La scelta è sostanzialmente tra l’attuale Presidente populista Bolsonaro e il sindacalista di sinistra Lula da Silva. Ma l’attenzione è focalizzata sui loro rispettivi passati, più che sui programmi sul futuro del Paese
Domenica in Brasile si è tenuto il primo turno delle elezioni generali, che andranno a eleggere il Congresso nazionale (ovvero l’assemblea legislativa) e il Presidente, tra le altre cose. I candidati presenti sulla scheda sono undici, ma la scelta è sostanzialmente tra due: tra l’attuale Presidente Jair Bolsonaro, un populista di estrema destra, e l’ex Presidente Luiz Inácio Lula da Silva, un sindacalista di sinistra che governò il Paese tra il 2003 e il 2011, in un periodo di grande crescita economica, per venire poi arrestato per corruzione e infine scagionato.
Diversi storici e analisti considerano quest’elezione come la più importante della storia brasiliana da decenni: sia perché i due candidati principali hanno visioni di sviluppo praticamente opposte, sia – soprattutto – perché in ballo potrebbe esserci la salute delle istituzioni democratiche e la tenuta del sistema stesso. Bolsonaro vuole vendere la società petrolifera statale, aprire nuove aree dell’Amazzonia all’estrazione mineraria, allentare le regole sul possesso di armi e introdurre valori sociali più conservatori, scrive il New York Times: il suo motto è “Dio, famiglia, patria e libertà”. Lula, invece, vuole alzare le tasse sui ceti ricchi in modo da finanziare i servizi sociali per quelli più poveri, migliorare l’accesso al cibo, aumentare il numero di alloggi e il salario minimo.
Il passato dei due candidati
Più che sui piani per il futuro dei due candidati, però, gli elettori brasiliani si sono focalizzati sui loro rispettivi passati: sulla condanna per corruzione di Lula (annullata per mancanza di imparzialità da parte del tribunale che lo aveva giudicata) e sugli attacchi di Bolsonaro ai rivali politici, ai magistrati e ai giornalisti.
Bolsonaro, inoltre, ha messo in discussione la sicurezza del sistema di voto elettronico brasiliano, sostenendo – senza prove – che sia vulnerabile ai brogli e che i sostenitori di Lula abbiano intenzione di truccare il risultato. Nei mesi scorsi anche le forze armate avevano espresso dei dubbi sul sistema, facendo temere per un loro schieramento in sostegno dell’attuale Presidente nel caso in cui dovesse perdere le elezioni e rifiutarsi di accettare la sconfitta. Nelle ultime settimane, però, i militari hanno trovato un accordo con i funzionari elettorali per modificare i test delle macchine per il voto, ritirando le loro perplessità. Stando a due anonimi funzionari dell’esercito sentiti dal New York Times, le forze armate brasiliane non offriranno supporto a Bolsonaro qualora dovesse contestare l’esito elettorale.
Giovedì, nel corso dell’ultimo dibattito tra i candidati presidenziali prima del voto, a Bolsonaro è stato chiesto se avrebbe accettato i risultati delle elezioni: non ha risposto. Il giorno prima il suo partito, il Partito liberale, ha rilasciato un documento di due sole pagine per dire – senza prove – che alcuni dipendenti appaltatori del Governo hanno il “potere assoluto di manipolare i risultati delle elezioni senza lasciare traccia”.
I sondaggi
I sondaggi danno in vantaggio Lula. Se nessun candidato otterrà più del 50% dei voti, si andrà al ballottaggio il 30 ottobre prossimo. Qualora l’ex Presidente dovesse vincere al primo turno, potrebbe farlo però con un margine molto ridotto, che darebbe ai sostenitori di Bolsonaro – il 75% di loro dice di avere scarsa o nessuna fiducia nel sistema elettorale – l’occasione per parlare di frode e contestare il risultato.
Una vittoria di Lula, comunque, potrebbe avere delle ripercussioni anche in politica estera. Innanzitutto, andrebbe a rafforzare lo spostamento a sinistra dell’America latina: dal 2018 ben sei delle sette nazioni più grandi della regione hanno eletto leader di sinistra. E andrebbe, inoltre, a intaccare il movimento internazionale del populismo di estrema destra: Bolsonaro ne è uno dei rappresentanti principali assieme all’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, suo alleato e sostenitore che ha contestato il risultato delle elezioni presidenziali americane del 2020.
Diversi storici e analisti considerano quest’elezione come la più importante della storia brasiliana da decenni: sia perché i due candidati principali hanno visioni di sviluppo praticamente opposte, sia – soprattutto – perché in ballo potrebbe esserci la salute delle istituzioni democratiche e la tenuta del sistema stesso. Bolsonaro vuole vendere la società petrolifera statale, aprire nuove aree dell’Amazzonia all’estrazione mineraria, allentare le regole sul possesso di armi e introdurre valori sociali più conservatori, scrive il New York Times: il suo motto è “Dio, famiglia, patria e libertà”. Lula, invece, vuole alzare le tasse sui ceti ricchi in modo da finanziare i servizi sociali per quelli più poveri, migliorare l’accesso al cibo, aumentare il numero di alloggi e il salario minimo.