Una distensione dei rapporti tra i due Paesi sarebbe molto vantaggiosa per gli Stati Uniti in funzione anti-cinese e per tenere a bada la Corea del Nord. E ora, con l’elezione di Yoon Suk-yeol, potrebbe esserci una svolta
Mercoledì, a margine del summit della Nato a Madrid, c’è stato un incontro tra il Presidente degli Stati Uniti, quello della Corea del Sud e il Primo Ministro del Giappone. Era dal 2017 – peraltro sempre a lato di un altro grande evento internazionale: una sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite – che i leader di questi tre Paesi non si riunivano insieme. La Casa Bianca ha per l’appunto definito “storico” il vertice, la cui importanza però va al di là della sua rarità e delle tipiche espressioni enfatiche dei comunicati.
La crisi tra Giappone e Corea del Sud
Le relazioni tra il Giappone e la Corea del Sud sono in crisi da tempo per motivi che affondano nella storia della dominazione coloniale giapponese, dal 1910 al 1945. È una crisi che si è sviluppata attraverso richieste di risarcimento alle “schiave del sesso” sudcoreane, visite a un controverso santuario scintoista e dispute su un gruppo di isolette (le Dokdo o rocce di Liancourt). E che ha portato nel concreto – tra le altre cose – all’imposizione di restrizioni al commercio di materiali critici e alla sospensione di un accordo per la condivisione di intelligence. Inevitabilmente, i contatti bilaterali formali tra i capi politici di Tokyo e Seul ne hanno risentito.
La svolta (forse) di Yoon
Con l’elezione di Yoon Suk-yeol a Presidente della Corea del Sud, però, qualcosa potrebbe essere cambiata. Yoon è un conservatore e, com’è tipico per il suo partito, ha detto di voler lavorare al rafforzamento dei rapporti con gli Stati Uniti e il Giappone: generalmente, quando al potere ci sono invece i democratici (lo era l’ex Presidente Moon Jae-in), le relazioni tra Seul e Tokyo si fanno più ostili. A favorire l’eventuale – per quanto complesso – riavvicinamento, c’è il fatto che pure il Governo giapponese è guidato da un conservatore: il Primo Ministro Fumio Kishida, del Partito liberal-democratico, ma non è una novità.
Una distensione tra Giappone e Corea del Sud sarebbe inoltre molto vantaggiosa per gli Stati Uniti, che hanno interesse a compattare i loro due principali alleati asiatici in funzione della competizione con la Cina. E della gestione della Corea del Nord, che finora quest’anno ha già lanciato trentuno missili balistici, contro i venticinque (fu un record) dell’intero 2019.
Gestire Pyongyang, insieme
A questo proposito, Kishida ha detto che l’irrobustimento della cooperazione tra Giappone, Stati Uniti e Corea del Sud è fondamentale per tenere sotto controllo il regime di Pyongyang, che pare si stia preparando al test di un’arma nucleare: sarebbe il primo dal 2017. La politica nordcoreana dell’ex-presidente Moon puntava alla distensione; Yoon, invece, promette maggiore durezza, il che potrebbe agevolare l’allineamento con la dottrina per la sicurezza regionale del Giappone di Kishida.
Yoon e Kishida, assieme al Presidente americano Joe Biden, concordano sul fatto che il programma nucleare di Pyongyang metta a rischio non soltanto la sicurezza della penisola coreana, ma anche quella dell’Asia orientale e del mondo intero. Il Primo Ministro giapponese, in particolare, ha dichiarato che “le capacità di deterrenza delle alleanze tra Giappone, Stati Uniti e Repubblica di Corea [il nome ufficiale della Corea del Sud, ndr] devono essere aggiornate come parte dello sforzo essenziale per rafforzare la partnership trilaterale”.
Le relazioni tra il Giappone e la Corea del Sud sono in crisi da tempo per motivi che affondano nella storia della dominazione coloniale giapponese, dal 1910 al 1945. È una crisi che si è sviluppata attraverso richieste di risarcimento alle “schiave del sesso” sudcoreane, visite a un controverso santuario scintoista e dispute su un gruppo di isolette (le Dokdo o rocce di Liancourt). E che ha portato nel concreto – tra le altre cose – all’imposizione di restrizioni al commercio di materiali critici e alla sospensione di un accordo per la condivisione di intelligence. Inevitabilmente, i contatti bilaterali formali tra i capi politici di Tokyo e Seul ne hanno risentito.