Nel Paese si trova la più consistente minoranza turca in Europa; eppure, i turchi spariscono quando si entra nel campo della politica. Per questo è simbolica la nomina come Ministro dell’Agricoltura di Cem Özdemir
Si trova in Germania la più consistente minoranza turca in Europa: tra le Alpi e il Mare del Nord vive un gruppo di oltre tre milioni di persone, arrivate nel Paese negli ultimi sessant’anni. I turchi di prima, seconda e terza generazione sono estremamente visibili, in ogni parte dello Stato tedesco, basti pensare ai quartieri berlinesi di Kreuzberg e Neukölln. Eppure, nonostante i loro numeri e la loro rilevanza, questi spariscono quando si entra nel campo della politica: non votano e non vengono votati, con il risultato che manca loro una rappresentanza adeguata. Da questo punto di vista è quindi simbolica la nomina come Ministro dell’Agricoltura di Cem Özdemir, 56 anni, esponente dei Verdi: per la prima volta nella squadra di Governo c’è un figlio di Gastarbeiter.
La comunità turca in Germania
A portare in Germania la prima generazione di Gastarbeiter è stato un accordo di reclutamento di manodopera stretto tra Bonn e Ankara nel 1961. La Germania Ovest era nel pieno del boom economico e, con il Muro appena costruito e la mancanza dei lavoratori orientali, era a corto di braccia da impiegare nell’industria. I lavoratori turchi, che avrebbero dovuto trattenersi appena un paio d’anni, sono in realtà rimasti, complici gli alti salari, e sono poi stati raggiunti dalle famiglie. L’immigrazione è quindi continuata, cambiando forma a seconda del periodo: negli anni Ottanta sono arrivati gli oppositori di sinistra, poi la minoranza curda, e infine, più recentemente, i simpatizzanti del golpe del 2016. Nonostante la diaspora turca sia diventata via via sempre più consistente, la sua integrazione ha risentito delle mancate politiche di inclusione degli anni Sessanta. Queste non erano state prese in considerazione per i primi Gastarbeiter, dal momento che la loro permanenza era intesa come temporanea. Insegnare loro la lingua – al di là dei fondamentali – non era ritenuto necessario per lo svolgimento delle loro mansioni. Erano poi alloggiati insieme, in contesti chiusi ed etnicamente omogenei, con scarsi contatti con i locali. Questo ha fatto sì che, a distanza di sessant’anni, il 55% delle persone con un background turco continui a non avere la cittadinanza tedesca, confermando un’integrazione incompleta. Fra le ragioni, le conoscenze linguistiche giocano un ruolo importante nell’esclusione dalla vita politica del Paese.
Le lacune si risolvono nel 90% dei casi a partire dalle seconde generazioni, nate in Germania, e quindi esposte alla lingua fin dall’infanzia. Parallelamente, però, le comunità turche hanno preservato e diffuso al loro interno le tradizioni e i valori della terra dei padri, che sono andate a formare parte integrante dell’identità delle nuove generazioni. Molto spesso il legame affettivo e patriottico di queste è quindi rivolto alla Turchia, come indica anche il fatto che in nove casi su dieci le seconde generazioni si sposino all’interno del gruppo nazionale. Allo stesso modo, l’attaccamento alla Turchia si rende evidente anche quando, raggiunta la maggiore età, queste devono scegliere la propria cittadinanza, non potendo per legge mantenere sia quella turca che quella tedesca: in buona parte dei casi, è proprio la prima a prevalere.
La mancanza della cittadinanza e la conseguente impossibilità di votare hanno fatto sì che la comunità turca non si avvicinasse alla politica tedesca, o lo facesse solo parzialmente: soprattutto le prime generazioni hanno dovuto subire le scelte altrui, senza poter partecipare. Ma ad allontanare dal voto i Gastarbeiter e i loro figli ci hanno pensato anche i partiti. A lungo la Cdu è stata vista come una formazione contraria all’immigrazione e agli stranieri e non era dunque nemmeno presa in considerazione al momento di esprimere la propria preferenza. In questo modo, si è creato però un contrasto tra l’orientamento degli immigrati, spesso conservatori e marcatamente religiosi, e i partiti che questi sceglievano alle elezioni, per lo più di centro-sinistra come la Spd e, in minima parte, i Verdi. In mancanza di alternative convincenti, molti turchi hanno rifiutato il compromesso e hanno optato, invece, per l’astensionismo. Di conseguenza, anche la rappresentanza della diaspora è stata e rimane minima. Prima di Özdemir, era stata Ministra la socialdemocratica Aydan Özoğuz: si tratta però di due eccezioni, perché a livello nazionale è difficile trovare politici di origine turca che occupino posizioni rilevanti.
