Target di crescita superiore al 6%, sviluppo rurale e green, innovazione tecnologica, spese militari e riforma elettorale di Hong Kong: ecco cosa si decide alle "Due Sessioni"
Target di crescita superiore al 6%, sviluppo rurale e green, innovazione tecnologica, spese militari e riforma elettorale di Hong Kong: ecco cosa si decide alle “Due Sessioni”
L’anno scorso era maggio inoltrato. Stavolta si è tornati al canonico inizio di marzo. Dopo aver contenuto il Covid e aver fatto ripartire l’economia prima degli altri, la Cina torna alla normale calendarizzazione per il lianghui, le cosiddette “due sessioni“, il suo principale appuntamento legislativo durante il quale si riuniscono la Conferenza Politica Consultiva del Popolo cinese e l’Assemblea Nazionale del Popolo. La prima, le cui riunioni sono cominciate giovedì 4 marzo, è composta da circa 2200 delegati in rappresentanza di varie componenti della società cinese, compresi partiti non comunisti, associazioni di categoria e minoranze etniche: il suo compito è quello di formulare proposte da sottoporre al Governo in varie materie, a partire da quelle economiche. La seconda, che ha preso il via venerdì 5 marzo, è formata da circa tremila delegati e formula, vota e approva le leggi. Tutto (o quasi) è in realtà stato messo a punto nei mesi precedenti, in particolare durante il V Plenum dello scorso ottobre. Ma è in questi dieci giorni che il Partito comunista presenta alla Cina i suoi piani e la Cina presenta i suoi piani al mondo.
Gli obiettivi cinesi
Le “due sessioni” del 2021 sono particolarmente importanti perché Pechino svela i dettagli del suo 14esimo piano quinquennale, con scadenza ufficiale 2025, nonché la sua visione quindicennale per il 2035, potenziale orizzonte politico individuato dal Presidente Xi Jinping nonché punto a metà strada tra il recente raggiungimento dell’obiettivo dell’eliminazione della povertà assoluta e il centenario della Repubblica popolare del 2049. La roadmap del Partito è chiara: leadership economica entro il 2035, completamento della “modernizzazione socialista” e realizzazione di una società “armoniosa” entro il 2049.
Per centrare gli obiettivi la prima parola chiave che emerge dalle “due sessioni” è quella di “prosperità“. Presentando il tradizionale rapporto sul lavoro del Governo, il premier Li Keqiang ha fissato in “oltre il 6%” il target di crescita per il 2021. Anche qui un ritorno al passato dopo che lo scorso anno, a causa della pandemia, si era deciso di non fare numeri. La cifra individuata è in realtà al ribasso rispetto alle previsioni degli analisti che stimano una possibile crescita tra l’8 e il 9%. La novità è che manca invece un target di crescita quinquennale, segno della volontà di avere maggiore flessibilità di fronte alle possibili turbolenze interne e soprattutto esterne. In generale, lo Stato, e dunque il Partito, avrà un ruolo ancora più importante nell’economia. Lo dimostrano il recente caso della mancata IPO di Ant Group, la nuova legge sulla protezione delle informazioni personali (che prevede un maggiore controllo dei colossi tecnologici privati) e lo sviluppo della moneta digitale che sottrarrà spazio alle app di pagamento che dominano il mercato cinese da anni.
L’obiettivo è anche quello di rendere la crescita più sostenibile sul piano economico, con un abbassamento del deficit al 3,2% del Pil, e più omogenea. Lo storico problema della diseguaglianze tra regioni costiere e province interne e più in generale tra centri urbani e campagne è ancora lungi dall’essere stato risolto. Il Governo dichiara di voler creare oltre 11 milioni di nuovi posti di lavoro urbani ma allo stesso tempo pare intenzionato a riformare l’hukou, un sistema di residenza che regola i diritti e l’accesso ai servizi tradizionalmente penalizzante per i migranti interni, sfruttati per lo sviluppo dei vari hub manifatturieri ma di fatto cittadini di serie B. La riforma dovrebbe sveltire e facilitare il raggiungimento dei requisiti per ottenere la residenza. Previsti anche dei tagli alle tasse sugli immobili e misure a sostegno di acquisto e affitto di appartamenti e case, soprattutto per i più giovani. L’intenzione è anche quella di favorire maggiori nascite, visto che all’orizzonte si intravede una crisi demografica che costringerà tra le altre cose ad aumentare in modo graduale l’età pensionabile.
Sviluppo rurale e più “green”
La “prosperità” passa anche attraverso lo sviluppo rurale, altro tema ricorrente durante le “due sessioni”, e uno sviluppo più “green“. La Cina ha annunciato di voler raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060. L’obiettivo del prossimo piano quinquennale è di mantenere il ritmo di riduzione delle emissioni (-18,8%) raggiunto nel precedente quinquennio e di ridurre l’intensità energetica del 13,5%. Sarà aumentata la capacità di produzione di energia nucleare, ma l’utilizzo di combustibili fossilidovrebbe crescere ancora nei prossimi anni.
