È iniziata la 69esima sessione ordinaria della Commissione africana sui diritti umani e dei popoli. Human Rights Watch coglie l’occasione per sollecitare l’Unione africana ad affrontare urgentemente l’aggravarsi della crisi dei diritti umani nel continente
Lunedì scorso a Banjul, capitale del Gambia, sono cominciati i lavori della 69esima sessione ordinaria della Commissione africana sui diritti dell’uomo e dei popoli (ACHPR), che si concluderanno il prossimo 5 dicembre.
L’ACHPR è stata istituita dall’Assemblea dei capi di Stato e di Governo dell’allora Organizzazione dell’Unione africana (dal luglio 2001 divenuta Unione africana) come organo competente a promuovere e assicurare la tutela dei diritti fondamentali e di quelli dei popoli africani.
L’ultima sessione ordinaria dell’ACHPR di quest’anno giunge in un momento critico in cui la pandemia di Covid-19 ha messo in luce evidenti disuguaglianze economiche, nonché i deboli sistemi di protezione sociale dei Governi africani, che non riescono a garantire un tenore di vita migliore per le fasce più povere della popolazione.
Il nuovo report di Human Rights Watch
Nel frattempo, come evidenziato da un nuovo report di Human Rights Watch (HRW), molte altre sfide umanitarie sono sempre presenti, mentre gli Stati membri dell’Unione africana (Ua) continuano ad anteporre la politica ai diritti umani, ampliando il divario tra gli organi politici dell’organizzazione continentale e le istituzioni africane impegnate nella salvaguardia dei diritti umani. Un approccio che, secondo Carine Kaneza Nantulya, direttrice della difesa dell’Africa presso HRW, minaccia di annullare decenni di duro lavoro e progressi sulla delicata tematica nel continente.
Nantulya non perde l’occasione per sollecitare gli Stati membri dell’Unione africana ad affrontare con urgenza il deteriorarsi della situazione dei diritti umani e il deficit democratico che colpisce il continente, con particolare attenzione rivolta all’Etiopia. Secondo la direttrice della difesa dell’Africa per HRW, l’Ua dovrebbe invece allinearsi e mettere in pratica le raccomandazioni della Commissione africana sottoposte all’attenzione degli Stati membri, nell’ambito di un’agenda sui diritti umani incentrata sulla tutela delle persone.
In particolare, di fronte all’intensificarsi e all’allargarsi dei combattimenti nella regione del Tigrè, dove il 4 novembre 2020, il Governo federale etiope ha iniziato un violento conflitto, che con ogni probabilità è già stato segnato da numerosi crimini di guerra e contro l’umanità.
Per questo, è molto importante che l’Ua dimostri il proprio impegno a far rispettare gli obblighi degli Stati membri sulla base dei suoi rigorosi standard sui diritti umani. A questo proposito, la decisione del Consiglio per la pace e la sicurezza di invitare il Presidente dell’Ua a fornire aggiornamenti periodici sulla crisi, offre l’opportunità di riferire pubblicamente sugli sforzi regionali per evitare ulteriori atrocità e punire i responsabili.
Su quest’ultimo punto, l’Ong newyorchese non ha risparmiato le critiche al Consiglio per la pace e la sicurezza dell’organizzazione panafricana, che nonostante le crescenti tensioni, lo stato di emergenza nazionale approvato dal Parlamento etiope e il blocco umanitario illegale messo in atto delle autorità locali, ha aspettato più di un anno per lanciare l’allarme e chiedere al Presidente dell’Ua di fornire aggiornamenti periodici sulla crisi.
Governance e stato di diritto
A tale proposito, il Consiglio dovrebbe anche continuare a sostenere il lavoro della Commissione d’inchiesta sugli abusi commessi nel conflitto del Tigrè, istituita dall’ACHPR e invitare i commissari a relazionare al Consiglio al termine dell’indagine.
Da parte sua, il Governo etiope, ha criticato l’ACHPR per aver istituito la Commissione d’inchiesta e ha invece chiesto di avviare un’indagine congiunta nel Tigrè con la Commissione statale etiope per i diritti umani (EHRC). L’ACHPR ha però respinto questa richiesta, argomentando che un’indagine congiunta in un conflitto in cui il Governo è direttamente coinvolto altererebbe l’indipendenza della Commissione d’inchiesta.
L’Atto costitutivo dell’Ua e la Carta africana per la democrazia, le elezioni e la governance contengono diverse disposizioni che possono essere applicate per condannare i cambiamenti di regime incostituzionali e gli emendamenti costituzionali controversi, che possono violare i principi democratici di un Governo. Strumenti legali estremamente importanti per mitigare la recrudescenza dei colpi di Stato militari e il loro impatto negativo sulla democrazia e sui diritti umani in tutta l’Africa.
Human Rights Watch obietta che l’Ua abbia applicato in modo incoerente entrambi gli strumenti. Infatti, ha prontamente sospeso il Sudan da tutte le attività dell’organizzazione, dopo il colpo di Stato militare del 25 ottobre; mentre alla fine di aprile non ha intrapreso azioni simili nei confronti del Ciad, dopo il golpe messo in atto dal generale Mahamat Idriss Déby, detto Kaka.
In quest’ultimo caso, l’ACHPR si è limitato a condannare le forze di sicurezza del Ciad per l’uso eccessivo della forza contro manifestanti pacifici, che chiedevano la fine della requisizione del potere da parte del Consiglio militare di transizione (CMT), guidato da Kaka.
Assai debole è stato anche l’effetto del richiamo del Consiglio per la pace e la sicurezza compiuto in una sessione aperta nel maggio 2014 per adottare “tolleranza zero contro politiche e azioni perseguite con mezzi incostituzionali per rovesciare sistemi oppressivi”. In pratica, gli organi politici dell’Ua spesso tacciono sugli abusi dei diritti umani da parte dei Governi, compresi quelli che generano corruzione, disuguaglianza, violazioni dello stato di diritto e dei principi di buon Governo.
Per aiutare a prevenire cambiamenti di Governo incostituzionali e rafforzare le capacità di gestire tali situazioni, l’Ua dovrebbe affrontare attivamente i problemi dei diritti umani alla radice di queste sommosse, come la debolezza della governance, dello stato di diritto, delle istituzioni giudiziarie e la diffusa impunità.
Gli Stati membri dell’Unione africana dovrebbero quindi utilizzare gli strumenti legali a loro disposizione per tutelare le persone, i diritti umani e la democrazia nel continente. Oltre a sostenere apertamente le Commissioni d’inchiesta istituite dall’ACHPR, mettendo così in atto un approccio di cui a lungo termine potrebbe beneficiare tutta l’Africa.
Lunedì scorso a Banjul, capitale del Gambia, sono cominciati i lavori della 69esima sessione ordinaria della Commissione africana sui diritti dell’uomo e dei popoli (ACHPR), che si concluderanno il prossimo 5 dicembre.
L’ACHPR è stata istituita dall’Assemblea dei capi di Stato e di Governo dell’allora Organizzazione dell’Unione africana (dal luglio 2001 divenuta Unione africana) come organo competente a promuovere e assicurare la tutela dei diritti fondamentali e di quelli dei popoli africani.