Pechino prova a rilanciare la sua presenza in Europa centro-orientale dopo la defezione della Lituania dal 17+1. A Belgrado si pensa persino a una statua di Xi Jinping
Pechino prova a rilanciare la sua presenza in Europa centro-orientale dopo la defezione della Lituania dal 17+1. A Belgrado si pensa persino a una statua di Xi Jinping
Una statua dedicata a Xi Jinping, da posizionare preferibilmente nel centro della città. Non è un progetto di una delle megalopoli della Repubblica popolare cinese, ma un’idea nata in Serbia, “Il popolo serbo ci tiene ai veri amici. Sarebbe un gesto simbolico ma importante per mostrare la nostra gratitudine per tutto l’aiuto che ci ha dato”. Aleksandar Banjanac, segretario del Nuovo partito comunista di Jugoslavia (con sede centrale a Belgrado e una distaccata in Montenegro), ha spiegato così il suo piano di erigere una statua in onore del Presidente cinese. Il partito ha pagato diversi spazi pubblicitari per sponsorizzare la proposta con una serie di manifesti lungo le strade della capitale serba.
Infrastrutture e vaccino
Il Governo del Paese balcanico non si è ancora espresso in maniera esplicita a riguardo, ma è indubbio il fatto che i rapporti tra Belgrado e Pechino siano stretti come non mai. Il legame tra i due Paesi è storico e si è rinsaldato a più riprese negli scorsi decenni. A partire da quando negli anni Novanta la Cina si era espressa a favore del mantenimento di una Jugoslavia unita e aveva poi criticato i bombardamenti della Nato durante la guerra del Kosovo. Anche per questo il Governo cinese non ha mai dimenticato la distruzione dell’Ambasciata di Pechino in Serbia, involontariamente causata nel 1999 dai missili Nato. Nello stesso luogo sorge ora un nuovo Centro Culturale Cinese da 55 milioni di euro. Le imprese cinesi investono grandi somme nell’industria dell’acciaio e nelle miniere. Ma la Cina ha anche riversato capitali per 8 miliardi di dollari dedicati alla riqualificazione delle infrastrutture. Tutti interventi che hanno salvato oltre 10mila posti di lavoro e risollevato la stagnante economia serba.
Tra Xi Jinping e il Presidente serbo Aleksandar Vučić i rapporti si sono cementati ancora di più. Dal 2019 sono stati fatti enormi passi avanti per lo sviluppo high tech congiunto, culminato nelmemorandum sulla cooperazione tecnologica per l’esplorazione spaziale. La pandemia di coronavirus ha avvicinato ancora di più Belgrado a Pechino, allontanandola dall’Unione europea. Dall’inizio della pandemia la Serbia ha ricevuto 58 aerei carichi di attrezzature cinesi. Lo stesso Vučić ha accolto in aeroporto l’arrivo di aiuti sanitari dalla Cina nel momento peggiore della prima ondata di Covid-19. La Serbia è stato il primo Paese europeo a importare il vaccino prodotto da Sinopharm, del quale è arrivata una nuova consegna negli scorsi giorni. In tutto ne sono arrivate quasi quattro milioni di dosi. Il Governo locale dà merito alle forniture di Pechino per il suo successo nella campagna vaccinale, durante la quale ha già ricevuto entrambe le dosi circa il 28% della popolazione, ben al di sopra della media Ue del 15%. Circa il 70% delle dosi inoculate sono provenienti proprio dalla Cina.
La Serbia rappresenta oggi l’alleato più fidato della Cina in Europa centro-orientale, insieme all’Ungheria. Non a caso, le capitali di questi due Paesi saranno collegate da una nuova linea ferroviaria finanziata proprio dai prestiti di Pechino e costruita da compagnie cinesi. L’Ungheria è stata il primo (e finora unico) Paese dell’Ue a utilizzare il vaccino cinese. Non solo. Il Ministro degli Esteri Peter Szijarto, in questi giorni in visita a Guiyang (capitale della provincia sud-occidentale del Guizhou) per incontrare l’omologo Wang Yi, ha dichiarato che l’Ungheria aprirà uno stabilimento per la produzione autoctona del siero cinese. La presenza cinese in Ungheria è forte anche sul lato culturale. E lo sarà ancora di più a partire dal 2024, quando dovrebbe aprire i battenti il campus di Budapest della prestigiosa Fudan University di Shanghai. Si tratterà del primo campus cinese in territorio europeo.
Ma non tutto fila liscio…
Eppure, non fila tutto liscio per Pechino sul fronte centro-orientale dell’Europa. Dal 2012 la Cina ha ideato il meccanismo del 16+1 (poi diventato 17+1 con l’adesione della Grecia), che riunisce Pechino e i Paesi dell’area. A distanza di qualche anno, tra le fila delle nazioni coinvolte sembra serpeggiare disillusione. Da una parte per alcune problemi nati sugli investimenti cinesi e sulla loro effettività che non sempre si è concretizzata. Dall’altra parte anche per un discorso geopolitico, visto che tanti di questi Stati hanno bisogno della protezione militare degli Stati Uniti in ottica anti russa. In particolare la Polonia e i Paesi Baltici. Non a caso, solo pochi giorni fa la Lituaniaha annunciato la sua uscita dal 17+1. “È divisivo”, ha dichiarato il Ministro degli affari esteri Gabrielius Landsbergis, invitando anche gli altri Paesi coinvolti a sciogliere il meccanismo. I media cinesi hanno dedicato molto spazio alla questione lituana (per esempio con questo editoriale del China Daily), criticando Villnius definita “imprigionata in logiche da guerra fredda”. Le stesse critiche che Pechino muove di continuo a Washington e ai Five Eyes.
Per correre ai ripari, Wang Yi ha ospitato in questi giorni non solo l’omologo serbo ma anche quello polacco. Durante gli incontri, il Ministro degli Esteri ha dichiarato che la Cina non ambisce a stabilire una “sfera di influenza” in Europa centro-orientale e che la cooperazione con i Balcani rimarrà “pragmatica” e si concentrerà sul commercio, senza coinvolgere la sfera militare e della sicurezza. Un tentativo per abbassare tensioni e sospetti il cui successo dipenderà però anche dalla risposta dell’amministrazione Biden, che pare intenzionata a premere affinché partner e alleati prendano sempre più le distanze (quantomeno a livello politico) da Pechino.
Pechino prova a rilanciare la sua presenza in Europa centro-orientale dopo la defezione della Lituania dal 17+1. A Belgrado si pensa persino a una statua di Xi Jinping
Una statua dedicata a Xi Jinping, da posizionare preferibilmente nel centro della città. Non è un progetto di una delle megalopoli della Repubblica popolare cinese, ma un’idea nata in Serbia, “Il popolo serbo ci tiene ai veri amici. Sarebbe un gesto simbolico ma importante per mostrare la nostra gratitudine per tutto l’aiuto che ci ha dato”. Aleksandar Banjanac, segretario del Nuovo partito comunista di Jugoslavia (con sede centrale a Belgrado e una distaccata in Montenegro), ha spiegato così il suo piano di erigere una statua in onore del Presidente cinese. Il partito ha pagato diversi spazi pubblicitari per sponsorizzare la proposta con una serie di manifesti lungo le strade della capitale serba.
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