Biden-Harris: i provvedimenti dei primi cento giorni
Nel solco della tradizione dei primi 100 giorni, Biden ha firmato 50 provvedimenti esecutivi: pandemia, migrazioni, politica estera, uguaglianza razziale
Nel solco della tradizione dei primi 100 giorni, Biden ha firmato 50 provvedimenti esecutivi: pandemia, migrazioni, politica estera, uguaglianza razziale
La presidenza di Joe Biden Jr. è iniziata il 20 gennaio 2021 con un appello all’unità della nazione americana. Nel suo discorso, il più anziano di tutti i Presidenti si fa carico di una responsabilità che torna alla ribalta della storia degli States dopo più di un secolo e che mancava dal dibattito politico sin dai tempi della Guerra di secessione: bisogna salvare l’America dalle divisioni interne che hanno raggiunto l’apice nell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio.
Questa sarà la sfida principale che il Presidente Biden dovrà vincere nei prossimi anni alla Casa Bianca. Non si tratta di una prova semplice, né di un fine puramente ideale, ma di poter preservare l’integrità delle istituzioni che hanno reso gli Usa la prima potenza del mondo.
Per conseguire questo difficile traguardo Biden ha scelto di farsi affiancare da Kamala Harris, una vice-presidente la cui storia mette insieme alcune delle anime della società americana: quella delle comunità afro-americane, quella degli americani di origine asiatica, quella di un paese cresciuto con il contributo delle minoranze e dell’immigrazione. Il binomio Biden-Harris è già il simbolo di un’America che rinsalda i legami della coesione nazionale che sono stati logorati dalla tensione politica e riflette l’armonia che dovrebbe governare la transizione demografica in atto. Da un lato c’è Joe Biden Jr., un politico di lunga esperienza e uomo bianco, che rappresenta il volto tradizionale dell’establishment politico dell’America e la maggioranza bianca in declino, costretta a ridimensionarsi per le forze dei trend demografici. Dall’altro Kamala Harris, una giovane leader donna di colore e figlia di immigrati, emblema di quella parte della società che è stata tenuta ai margini del potere e che merita un posto nella politica americana. I due leader, le due metà della società, le due generazioni si presentano insieme alla guida di Washington, testimoniando che l’America deve camminare unita e in accordo. Tuttavia, se questo tandem politico riuscirà a funzionare non sarà soltanto per la forza del loro esempio, per l’empatia e la complicità tra i due leader, ma soprattutto per le loro scelte politiche.
Biden e Harris dovranno aiutare le istituzioni che presiedono, rispettivamente la Casa Bianca e il Senato, a approvare le leggi che gli Stati Uniti attendono da troppo tempo e che sono ostaggio degli steccati ideologici tra i partiti. Per comprendere quali sono le capacità di Governo dell’amministrazione Biden, si cercheranno delle risposte in quel tradizionale “banco di prova” che sono i primi cento giorni della presidenza. Come disse Franklin Delano Roosevelt, il Presidente che coniò questa espressione quasi un secolo fa: nei primi cento giorni si può capire cosa sa fare il Presidente. Ecco perché i candidati alle presidenziali annunciano le loro proposte per i primi cento giorni e perché il 30 aprile prossimo si farà il primo bilancio dell’America di Biden.
Se Biden avesse iniziato il suo mandato in un tempo ordinario, i primi cento giorni della sua presidenza sarebbero stati valutati semplicemente in un confronto con quanto fatto dai suoi predecessori, ma nel 2021, a un anno dalla dichiarazione dell’allarme pandemico le priorità sono innanzitutto quelle imposte dalle emergenze causate dalla diffusione del coronavirus e quelle ereditate dalla presidenza Trump come la polarizzazione, il ritardo sulla lotta al cambiamento climatico, le nuove vulnerabilità del multilateralismo indebolito dall’AmericaFirst, la rivalità con i regimi autoritari, la condizione delle classi disagiate e la violenza razziale.
