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Balcani: un nuovo Big Bang


Il processo di allargamento Ue ai Balcani ha subito un forte rallentamento dopo le crisi Covid e Brexit. L'Ue deve adoperarsi realmente per evitare ulteriori ritardi e derive inquietanti

Nel 2004, l’Unione europea compì un coraggiosissimo passo in avanti, allargando la propria membership da 15 a 25 Stati membri: dietro questo ‘big bang’ (come venne – a ragion veduta – definito) vi era l’azzardo dell’allora Presidente della Commissione Romano Prodi, che spinse affinché si accelerasse sulla ricucitura della storica frattura tra Europa occidentale e orientale, a 15 anni dalla caduta del Muro di Berlino: in poche parole, si stava vivendo il momento di gloria della condizionalità europea e del suo potere trasformativo su società ed economie che per quasi 50 anni avevano vissuto in assenza di libertà. Dopo l’ingresso degli otto Paesi dell’ex blocco socialista (più Malta e Cipro), sono arrivate Bulgaria e Romania (2007) e Croazia (2013): da quel momento in poi, la strategia dell’allargamento – definito da alcuni come il più efficace strumento di politica estera dell’Unione – si è arenata, lasciando un buco al centro della mappa del territorio comunitario corrispondente a Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Macedonia del Nord e Kosovo. Un secondo, più piccolo big bang non sembra essere sul punto di accadere.

Il progetto di adesione all’Ue

Sono passati 25 anni dalla fine della guerra in Bosnia-Erzegovina, 21 da quella in Kosovo e 19 dalla breve insurrezione armata albanese in Macedonia del Nord. Nel 2003, il Consiglio europeo di Salonicco mise per la prima volta nero su bianco la prospettiva europea per i Balcani Occidentali, chiarendo come per i Paesi della regione l’adesione all’Unione fosse un traguardo realistico. A oggi, il quadro di avanzamento verso quell’obiettivo appare alquanto stagnante e diversificato: Serbia e Montenegro hanno già aperto e chiuso vari dei 35 capitoli negoziali in cui è diviso l’acquis communautaire, Albania e Macedonia del Nord hanno ottenuto lo scorso marzo dal Consiglio la tanto aspirata apertura dei negoziati dopo anni passati in un limbo da Paesi candidati (6 per la prima e ben 15 per la seconda) e, fanalini di coda, Bosnia-Erzegovina e Kosovo, che non hanno ancora ottenuto lo status di candidati.

I negoziati con Albania e Macedonia del Nord

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