Settore tecnologico
Come già chiaro da tempo, il traino della crescita cinese è però individuato nel settore tecnologico, in cui nelle “due sessioni” si è ribadito di voler raggiungere l’autosufficienza. Capitolo fondamentale della contesa con gli Stati Uniti, la Cina sta provando da tempo a rendersi autonoma in materia per mettersi al riparo dalle intemperie esterne (come il ban all’export di semiconduttori verso i player cinesi introdotto dall’amministrazione Trump). La spesa in ricerca e sviluppo aumenterà di oltre il 7% ogni anno, in particolare in sette aree strategiche: intelligenza artificiale, informazione quantistica, neuroscienze, biotecnologia, medicina clinica, ricerca spaziale, esplorazione polare, semiconduttori. Da questo elenco emergono attuali punti di forza e punti di debolezza di Pechino, oltre a precisi obiettivi geopolitici. L’attuale vantaggio sulle terre rare dovrà essere mantenuto attraverso lo sviluppo della Polar Silk Road, la rotta polare della Via della Seta che può dare accesso a enormi risorse minerali ed energetiche. Sui semiconduttori invece il ritardo verso i competitor taiwanesi, “arruolati” da Washington, è ancora lontano dall’essere colmato. In linea con la “doppia circolazione” teorizzata da Xi, la Cina vuole rafforzare la produzione interna avanzata mantenendo però aperta la porta ai contributi esterni, ridurre la propria dipendenza dalle esportazioni e sviluppare in senso qualitativo i consumi.
Spesa militare
Tra gli altri punti fondamentali emersi durante le riunioni di questi giorni l’aumento delle spese militari (+6,8% contro il +6,6% del 2020). Una crescita che accelera in modo minimo (+0,2%) ma che, se unita alla riforma della guardia costiera, basta per allarmare i vicini asiatici, viste le tante contese aperte o deflagrate durante gli scorsi mesi: Taiwan e Mar Cinese meridionale, ovviamente, ma anche Senkaku/Diaoyu e il turbolento confine sinoindiano. Li ha insistito sul punto di “prontezza a combattere” per l’Esercito popolare di liberazione, anche perché dalle prime mosse di Joe Biden si intuisce che il principale teatro di contesa globale sarà proprio quello dell’Indo-Pacifico.
Riforma elettorale di Hong Kong
Ma per diventare più forte la Cina deve innanzitutto “sistemare” le questioni interne. A partire da Hong Kong. Durante il lianghui dello scorso anno era stata annunciata la legge sulla sicurezza nazionale che ha di fatto messo fine al modello “un Paese, due sistemi“. Stavolta verrà introdotta una riforma del sistema elettorale di Hong Kong che rischia di escludere completamente l’opposizione democratica dalla vita politica dell’ex colonia britannica. Il capo esecutivo Carrie Lam ha tra l’altro aperto a un possibile nuovo rinvio delle elezioni inizialmente previste per settembre 2020 e poi fissate a settembre 2021. Il processo di normalizzazione e di integrazione di Hong Kong nel sistema cinese verrà portato a compimento.
Quanto accade a Hong Kong porterà inevitabilmente a qualche nuova frizione con l’Occidente, in particolare con gli Stati Uniti, è ormai chiaro, come dimostrato dalla sua diplomazia del vaccino, che Pechino punta tutto sulla cooperazione con il sud del mondo e con i Paesi in via di sviluppo tra Asia, Africa e America Latina. Linea confermata anche dal discorso programmatico di domenica scorsa del Ministro degli Esteri Wang Yi. La ratifica dell’accordo sulla Regional Comprehensive Economic Partnership (il mega accordo commerciale che include anche Giappone, Corea del sud, Australia, Nuova Zelanda e i 10 Paesi Asean) ribadisce ancora una volta: la Cina vuole essere pronta a fare (quasi) da sola, o meglio senza Occidente, ma continuerà a proporsi come alfiere del multilateralismo.
L’anno scorso era maggio inoltrato. Stavolta si è tornati al canonico inizio di marzo. Dopo aver contenuto il Covid e aver fatto ripartire l’economia prima degli altri, la Cina torna alla normale calendarizzazione per il lianghui, le cosiddette “due sessioni“, il suo principale appuntamento legislativo durante il quale si riuniscono la Conferenza Politica Consultiva del Popolo cinese e l’Assemblea Nazionale del Popolo. La prima, le cui riunioni sono cominciate giovedì 4 marzo, è composta da circa 2200 delegati in rappresentanza di varie componenti della società cinese, compresi partiti non comunisti, associazioni di categoria e minoranze etniche: il suo compito è quello di formulare proposte da sottoporre al Governo in varie materie, a partire da quelle economiche. La seconda, che ha preso il via venerdì 5 marzo, è formata da circa tremila delegati e formula, vota e approva le leggi. Tutto (o quasi) è in realtà stato messo a punto nei mesi precedenti, in particolare durante il V Plenum dello scorso ottobre. Ma è in questi dieci giorni che il Partito comunista presenta alla Cina i suoi piani e la Cina presenta i suoi piani al mondo.
Gli obiettivi cinesi
Le “due sessioni” del 2021 sono particolarmente importanti perché Pechino svela i dettagli del suo 14esimo piano quinquennale, con scadenza ufficiale 2025, nonché la sua visione quindicennale per il 2035, potenziale orizzonte politico individuato dal Presidente Xi Jinping nonché punto a metà strada tra il recente raggiungimento dell’obiettivo dell’eliminazione della povertà assoluta e il centenario della Repubblica popolare del 2049. La roadmap del Partito è chiara: leadership economica entro il 2035, completamento della “modernizzazione socialista” e realizzazione di una società “armoniosa” entro il 2049.
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