I cento giorni dell’amministrazione Biden saranno giudicati considerando l’attualità e il lavoro degli altri presidenti che si sono trovati a gestire parentesi storiche altrettanto complesse. L’esempio è di nuovo quello di Roosevelt che fu eletto alla guida degli Usa quattro anni dopo il crollo di Wall Street del 1929. Roosevelt riuscí a lanciare l’ambizioso programma di rilancio dell’economia, il celebre New Deal, e far approvare 15 leggi nei primi cento giorni, ma non ci si aspetta nulla di simile da Biden. Roosevelt poteva contare su un’ampia maggioranza in entrambe le Camere del Campidoglio: c’erano 313 democratici nella House of Representatives e 70 nel Senato. Le maggioranze che invece sono a disposizone dei democratici nell’attuale Congresso sono numericamente ridotte e il numero di senatori dei due schieramenti è sostanzialmente pari. Inoltre, l’esito del secondo impeachment contro Trump ha riacutizzato la frattura tra i partiti, rendendo meno probabile che nei prossimi mesi si raggiunga il consenso bipartisan richiesto per approvare delle grandi riforme. In veste di Presidente del Senato, con un voto decisivo per determinare la maggioranza, ci si aspetta che il ruolo di Kamala Harris sia più rilevante rispetto a quello del suo predecessore Mike Pence. In particolare, la stampa americana ha messo in evidenza come il successo del piano di aiuti pandemico del governo federale dipenda dalla capacità dei democratici nel Senato, e quindi di Harris, di superare l’ostruzionismo dei repubblicani.
Gli ordini esecutivi
Mentre il Congresso è nella trappola della sostanziale paralisi politica, Biden ha fatto ricorso ai tanti strumenti che rientrano negli atti a disposizione del Presidente: ordini esecutivi, memorandum e disegni di legge. Sono circa 50 i provvedimenti adottati da Biden finora e potremmo raggrupparli in macro-aree per provare a ricostruire l’agenda dei suoi primi cento giorni. Diciassette atti sono dedicati a fronteggiare la pandemia, nove alla gestione dei flussi migratori, cinque alla politica internazionale, cinque all’eguaglianza razziale e ai diritti delle minoranze. In gran parte si tratta di atti che cancellano le politiche di Trump, ma a guardar bene c’è anche dell’altro. Nei documenti che il presidente ha firmato nelle scorse settimane c’è sia un ordine di priorità sia il tentativo della Casa Bianca, e dei democratici, di misurare il gradimento dei cittadini.
Nel primo gruppo rientrano gli ordini esecutivi per bloccare il contagio del virus (si pensi alla campagna “mask up”) e per vaccinare cento milioni di americani in cento giorni. Il piano vaccini voluto da Biden mira a fermare l’emergenza sanitaria e a riportare i tassi di mortalità al periodo pre Covid entro il 2021. Questo è l’obiettivo numero uno dell’agenda del presidente Biden e gli americani dimostrano un ampio sostegno per le politiche contro il coronavirus. Recenti sondaggi rivelano che quasi otto americani su dieci sono favorevoli al piano vaccini e ai provvedimenti che impongono più rigore sull’uso dei dispositivi di protezione individuale (FONTE: Sondaggi Morning consulting tra il 25 gennaio e il 15 febbraio 2021).
Con il secondo gruppo di atti, il nuovo inquilino dello Studio Ovale cambia nettamente l’approccio degli Usa alla questione dei migranti. Il presidente sta pianificando una task force per riunire le centinaia di bambini separati dalle loro famiglie al confine tra Usa e Messico. Inoltre, il primo progetto di legge presentato dall’amministrazione Biden al Congresso, conosciuto come US Citizenship Act del 2021, si pone l’obiettivo di rinnovare l’intera legislazione sui migranti che risale al 1986.
Il nuovo Presidente ha detto che la sua amministrazione non permetterà più alcuna politica fondata sul sacrificio dei loro diritti e al contempo cercherà soluzioni per limitare il fenomeno migratorio. Ciò significa evitare che si ripetano le separazioni forzate dei membri delle famiglie migranti, programmare nuovi accordi con i paesi da dove partono le carovane umane che attraversano l’America centrale verso il Messico, distinguere i richiedenti asilo e coloro che godono di protezione umanitaria dagli altri migranti. Queste sono le scelte più contestate dagli americani. Indipendentemente dalle preferenze politiche, la maggior parte dei cittadini sostiene che sia giusto chiudere i confini. Tra i favorevoli alle politiche per bloccare i flussi migratori non ci sono soltanto i sostenitori dell’ex presidente, ma anche molti democratici. Quattro dei cinque provvedimenti che gli americani hanno gradito di meno in assoluto, tra i cinquanta atti che il presidente Biden ha adottato finora, riguardano le politiche per i diritti dei migranti. Meno del 40% degli americani intervistati condivide la scelta di Biden di innalzare il numero di richiedenti asilo che gli Usa ammetteranno nel prossimo anno. Circa il 45% è contrario alla sospensione della politica di rimpatrio forzato nel territorio messicano, conosciuta come “Remain in Mexico” policy. Meno del 50% degli americani è favorevole alla fine del Muslim Ban approvato da Trump nel 2017.
