Antony Blinken torna in Cina meno di un anno dopo la visita di giugno. Tanti i dossier divisivi tra cui lo stop Usa a TikTok e gli aiuti a Taiwan. Ma resta importante che continuino a dialogare per gestire in modo responsabile un rapporto cruciale per gli equilibri globali
Non sono più i tempi del presunto pallone spia che fece saltare la visita di Antony Blinken nel febbraio 2023. Ma non sono nemmeno quelli delle palline da ping pong che lanciarono le diplomazie tra i due Paesi durante la guerra fredda. Stati Uniti e Cina continuano a parlarsi, anche senza andare d’accordo. È già qualcosa, certo. Ma sui dossier più spinosi delle relazioni bilaterali più importanti del pianeta non sono previste svolte, nemmeno in occasione della nuova visita di Blinken in Cina. Il segretario di Stato americano sarà a Shanghai e Pechino tra il 24 e il 26 aprile, dieci mesi dopo la visita dello scorso giugno.
Il tempismo è molto delicato. Sia per le vicende internazionali, dalla guerra in Ucraina alle tensioni sempre maggiori in Medio Oriente, sia per quelle bilaterali, con le manovre contrapposte sul mar Cinese meridionale e sullo Stretto di Taiwan, per non parlare del fronte commerciale e tecnologico. Alla vigilia della partenza di Blinken, la Camera dei Rappresentanti degli Usa ha peraltro approvato un pacchetto di aiuti esteri che oltre a Ucraina e Israele include anche Taiwan, a cui saranno destinati otto miliardi di dollari. Non solo. Nello stesso pacchetto è stata inserita la norma anti TikTok, che impone alla casa madre cinese ByteDance di vendere la sua creatura internazionale entro nove mesi per evitarne la messa al bando su territorio americano. Come se non bastasse, l’amministrazione Biden ha reso chiaro che oltre a triplicare i dazi sull’acciaio cinesi, è pronta a inserire tariffe sui pannelli solari di Pechino nell’ambito della battaglia sull’industria tecnologica verde che pare destinata a includere presto anche le auto elettriche.
Da parte americana, si lascia trapelare che in cima all’agenda di Blinken ci saranno i rapporti tra Cina e Russia. Blinken intende “ribadire le nostre profonde preoccupazioni riguardo al sostegno della Repubblica Popolare Cinese alla base industriale della difesa russa”, nonché alle sue violazioni dei diritti umani e alle “pratiche economiche e commerciali sleali”, ha dichiarato un battagliero ma anonimo funzionario del Dipartimento di Stato ai media statunitensi in preparazione del viaggio.
Nelle ultime settimane la retorica di Blinken e in generale dell’amministrazione Biden si è fatta più esplicita in materia del presunto sostegno cinese alla Russia. Ne ha parlato anche la segretaria al Tesoro Janet Yellen durante il suo recente viaggio in Cina, avvenuto peraltro quasi in contemporanea con quello del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. E lo stesso Joe Biden si è detto preoccupato a riguardo nella telefonata di qualche settimana fa con Xi Jinping.
Nel mirino ci sono soprattutto le esportazioni di dispositivi dual use che potrebbero avere un’applicazione militare. La scorsa settimana, alti funzionari statunitensi hanno reso noto un elenco di tecnologie che la Cina avrebbe inviato alla Russia. Nel 2023, hanno dichiarato che il 90% dei chip importati dalla Russia proveniva dalla Cina ed era utilizzato per produrre missili, carri armati e aerei. Il 70% delle importazioni di macchine utensili russe nell’ultimo trimestre dello scorso anno proveniva dalla Cina ed era “probabilmente utilizzato” per produrre missili balistici.
Pechino ha sempre negato e sostiene che esagerare il rischio di utilizzo militare dell’export di prodotti civili rientra in una strategia di “diffamazione” della Cina, che si professa invece neutrale e l’unica in grado di mantenere il dialogo con tutte le parti in causa. Su queste basi, è molto difficile che si ottengano risultati in materia. Blinken potrebbe provare a convincere Pechino a partecipare alla conferenza sulla pace in programma a giugno in Svizzera, ma la Cina ha fatto capire che la sua presenza è legata a quella della Russia, che pare pressoché impossibile.
Si parlerà anche di Medio Oriente. Anche qui le posizioni sono distanti. La Cina critica il sostegno degli Usa a Israele, in particolare per i nuovi aiuti militari. La retorica è la stessa utilizzata sull’Ucraina. In sostanza, Washington starebbe gettando “benzina sul fuoco” dei conflitti, invece che contribuire ad allentare la tensione e favorire la pace.
Attenzione poi ai dossier più attigui ai rapporti bilaterali. La visita di Blinken in Cina è prevista poche settimane prima dell’insediamento del presidente eletto di Taiwan Lai Ching-te, che Pechino considera un “secessionista”. Per l’inaugurazione, prevista per il 20 maggio, gli Stati Uniti invieranno una delegazione non ufficiale che comprende l’ex vicesegretario di Stato Richard Armitage e Laura Rosenberger, che presiede l’American Institute in Taiwan. L’approvazione dei nuovi aiuti aggiunge tensioni su un dossier sul quale è impossibile trovare un accordo.
Blinken e il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ribadiranno le rispettive linee rosse, ma il massimo che si può sperare è una stabilizzazione del disaccordo e una ripartenza piena del dialogo anche sul fronte militare, che pare essere avvenuta con la telefonata dei giorni scorsi tra il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin e il ministro della Difesa cinese Dong Jun.
Non meno importante, e certamente non meno tesa, la situazione sul mar Cinese meridionale. In particolare intorno alle isole contese tra Cina e Filippine, dove da mesi si verificano incidenti tra le navi di Pechino e Manila. Di recente, Pechino ha osservato con fastidio il summit trilaterale alla Casa Bianca tra Biden, il premier giapponese Fumio Kishida e il presidente filippino Ferdinand Marcos Junior, con una serie di misure per rafforzare i rapporti di sicurezza.
Blinken chiarirà i confini oltre i quali Washington sarebbe forzata a intervenire per il trattato di mutua difesa che la lega a Manila, mentre i funzionari cinesi chiederanno di non interferire su una vicenda che ritengono essere di interesse esclusivo dei Paesi asiatici.
Blinken parlerà anche di fentanil, la principale causa di morte degli americani tra i 18 e i 49 anni. Secondo la U.S. Drug Enforcement Administration, la Cina rimane la principale fonte di sostanze legate al fentanil trafficate attraverso le operazioni internazionali di spedizione per posta e per espresso. Blinken chiederà maggiore sostegno nella lotta al traffico della sostanza.
Anche se le due potenze non si troveranno improvvisamente d’accordo su una lunga serie di tematiche, resta importante che continuino a dialogare per gestire in modo responsabile un rapporto cruciale per gli equilibri globali.