In migliaia in piazza in Argentina per difendere il sistema universitario nazionale, sotto scacco a causa dei tagli alle spese imposti dal governo Milei. Anche pensionati e lavoratori sul piede di guerra. Il 9 maggio nuovo sciopero generale.
In tutte le città dell’Argentina si sono svolte ieri, martedì 23 aprile, grandi manifestazioni in difesa del prestigioso sistema universitario nazionale, che da settimane ha dichiarato l’emergenza finanziaria a causa dei tagli imposti dal governo di Javier Milei. La strategia dell’esecutivo, applicata anche in altri settori dell’amministrazione pubblica come nel caso dei salari e le pensioni, è quella della “liquefazione”: invece di abbassare la spesa, si mantiene invariato il valore dei fondi stabiliti per gli enti pubblici nel 2023, lasciando che l’inflazione (superiore al 200% su base annua) faccia il resto.
Si stima che il budget 2024 delle 56 università statali argentine abbia subito una riduzione del 72% rispetto alla fine dell’anno accademico 2023. Un colpo di grazia dunque per uno dei sistemi universitari più rinomati dell’America Latina.
Uno degli aspetti più preoccupanti dei tagli riguarda gli ospedali universitari, che compiono funzioni sanitarie presso le comunità in cui si trovano oltre a fungere da istituti di formazione per i futuri medici. Sono sei in tutto il paese, ed il loro mantenimento dipende dal finanziamento statale attraverso il budget universitario. Nel caso dell’Università di Buenos Aires, l’Hospìtal de Clinicas, l’Istituto di Oncologia Ángel H. Roffo e l’Ospedale Odontoiatrico hanno utilizzato il 75% delle spese di mantenimento ordinario dell’Università del 2023. Per quest’anno si prevede una riduzione del 60,2% della spesa in questo settore.
A questo si aggiunge che il Fondo Monetario Internazionale stima che l’Argentina chiuderà il 2024 con un’inflazione accumulata del 149%, una situazione che obbligherebbe la maggior parte delle università a chiudere, se non si stabiliscono nuovi finanziamenti pubblici.
Le manifestazioni sono state convocate dal Consiglio Interuniversitario Nazionale, che riunisce i rettori di tutte le università del paese, dopo aver constatato i gravi problemi che soffre il sistema universitario a causa delle disposizioni del governo Milei. Le singole università hanno già dovuto prendere misure drastiche per mantenere il loro funzionamento: tagli alle borse di studio, ai progetti di ricerca e all’acquisto di strumenti; cancellazione di tutte le opere edilizie previste o in corso; in alcune facoltà è stato proibito l’uso degli ascensori e viene staccata la luce elettrica di notte per risparmiare sulle bollette. Altre prevedono di non poter accendere il riscaldamento con l’arrivo dei mesi freddi a partire da maggio.
La reazione da parte della società argentina si è fatta sentire con forza. A Buenos Aires ieri sono scese in piazza più di 500.000 persone, in un gesto di chiara sfida al piano di liberalizzazione e austerity imposto da Milei.
L’istruzione e la sanità pubbliche nel paese sono integralmente gratuite, non si pagano buoni né tasse di alcun tipo, e rappresentano storicamente un orgoglio per la società argentina. L’Università pubblica argentina dagli anni ‘30 ha permesso la formazioneno di un ceto medio intellettuale dalla fortissima influenza a livello nazionale e latinoamericano. L’accesso gratuito all’istruzione superiore è uno degli elementi che spiega perchè l’Argentina è stata storicamente uno dei paesi con la classe media più numerosa del continente americano.
A partire dagli anni ’90 però si è assistito ad un lento degrado dell’educazione pubblica, specialmente nei primi cicli d’istruzione, dovuto proprio al definanziamento statale e alla federalizzazione del sistema educativo. L’abbandono statale del settore ha prodotto un fenomeno peculiare: le classi medio-alte hanno cominciato a scegliere le istituzioni private per l’educazione dei propri figli, che hanno mantenuto un livello accademico adeguato alle loro esigenze; mentre le scuole pubbliche, oltre ad aver perso il ruolo di spazio d’incontro tra classi sociali, hanno dovuto trasformarsi in agenti destinati a rispondere ai bisogni basici dei settori più deboli della società.
Si è prodotta così una privatizzazione velata dell’educazione argentina: la scuola di qualità è destinata a chi la può pagare (eccezion fatta proprio per i collegi universitari), mentre la scuola pubblica deve fare i conti con le problematiche sociali più gravi del paese, prima ancora di affrontare i propri compiti educativi (oggi in argentina 7 bambini minori di 17 anni su 10 sono poveri, e due di essi fanno la fame).
L’Università pubblica è rimasta invece indenne da questo fenomeno. Si tratta di istituzioni estremamente rinomate, che vantano un prestigio accademico molto più grande rispetto al sistema privato ed hanno mantenuto il loro ruolo di spazio di incontro tra settori sociali tendenzialmente distanti. Per questo, la decisione del governo Milei di ridurre drasticamente il finanziamento universitario è stata vista come un colpo al cuore per la società argentina, un affronto a uno dei capisaldi della propria identità, e le proteste hanno raccolto l’adesione di migliaia di persone in tutto il paese.
Alla vigilia delle manifestazioni di martedì, il presidente Milei ha fatto l’ennesimo discorso a reti unificate per annunciare il raggiungimento della meta dell’azzeramento del deficit di bilancio per la prima volta dal 2008. “In primo luogo, voglio dire a tutti gli argentini che capisco che la situazione che stiamo vivendo è dura, ma che abbiamo già percorso più della metà del cammino. Si apre a partire da adesso l’ultima tappa di uno sforzo eroico che noi argentini stiamo facendo, e per la prima volta dopo molto tempo, questa volta lo sforzo varrà la pena”, ha esordito il presidente. “Se lo stato non spende più di quello che incassa e non ricorre all’emissione, non c’è inflazione. Non si tratta di magia. Questi sono concetti che sono già stati ampiamente dimostrati nel corso della storia dell’umanità e che in Argentina vengono respinti per una ragione molto semplice: i politici vogliono spendere molto perché sono i principali beneficiari di questa spesa. Con noi la pacchia è finita“.
Sebbene i dati macroeconomici dei primi tre mesi di governo Milei sembrerebbero essere positivi, anche gli esperti più ortodossi, in patria e all’estero, sono molto scettici sulla sostenibilità del modello imposto da dicembre a questa parte. Solo durante il primo trimestre del 2024, il potere d’acquisto dei salari è crollato del 20%, le pensioni ridotte del 37,5%, le prestazioni sociali del 32,9% e l’inflazione accumulata tra gennaio e marzo è del 51,6%.
La meta del “deficit zero” dunque è stata raggiunta grazie al sacrificio di pensionati, poveri e lavoratori, e sia gli investitori stranieri sia il Fondo Monetario Internazionale sanno che una situazione simile rappresenta una bomba ad orologeria. Le manifestazioni in difesa dell’università aprono dunque una stagione caldissima di proteste a Buenos Aires. Per il 1º maggio è prevista una grande mobilitazione nella capitale, come da anni non si faceva, per protestare contro le misure del governo, e per il 9 maggio è previsto lo sciopero generale indetto da tutte le centrali sindacali, il secondo in soli tre mesi di governo del primo presidente liberal-libertario al mondo.
Si stima che il budget 2024 delle 56 università statali argentine abbia subito una riduzione del 72% rispetto alla fine dell’anno accademico 2023. Un colpo di grazia dunque per uno dei sistemi universitari più rinomati dell’America Latina.