L’annuncio di Bloomberg: dopo nemmeno un mese dall’incontro di Erdogan con Putin che aveva portato alla firma di un accordo finanziario, due delle cinque banche turche che rientrano nel Mir dichiarano di volerne uscire, le altre forse già non lo usano più
All’inizio di agosto, sull’aereo di ritorno da Sochi, dove si era riunito con l’omologo Vladimir Putin, il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan aveva annunciato un accordo finanziario con la Russia: cinque banche turche – spiegò – avevano adottato il circuito di pagamento Mir. Il sistema, gestito dalla banca centrale russa, è attivo dal 2017 e venne sviluppato a seguito delle sanzioni internazionali imposte contro Mosca nel 2014, dopo l’annessione della Crimea ucraina.
L’ingresso delle banche turche nel Mir tornava utile al Cremlino perché gli avrebbe permesso di mitigare l’isolamento economico portato avanti dall’Occidente in reazione all’invasione su larga scala dell’Ucraina.
Anche la Turchia – che l’aggressione l’ha condannata, viste le relazioni con Kiev, ma si è rifiutata di sanzionare Mosca – ne avrebbe tratto un vantaggio: attraverso il circuito, molto utilizzato dai turisti russi, avrebbe infatti favorito l’entrata nelle sue casse di valuta estera, di cui ha bisogno per stabilizzare la lira dopo la manovra svalutativa voluta dallo stesso Erdogan.
Ad appena un mese circa di distanza da quelle dichiarazioni, che lasciavano immaginare un approfondimento della collaborazione economica tra Ankara e Mosca, Bloomberg ha rivelato che Erdogan dovrà riunirsi con i rappresentanti di due banche private turche che hanno già ritirato la loro partecipazione al Mir: temono di finire penalizzate dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, spiega l’agenzia.
Le banche non più attive sul circuito russo sono Turkiye Is Bankasi (o Isbank) e Denizbank. E non è chiaro se le restanti tre banche turche che rientravano nell’accordo, tutte statali – Turkiye Halk Bankasi (o Halkbank), TC Ziraat Bankasi e Turkiye Vakiflar Bankasi –, lo stiano ancora utilizzando. Erdogan dovrà trovare una soluzione alternativa, altrimenti i flussi di denaro “turistico” potrebbero venire compromessi.
La settimana scorsa l’Ufficio di controllo dei beni stranieri del Dipartimento del Tesoro americano ha messo in guardia le istituzioni finanziarie dallo stipulare nuovi accordi o dall’ampliare quelli esistenti con il circuito Mir. Secondo Bloomberg, l’avvertimento di Washington è una dimostrazione dell’efficacia della componente “secondaria” delle sanzioni americane, che toccano tutti quei soggetti – anche quelli che non hanno sede negli Stati Uniti – che utilizzano il dollaro per effettuare le loro transazioni.
In precedenza l’agenzia aveva tuttavia rivelato che la Russia stava passando a un meccanismo di pagamento in rubli per il gas venduto alla Turchia. All’inizio, Ankara verserà in rubli solo un quarto della somma totale; la parte restante rimarrà in dollari e in euro. Ma pare che la quota della valuta russa aumenterà progressivamente.
All’inizio di agosto, sull’aereo di ritorno da Sochi, dove si era riunito con l’omologo Vladimir Putin, il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan aveva annunciato un accordo finanziario con la Russia: cinque banche turche – spiegò – avevano adottato il circuito di pagamento Mir. Il sistema, gestito dalla banca centrale russa, è attivo dal 2017 e venne sviluppato a seguito delle sanzioni internazionali imposte contro Mosca nel 2014, dopo l’annessione della Crimea ucraina.
L’ingresso delle banche turche nel Mir tornava utile al Cremlino perché gli avrebbe permesso di mitigare l’isolamento economico portato avanti dall’Occidente in reazione all’invasione su larga scala dell’Ucraina.