Verso l’integrazione
Piuttosto, la diaspora turca è rimasta legata alla politica della propria madrepatria. Negli ultimi anni, in particolare, è diventato evidente il suo deciso supporto per il Presidente Recep Tayyip Erdogan: questi ha fatto di tutto per semplificare le procedure di voto per i turchi all’estero, ricevendo quasi due terzi dei consensi in Germania sia in occasione del referendum costituzionale del 2017, sia alle elezioni presidenziali dell’anno seguente. Il legame tra il regime e gli emigrati può apparire singolare, ma è in realtà facilmente spiegabile: lontani dalla Turchia, coloro che ora vivono in Germania non sono toccati direttamente dalle derive illiberali del rais e vedono in lui una figura forte, autorevole, che difende gli interessi turchi nel mondo. Consapevole del supporto di cui gode in Germania, Erdogan tenta in ogni modo di rafforzarlo. Non solo invitando la diaspora a non assimilarsi e a mantenere le proprie radici, ma anche appoggiandosi ad alcune associazioni, come l’Unione turco islamica per gli affari religiosi (DITIB). Questa è stata utilizzata per formare imam pro regime e per diffondere messaggi politici nelle moschee e nelle piazze, ed il governo se ne è servito anche per monitorare l’attività degli oppositori che si trovano in Germania.
La nomina di Cem Özdemir indica tuttavia come la situazione potrebbe cambiare rapidamente, in particolare nell’approccio di Berlino verso Erdogan. Il politico verde non ha esitato negli anni a criticare scelte e strategie del presidente turco, soprattutto quelle che riguardavano i suoi connazionali che vivono in Germania. Avevano fatto scalpore, in particolare, le dichiarazioni di Özdemir che mettevano in guardia dalla formazione di società parallele nel paese, composte da immigrati non integrati. Il neo Ministro si era mostrato scettico anche verso il livello di tutela garantito dalla Germania agli oppositori politici turchi: l’atteggiamento del governo Merkel era stato definito naif, colpevole di lasciare troppo margine di manovra ad Erdogan sul territorio tedesco e di mettere quindi a rischio gli espatriati. È quindi lecito aspettarsi relazioni differenti con Ankara, meno improntate ad una ricerca costante della cordialità e del compromesso. Sotto la guida del governo semaforo, Berlino potrebbe inaugurare una politica nuova, con più attenzione ai propri interessi e ai diritti: soprattutto Verdi e Fdp sono particolarmente intransigenti verso i regimi illiberali e non hanno alcuna intenzione di rinunciare ai loro principi in nome della Realpolitik.
Addirittura, delle novità importanti potrebbero avvenire a livello legislativo. La Germania ha finora faticato a riconoscersi come paese d’immigrazione: il rigore delle norme attuali in materia di cittadinanza ne è un chiaro segnale. Nonostante ciò, un quarto della popolazione tedesca può vantare oggi un background migratorio, un dato difficile da ignorare. A tal proposito, nel contratto di Governo emerge fortemente la volontà di riconoscere le cittadinanze multiple: a beneficiarne maggiormente sarebbe proprio la comunità turca, essendo la minoranza nazionale più consistente del Paese. Se la proposta dovesse concretizzarsi il processo di naturalizzazione non richiederebbe più la rinuncia al passaporto dello stato d’origine. Inoltre, si potrebbe ottenere la cittadinanza dopo soli cinque anni di regolare residenza, contro gli otto necessari ora, e anche il livello linguistico minimo verrebbe abbassato, proprio per permettere una maggiore inclusione di quei primi Gastarbeiter che hanno fatto la fortuna della Germania. La semplificazione di queste procedure costituirebbe un primo passo nella direzione di una maggiore integrazione, anche politica, della comunità turca in Germania.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di gennaio/febbraio di eastwest.
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Nel Paese si trova la più consistente minoranza turca in Europa; eppure, i turchi spariscono quando si entra nel campo della politica. Per questo è simbolica la nomina come Ministro dell’Agricoltura di Cem Özdemir