Nel terzo gruppo di provvedimenti del Presidente troviamo le prime scelte sul fronte della politica estera. Il 20 gennaio 2021, il presidente Biden ha firmato gli atti per bloccare il recesso degli Usa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e riportare gli Stati Uniti nell’Accordo sul clima di Parigi. Queste decisioni confermano quanto Biden ha detto piú volte nei suoi discorsi: “America is back”, cioè “l’America è tornata”. La posizione di Biden non avrebbe potuto essere più antitetica rispetto a quella di Trump. Per l’ex Presidente l’obiettivo era quello di staccare gli Usa dall’assetto multipolare contemporaneo e affermare una politica estera unilaterale. Ora Biden deve rammendare gli strappi che la “diplomazia poco diplomatica” (per riprendere il commento di un esperto) del presidente Trump ha lasciato sulla fitta rete di alleanze degli Usa. Prima di essere vicepresidente di Barack Obama, Biden è stato membro della Commissione sugli affari esteri del Senato e saprà valorizzare la sua esperienza ridisegnando il perimetro dell’influenza geopolitica americana. Sembra che la maggioranza dei cittadini sia favorevole al ritorno di Washington ad un ruolo di protegonista delle organizzazioni internazionali che l’America ha costruito nei decenni.
Un altro gruppo di provvedimenti promossi da Biden include le misure per contrastare le discriminazioni e la violenza razziale. L’ordine esecutivo più significativo di questo gruppo di atti presidenziali è quello per chiudere la “Commissione 1776”. Questa Commissione era stata voluta da Trump per scrivere i principi teorici di quella che il tycoon chiamò “educazione alla patria”. Due giorni prima del termine del mandato dell’ex presidente (nel giorno dedicato a Martin Luther King) la Commissione 1776 ha diffuso un rapporto che avrebbe dovuto riscrivere i programmi di storia delle scuole americane. La storiografia accademica americana non ha esitato a definire il rapporto della Comissione 1776 come una manipolazione della storia nazionale o pseudo-storia che prova a cancellare le tracce delle discriminazioni agli afro-americani e i sacrifici delle conquiste dei diritti delle minoranze. Fermare la riscrittura dei piani formativi che avrebbe oscurato dai libri di scuola la storia dell’affermazione dei diritti degli afro-americani è un atto politico molto rilevante che il presidente Biden ha firmato in occasione dell’inizio del Black History Month.
Gli altri ordini esecutivi del P residente Biden non possono essere raggruppati in una categoria omogenea e non hanno avuto ampia visibilità mediatica, tuttavia sono decisioni politiche molto indicative perché segnano un cambio di prospettiva nella leadership della Casa Bianca. Ad esempio, Biden ha voluto elevare il climate change ad una priorità per la sicurezza nazionale e la politica estera. Inoltre, dopo il negazionismo del valore del sapere scientifico, Biden ha istituito nuovamente il comitato di esperti del presidente sulla scienza ed ha diffuso un memorandum che vincola le agenzie federali a elaborare le loro politiche sulla base di evidenze empiriche verificabili.
Nell’immobilismo del Congresso, bloccato dalle polemiche tra i partiti, il presidente Biden e la nuova amministrazione hanno scommesso sui poteri di governo della Casa Bianca per aiutare l’America a superare le criticità dei primi cento giorni.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di marzo/aprile di eastwest.
Nel solco della tradizione dei primi 100 giorni, Biden ha firmato 50 provvedimenti esecutivi: pandemia, migrazioni, politica estera, uguaglianza razziale
La presidenza di Joe Biden Jr. è iniziata il 20 gennaio 2021 con un appello all’unità della nazione americana. Nel suo discorso, il più anziano di tutti i Presidenti si fa carico di una responsabilità che torna alla ribalta della storia degli States dopo più di un secolo e che mancava dal dibattito politico sin dai tempi della Guerra di secessione: bisogna salvare l’America dalle divisioni interne che hanno raggiunto l’apice nell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio.
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