Giulio Gambino, giornalista, fondatore e direttore di TPI con gli interventi del giornalista Alberto Negri, che ha curato la postfazione del libro.

Negli ultimi vent’anni la Turchia è diventata un cantiere a cielo aperto: grandi progetti edili hanno trasformato Istanbul cambiandone radicalmente il tessuto urbano. Ponti, moschee, grattacieli, 400 centri commerciali – 150 soltanto a Istanbul - e nuovi quartieri residenziali sono stati edificati facendosi largo nell’originario impianto della città, stravolgendone così anche l’assetto sociale, imprimendo un nuovo modo di vivere. Una rivoluzione architettonica guidata da Erdogan che Giovanna Loccatelli, nei quattro anni vissuti in Turchia, ha visto con i suoi occhi perché “per descrivere un Paese non è importante soltanto studiarlo ma viverlo: parlare con persone provenienti da ambienti diversi, vedere i luoghi, respirarne l’atmosfera”. E questo è il motivo per cui Giovanna Loccatelli, da freelance, ha sempre pensato che il suo lavoro ha senso soltanto se si è esattamente sul posto dove accade la storia.

“Il libro l’ho pubblicato nel 2020 ma il tema affrontato è ancora molto attuale: oggi si disputa sul Canale di Istanbul, un’opera grandiosa voluta fortemente da Erdogan e osteggiata dal sindaco Ekrem Imamoglu e dall’opposizione, anche perché – secondo gli esperti − sconvolgerebbe l’equilibrio della città con conseguenze dannose sull’ecosistema in una città, tra l’altro, soggetta a terremoti. Le grandiose opere della nuova Istanbul sono diventate prima meta turistica della città. Sultanahmet – il centro storico – è in secondo piano. I centri residenziali moltiplicatisi dal 2000 a oggi hanno creato una divisione sociale e architettonica tra le persone che vivono in queste bolle dorate e il resto della popolazione. I turchi bianchi, quelli che vivono all’europea, i più danarosi, rinchiusi in questi quartieri, usufruendo esclusivamente delle strutture private non danno più peso alla governance locale: vivono da espatriati in patria, ignorando, per esempio, quello che succede a Piazza Taksim. Non c’è interazione tra classi sociali: nei centri commerciali i negozi di lusso sono all’ultimo piano, quelli a basso costo sono ai pieni inferiori. È vero, la classe media si è ingrandita ma la forbice sociale si è allargata drammaticamente”.

“L’architettura è uno strumento politico nelle mani di Erdogan?”, domanda Giulio Gambino ad Alberto Negri, ricordando al pubblico l’appellativo di dittatore con il quale Mario Draghi apostrofò il Presidente turco qualche mese fa. Alberto Negri risponde riportando una notizia di questi giorni, ovvero “una telefonata avvenuta tra Mario Draghi e Erdogan, organizzata dalla Presidenza del Consiglio, di cui non conosciamo il contenuto ufficiale ma sicuramente indispensabile, alla vigilia del G20 a Roma, dove anche la Turchia è chiamata a partecipare. Non bisogna mai dimenticare che la Turchia è un Paese membro della Nato oramai da 60 anni. E quando si parla di difesa europea si giocano un po’ tutte le contraddizioni: adesso è stato fatto un patto militare tra la Francia e la Grecia in funzione anti turca che va a contrastare un Paese chiave dell’Alleanza Atlantica”.

“Arrivando a Istanbul nel 1980 – quando si sentiva ancora parlare in greco -  e vedendola oggi, dopo quarant’anni, è impressionante come il volto della città sia stato completamente trasformato, diversamente dalle nostre città che, in grossa parte somigliano ancora alle città in cui siamo nati. Ma il cambiamento è avvenuto prima di Erdogan, con le migrazioni dall’Anatolia. Oggi Istanbul è una città di convergenza di popolazioni diverse: siriani, iraniani, iracheni, algerini, tunisini, e la diaspora dei Fratelli Musulmani dall’Egitto, e quell’Erdogan, che noi vediamo come un repressore perché tiene in prigione giornalisti e avvocati, è visto da questi popoli come un regime tollerante che offre loro la pace per vivere e sopravvivere. E la trasformazione della città dal loro punto di vista è un grande salto verso la modernità” spiega Alberto Negri. “La propaganda degli ultimi anni di Erdogan si è principalmente concentrata sulle grandi costruzioni”, spiega la Loccatelli.

Erdogan ha puntato sull’economia mettendo in vetrina un Paese che possa attrarre investitori dall’estero: a Gezi Park, il Culture Centre Ataturk, è stato abbattuto per ricostruirne uno moderno. Si abbattono monumenti storici per edificare simboli. E il Presidente ha puntato anche sulla religione per andare incontro alla parte più conservatrice del popolo: a piazza Taksim, un tempo teatro di proteste – ora pedonalizzata e sorvegliata 24 ore su 24 -  è stata eretta una moschea.

La mattinata si è conclusa con gli interventi del pubblico.

Il prossimo appuntamento degli Agorà Talks è fissato sabato 23 ottobre alle ore 11, con la presentazione del libro di Mario Boffo “Yemen, l’Eterno”.

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