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Biden: la Cina è un concorrente, non un rivale


In politica estera, Biden ridefinisce i rapporti diplomatici e commerciali con la Cina. Servirà grande capacità di mediazione da parte della sua squadra

Nei giorni scorsi abbiamo assistito ai primi passi dell’amministrazione Biden in politica estera. La relazione con la Cina è la partita più importante, perché trascina con sé molte partite complesse, economiche e non solo geopolitiche. Il primo contatto ufficiale è stata la telefonata tra il segretario di Stato Blinken e Yang Jiechi, ex Ministro degli Esteri e figura centrale della proiezione internazionale di Pechino. Nel suo primo discorso di politica estera, Biden ha chiarito che la Cina non è da considerare un avversario – a differenza di Mosca – ma un concorrente: “Affronteremo gli abusi economici della Cina; contrasteremo la sua azione aggressiva e coercitiva per contrastare l’attacco della Cina ai diritti umani, alla proprietà intellettuale e alla governance globale. Ma siamo pronti a lavorare con Pechino quando è nell’interesse dell’America farlo”. Duro, ma pronto a sedersi al tavolo, a usare la diplomazia.

Le questioni in agenda sono molte, riguardano gli scambi commerciali e la tecnologia, altre richiedono cooperazione (il clima, innanzitutto), altre ancora rivestono enorme rilevanza simbolica per Pechino (Taiwan, lo Xinjang e Hong Kong). Sul commercio ma anche sui diritti umani, l’atteggiamento di Biden è diverso da quello di Trump, che chiuse entrambi gli occhi sullo Xinjang e per ottenere concessioni commerciali sorvolò su Hong Kong. Su Taiwan, il Presidente repubblicano ha invece alzato il livello della tensione, mentre sul 5G ha giocato bene rendendo più complicata la vita a Pechino.

Le tensioni diplomatiche

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