Frau Europa non è un complimento ad Angela Merkel, che porta, anzi, pesanti responsabilità nella situazione di crisi della moneta unica. Frau Europa è la semplice constatazione del fatto che non c’è futuro per il Vecchio continente e per l’euro senza il perno della Germania. Fino all’estate 2010, forse, non lo sapevano nemmeno loro, i tedeschi, ipnotizzati com’erano dalle favole della cattiva politica, che scaricava tutte le colpe della crisi sui greci bugiardi, sui portoghesi inaffidabili e sugli italiani pasticcioni. Di certo non lo sapevano i francesi, portati a sottovalutare le debolezze della loro economia e a sopravvalutare l’asse Merkel-Sarkozy. Né lo sapevano i finlandesi e gli slovacchi, che si illudevano di poter esercitare un potere di veto sulle scelte dell’Europa. Men che meno lo sapevano gli italiani, a cui la dura realtà della crisi era stata nascosta da un berlusconismo morente, ma ancora ebbro di vacua retorica populista.
Oggi l’idea che, per fare un significativo passo in avanti, l’Europa abbia bisogno di una Germania come primus inter pares non scandalizza più nessuno. Si tratta ovviamente di ragionare su “come” tale primazia debba esercitarsi, ma questo è un altro discorso. Nel dossier di questo numero di east analizziamo come si è arrivati al punto di svolta. Lo facciamo con un’ampia intervista a Giuliano Amato, con un’approfondita analisi economica di Erik F.Nielsen e con altri servizi curati da Elena Fenili, Antonio Guarascio da Bruxelles e Alessandro Arduino da Pechino.
Il secondo tema forte della rivista è la ricandidatura di Vladimir Putin alla presidenza della Russia. Se ne occupano Lev Gudkov, direttore dell’Istituto Levada, Fernando Orlandi, Astrit Dakli e Cristina Giuliano da Mosca.
Come sempre, ampio è lo spazio dedicato ai reportage: dal Pakistan, con Gabriele Barbati; dall’Ucraina, con Danilo Elia e Massimiliano Di Pasquale; dalla Crimea, con Stefano Vergine; dal Bengala, con Carlo Buldrini; dal Bangladesh, con Zhang Lijia.
Infine, una segnalazione d’obbligo al portfolio fotografico sugli zingari della Slovacchia, curato da Monika Bulaj.
Vittorio Borelli