Anche se il viaggio è rimandato, a causa di una polmonite, rimane il messaggio: la Cina è il più importante partner commerciale del Brasile, che rivendica il proprio non allineamento e punta ad avere un ruolo di mediazione costruttiva in un mondo multipolare
Domenica 26 Marzo, Lula avrebbe dovuto iniziare un tour di 4 giorni in Cina. Poco prima della partenza, al Presidente brasiliano era stata diagnosticata una polmonite che ne aveva ritardato la partenza di un giorno. “Nonostante il miglioramento clinico, il servizio medico della Presidenza della Repubblica raccomanda di rinviare il viaggio in Cina fino alla fine del ciclo di trasmissione virale” si legge nella nota rilasciata dall’ufficio stampa del Presidente. Il governo brasiliano ha poi informato le autorità cinesi della necessità di rinviare la visita e riprogrammarla appena sarà possibile.
Il viaggio – che avrebbe dovuto includere il 28 Marzo un incontro con il leader cinese Xi Jinping – era una chiara manifestazione della volontà di Lula di dare nuovo corso ai rapporti tra i due Paesi, dopo la presidenza Bolsonaro. Sarebbe stata la visita di stato più significativa, fino a questo momento, del suo terzo mandato presidenziale. Lo si poteva dedurre dalla numerosa e variegata delegazione che lo avrebbe accompagnato in Cina: governatori, membri del Congresso, ministri e centinaia di imprenditori.
Per Xi Jinping, reduce dalla visita all’amico Putin, l’incontro dava il la ad un periodo di fitto traffico diplomatico: il 30 Marzo sarà il turno del Premier spagnolo Pedro Sanchez, seguito poi dal Presidente francese Emmanuel Macron con la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Dovrebbe poi arrivare anche il momento dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, Josep Borrell.
Lula, però, diversamente dai leader Europei che visiteranno Xi, porta avanti una visione del mondo più in linea con le ambizioni del leader cinese. La visita a Pechino – che sarà recuperata nel breve futuro – rientra nel percorso, portato avanti da Lula, per riaffermare il ruolo del Brasile come potenza regionale e globale indipendente, che persegue una politica estera pragmatica, focalizzata a sostenere gli interessi brasiliani.
Da oltre un decennio, il Dragone è il più importante partner commerciale del Brasile; nel 2022, la Cina ha importato oltre 89,7 miliardi di dollari di prodotti brasiliani – soprattutto soia e minerali – e ha esportato in Brasile per un valore di circa 60,7 miliardi di dollari. Questo commercio, che nel complesso vale 150,4 miliardi di dollari, è aumentato di 21 volte rispetto a quando Lula visitò per la prima volta la Cina nel 2004.
Ad oggi, il settore agricolo è la componente principale degli scambi economici tra i due Paesi, nonché un tassello cruciale degli equilibri interni politici brasiliani. Non a caso, sarebbero stati oltre 100 gli imprenditori appartenenti a questo settore ad accompagnare il Presidente Lula nel suo viaggio in Cina. Si sarebbe parlato anche di turismo e di altri investimenti, con una particolare attenzione all’ambito dei semiconduttori e allo sviluppo tecnologico-digitale. Durante la visita, era prevista la firma di almeno 20 accordi bilaterali, posticipata al momento in cui questa verrà recuperata; uno degli accordi riguarda la costruzione del CBERS-6, il sesto di una serie di satelliti costruiti insieme da Brasile e Cina. La tecnologia di questo nuovo modello consentirà di monitorare i biomi brasiliani, come la Foresta Amazzonica, anche nelle giornate nuvolose.
Poco importa se il viaggio non è ben visto da Washington – che vorrebbe un Brasile schierato apertamente ed esplicitamente con le democrazie occidentali – la Cina è un partner troppo importante per gli interessi economici brasiliani. Fin da subito, dopo essere stato rieletto presidente, Lula ha rivendicato il ruolo del Brasile come Paese non allineato. Nel caso della Guerra in Ucraina, ad esempio, ha deciso di non sostenere militarmente Kiev e supporta l’idea che il Brasile – insieme agli altri Paesi del BRICS non coinvolti direttamente nella guerra, al contrario della Russia – possa essere un attore neutrale in grado di svolgere un ruolo concreto e costruttivo di mediazione, in un contesto dove la pace sembra un orizzonte sempre più sfocato. Questa idea è ben vista anche da Pechino che, seppur non possa essere considerato alla luce delle sue azioni un attore imparziale, sarebbe ben contento di vedere i negoziati per la pace guidati dai Paesi non allineati, in perfetto stile multipolare.
Il viaggio in Cina si unisce ad una serie di altre azioni intraprese dal Brasile, sotto la guida del presidente di sinistra, che non sono piaciute alle potenze occidentali. Nelle ultime settimane, Lula ha inviato una delegazione in Venezuela, si è rifiutato di firmare una risoluzione delle Nazioni Unite che condannava le violazioni dei diritti umani compiute dal governo del Nicaragua e ha permesso alle navi da guerra iraniane di attraccare nel porto di Rio de Janeiro.
La politica estera portata avanti da Lula rientra nell’ottica di un Brasile sovrano, libero e neutrale. Un approccio pragmatico – che porta avanti gli interessi nazionali brasiliani rapportandosi con chiunque possa supportarli, prescindendo da giudizi morali – non piace a Washington, ma piace a Pechino. La Cina supporta un mondo multipolare e rifiuta la superiorità morale rivendicata dalle democrazie occidentali; dunque, chiunque si distacchi da questa visione del mondo è per la Cina un potenziale buon alleato nei suoi piani per ridefinire l’ordine internazionale.