Dopo undici anni dall’ultimo incontro di alti esponenti israeliani e palestinesi, i due si sono incontrati in Cisgiordania per parlare di cooperazione economica e di sicurezza. Ma una vera svolta ancora non c’è…
Dopo undici anni dall’ultimo incontro de visu di alti esponenti dei Governi israeliano e palestinese, alla fine del mese scorso il Ministro israeliano della Difesa, Benny Gantz, ha incontrato a Ramallah il Presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen).
I due hanno discusso di cooperazione economica e di sicurezza, ma da qui a dire che ci si è incamminati verso la soluzione del conflitto, ce ne vuole. L’ultimo incontro risaliva al 2010, sette anni dopo c’è stata l’ultima telefonata tra Netanyahu, allora premier, e Abbas. Gantz, invece, nei giorni scorsi, aveva telefonato al Presidente palestinese. Gli incontri di Ramallah, che hanno visto un colloquio privato tra Gantz e Abbas e uno insieme a funzionari governativi dei due Paesi, si sono svolti dopo il ritorno di Naftali Bennett, il Primo Ministro israeliano, da Washington, dove ha incontrato il Presidente Joe Biden e esponenti dell’amministrazione americana.
Al premier israeliano Biden ha ribadito l’interesse alla pacificazione nell’area, che significa anche aiuti e cooperazione economica con l’Autorità palestinese. Ma, dietro alle frasi di circostanza, Bennett ha le idee chiare sulla questione palestinese e non intende recedere. Non ci sarà alcuno Stato palestinese mentre governa Naftali Bennett. È quanto ha detto in una intervista televisiva il Ministro degli Esteri e premier a rotazione Yair Lapid. A Channel 11, il capo della diplomazia e futuro premier da agosto del 2023 ha detto che la formazione dello Stato palestinese, nell’ambito della soluzione del conflitto a due Stati, non è nell’agenda di questo Governo. Rintuzzato dal giornalista, alla domanda se questo potrebbe accadere sotto il suo premierato, Lapid ha detto “potrebbe”.
L’intervista a Yair Lapid
L’intervista è stata diffusa venerdì alla vigilia del 28mo anniversario della firma degli Accordo di Oslo che diedero il via al riconosciuto controllo territoriale dell’Autorità palestinese. Lapid ci ha tenuto a dire che la soluzione a due Stati, diversamente da quello che pensa il premier attuale, è per lui la soluzione migliore per la risoluzione del conflitto israelo-palestinese. L’intenzione del Ministro degli Esteri sarebbe quella di “dividermi dai palestinesi. Non ho alcun interesse a governare su più di 2 milioni di palestinesi a Gaza o 2,9 milioni in Giudea e Samaria”, le due regioni che compongono la Cisgiordania. Yair Lapid ha spiegato che questo Governo è nato soprattutto per risolvere questioni interne, senza alcun accordo sul fronte palestinese.
L’intervista è stata data in vista della visita che il premier Bennet terrà questa settimana a Washington, dove incontrerà il Presidente Biden e sul tavolo della quale ci sarà anche la questione palestinese. L’amministrazione americana non ha fatto azioni per il rinnovo dei colloqui fra le parti, che sono fermi al 2014, anche se ha chiesto a Israele di non fare passi che possano essere di ostacolo alla rinascita dei colloqui. Ma i contatti tra le parti non si sono fermati. Anche se Bennett non è a favore della nascita dello Stato palestinese, così come molti suoi alleati di Governo, nella stessa coalizione ci sono esponenti, come Lapid e Gantz, che invece sono favorevoli alla creazione dello Stato palestinese. Anche per questo Gantz ha parlato già al telefono con il Presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen, così come ha fatto il Presidente israeliano Isaac Herzog dopo essere stato eletto.
Le proteste
Nei giorni scorsi, sono riprese le manifestazioni di protesta contro Israele da parte dei palestinesi. Due le micce che hanno fatto esplodere i contrasti negli ultimi giorni. Da Gaza, nonostante Israele abbia allentato le sanzioni aumentando l’aerea di pesca e i permessi di lavoro, tra gli altri, hanno ripreso manifestazioni al confine, lanci di razzi e lanci di palloni incendiari. Forse anche come risposta agli incontri di Ramallah che, secondo alcuni osservatori locali tenderebbero a isolare ancora di più l’enclave. Dall’altra, le ritorsioni israeliane nei confronti dei prigionieri palestinese e di molte famiglie di carcerati, dopo l’evasione di sei di loro, cinque esponenti della jihad Islamica palestinese e di Zakaria ZUbeide, l’ex comandante delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa da Jenin, hanno portato per strada molte persone in Cisgiordania.
Ma la Palestina ha necessità di pacificazione, anche perché la sua situazione economica è disastrosa. Il Covid ha solo peggiorato una situazione già pessima, dovuta da un lato alla riduzione delle contribuzioni dei Paesi stranieri, dall’altro al minore gettito di tasse che Israele versa a Ramallah, defalcato dei soldi che il Governo palestinese destina ai familiari dei carcerati. Il tutto, condito anche da una grande corruzione nell’establishment palestinese, che drena molte risorse. L’economia della Cisgiordania è stata colpita dal coronavirus, riducendosi dell’11,5% nel corso del 2020. Allo stesso tempo, Ramallah ha visto un forte calo degli aiuti arabi e internazionali, che in precedenza rappresentavano una fetta significativa del suo budget. Nel 2019, l’Autorità palestinese ha ricevuto circa 300 milioni di dollari di sostegno al bilancio entro la fine di giugno. Nel 2021 hanno ottenuto solo 30,2 milioni di dollari, poco più di un decimo dell’importo precedente.
Dopo undici anni dall’ultimo incontro di alti esponenti israeliani e palestinesi, i due si sono incontrati in Cisgiordania per parlare di cooperazione economica e di sicurezza. Ma una vera svolta ancora non c’è…