Si conclude la Conferenza sul futuro dell’Europa, che ha coinvolto per un anno i cittadini dell’Unione, in un esercizio di democrazia partecipativa: sta ora alle istituzioni europee saper dare seguito alle chiare indicazioni emerse
En Marche. Proprio come il principale ideologo della Conferenza stessa, l’appena riconfermato Presidente francese Emmanuel Macron. Il futuro dell’Europa riparte da Strasburgo, dove il 9 maggio − a un anno esatto dal suo lancio − si è conclusa la Conferenza sul Futuro dell’Europa (CoFoE), l’esercizio partecipativo dal basso che negli ultimi 12 mesi ha riunito digitalmente e fisicamente i cittadini europei attorno a un inedito canale di democrazia deliberativa. La Conferenza arriva al termine di un itinerario accidentato e non lineare, e le speranze sono tutte rivolte alle modalità che saranno scelte dalle istituzioni di Bruxelles e dai governi degli Stati membri per darvi seguito. Torna così in scena il più classico dei tabù da infrangere: la riforma dei Trattati per dare all’Unione gli strumenti per fronteggiare le crisi globali che, dopo essersi inabissata per oltre un decennio, adesso trova nuova linfa, complice un sostegno esplicito da parte della Germania.
La CoFoE è stata una prima assoluta per Bruxelles, che ha così sperimentato − non senza difficoltà logistiche, metodologiche e politiche − l’integrazione del già caotico panorama multilivello dando la parola agli europei: a tutti, attraverso la piattaforma digitale multilingue futureu.europa.eu, e selezionando a caso un gruppo di 800 cittadini rappresentativi della diversità della popolazione Ue in termini di origine geografica, età, genere, contesto socio-economico e livello di istruzione, per partecipare ai quattro panel dedicati (“Economia, lavoro, cultura, istruzione, digitale”; “Democrazia, valori, sicurezza”; “Cambiamento climatico e ambiente”; “Ue nel mondo e migrazione”). Tanto nella plenaria della CoFoE quanto nei gruppi di lavoro orizzontali, poi, una delegazione di 80 cittadini dei quattro panel si è trovata accanto ai rappresentanti indicati dal Parlamento europeo (108), dal Consiglio (54), dalla Commissione (3) e da tutti i Parlamenti nazionali dei Ventisette (108), a cui aggiungere anche il presidente del Forum europeo dei giovani e quelli dei panel di cittadini tenutisi a livello nazionale (27).
Mentre questo numero va in stampa, la CoFoE è giunta al suo ultimo tornante, con l’approvazione per consenso da parte della plenaria delle raccomandazioni compilate dai gruppi di lavoro a partire dai contributi caricati sulla piattaforma online e dagli input dei panel dei cittadini. Sulla base della versione finale del documento, ciascuna istituzione dell’Ue dovrà fare la propria parte, alla luce delle rispettive competenze e attribuzioni, per l’implementazione delle proposte. Si va dalle liste transnazionali per le elezioni europee all’addio al voto all’unanimità nel Consiglio, passando per una semplificazione dei nomi delle istituzioni.
Inizialmente spalmata su due anni (dal maggio 2020 al maggio 2022), la pandemia ha dato non poco filo da torcere al lancio della CoFoE: prima ne ha ritardato di un anno l’avvio, poi ne ha accorciato di fatto la durata ad appena 12 mesi, con un meeting su tre dei panel dei cittadini che si è svolto online. Nel mezzo, pure i veti incrociati fra le istituzioni per scegliere chi dovesse guidare la CoFoE, tenzone risolta con una presidenza tripartita per Commissione, Consiglio e Parlamento. La conclusione, invece, è stata per l’appunto mantenuta nel maggio 2022, nella fase finale della presidenza di turno francese del Consiglio dell’Unione europea. E questo perché la Conferenza è stata sin dall’origine legata a doppio filo alla Francia e a Macron. Sviluppando un punto contenuto già nel discorso della Sorbonne del 2017 in cui articolava la sua visione per l’Europa, fu in una tribuna pre-elettorale alla vigilia del voto europeo del 2019 che l’inquilino dell’Eliseo propose concretamente il lancio di una “Conferenza per l’Europa” tra le ricette “per il Rinascimento europeo”, strutturata “attorno a delle assemblee cittadine”. La priorità d’azione è poi finita, al pari di altri obiettivi strategici di Parigi, dritta nell’agenda della Commissione, tanto che l’esecutivo Ue assegnò al progetto pure una vicepresidente dedicata, la croata Dubravka Šuica.
Dopo la sfilata nel cortile del Louvre, nel 2017, e la marcia ai piedi della Tour Eiffel, nel 2022, in entrambi i casi con Inno alla Gioia e bandiere Ue d’ordinanza, Macron otterrà il terzo suggello europeo proprio officiando, da presidente di turno del Consiglio, la cerimonia di chiusura della CoFoE, nell’emiciclo del Parlamento europeo di Strasburgo e nel giorno della Festa dell’Europa. Sarà l’incoronazione laica dei prossimi cinque anni (franco-)europeisti: ma il momento della verità riguarderà come Macron vorrà fare tesoro di questo processo dal basso durato un anno, e cosa verrà dopo.
Il pressing francese è la forza motrice che fa avanzare molti dossier prioritari per Parigi sulla scena Ue, dal rafforzamento di un tessuto industriale europeo alle regole chiare per disciplinare le Big Tech d’Oltreoceano: Macron, fresco di rielezione, ha tutto il capitale politico da spendere per prendere in mano l’eredità della CoFoE e portarla a un nuovo livello. Per inquadrarne a dovere la portata storica, prima di soppesarne in concreto e nel merito i suggerimenti, la Conferenza sul Futuro dell’Europa va anzitutto valutata in quanto processo aperto e per il merito di aver innestato una modalità di lavoro partecipativa nella complessa cornice istituzionale Ue. In quanto processo, ha tutte le credenziali per andare avanti, ma spetta alla politica europea indicare come. Secondo alcuni tra i più attenti osservatori delle dinamiche della Conferenza, appena una proposta su dieci, fra quelle portate avanti dai panel dei cittadini, richiederebbe una riforma dei Trattati. Insomma, un intervento puntuale per ampliare, ad esempio le competenze dell’Ue in ambiti in cui, alla prova dei fatti, è stato dimostrato il valore aggiunto dell’azione comune: la salute, con la risposta unitaria alla pandemia e l’approvvigionamento dei vaccini, e adesso la politica estera, con il necessario abbandono dell’unanimità nelle relative decisioni.
La naturale evoluzione della CoFoE passa per la messa a sistema del suo metodo di lavoro e la creazione di uno stabile organismo di democrazia partecipativa attraverso cui dar voce ai cittadini, magari mantenendo la già sperimentata (con tutte le difficoltà del caso) piattaforma online. Ma, per evitare di allungare la liturgia dei tanti pareri che spesso finiscono in fondo ai cassetti delle istituzioni di Bruxelles, la posta in gioco è più alta. Fino alla vigilia della conclusione della CoFoE, il maggiore oppositore dell’idea di usare la Conferenza come rampa di lancio per un ambizioso tentativo di revisione dei Trattati Ue era, manco a dirlo, il Consiglio, dove siedono i rappresentanti degli Stati membri. L’idea trova invece entusiastici sostenitori nel Parlamento europeo, dove si evoca la possibilità di far seguire la Conferenza sul Futuro dell’Europa da una Convenzione sul Futuro dell’Europa, dando pure tono costituente a quel che rimane della legislatura Ue da qui al 2024.
Per l’apertura di una Convenzione, il Consiglio europeo decide a maggioranza semplice. Tocca poi però a ciascuno Stato membro ratificare internamente le modifiche, ed è qui che il sentiero si fa parecchio più scivoloso. Sconfitti gli euroscettici tra Repubblica Ceca e Slovenia, e con la Polonia che tra un anno potrebbe accompagnare alla porta i suoi ultraconservatori di Governo, l’Ungheria di Viktor Orbán − appena riconfermato premier − rimane il principale ostacolo sovranista a un’ambiziosa maggiore integrazione. A voler guardare il bicchiere mezzo pieno, c’è infatti una tradizionale resistenza alla riforma dei Trattati che è nel frattempo saltata, ed è destinata a far rumore: quella della Germania. Nel contratto di coalizione tra socialdemocratici, verdi e liberali è messo nero su bianco che la CoFoE “dovrebbe portare a una Convenzione costituzionale e gettare le basi per lo sviluppo di un’Europa federale”. Il Governo di Berlino non ha ancora completato il primo giro di boa dei sei mesi al potere e sta parallelamente affrontando questioni esistenziali come il superamento della sua tradizionale postura nei confronti della Russia, ma è anche sulla capacità di far avanzare l’integrazione Ue in un’ora di cambiamenti epocali che sarà giudicato.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di maggio/giugno di eastwest.
Puoi acquistare la rivista in edicola o abbonarti.
La CoFoE è stata una prima assoluta per Bruxelles, che ha così sperimentato − non senza difficoltà logistiche, metodologiche e politiche − l’integrazione del già caotico panorama multilivello dando la parola agli europei: a tutti, attraverso la piattaforma digitale multilingue futureu.europa.eu, e selezionando a caso un gruppo di 800 cittadini rappresentativi della diversità della popolazione Ue in termini di origine geografica, età, genere, contesto socio-economico e livello di istruzione, per partecipare ai quattro panel dedicati (“Economia, lavoro, cultura, istruzione, digitale”; “Democrazia, valori, sicurezza”; “Cambiamento climatico e ambiente”; “Ue nel mondo e migrazione”). Tanto nella plenaria della CoFoE quanto nei gruppi di lavoro orizzontali, poi, una delegazione di 80 cittadini dei quattro panel si è trovata accanto ai rappresentanti indicati dal Parlamento europeo (108), dal Consiglio (54), dalla Commissione (3) e da tutti i Parlamenti nazionali dei Ventisette (108), a cui aggiungere anche il presidente del Forum europeo dei giovani e quelli dei panel di cittadini tenutisi a livello nazionale (27).