In ginocchio lo stato di Rio Grande do Sul: 90 vittime, 200.000 sfollati dopo una settimana di piogge in una delle zone più produttive del paese. Lula prepara la ricostruzione e riafferma l’impegno contro il cambiamento climatico.
Le forti piogge registrate nello Stato di Río Grande Do Sul, nel Brasile meridionale, tra Argentina e Uruguay, si sono trasformate in tragedia. Dal 29 aprile scorso si è abbattuto senza sosta un nubifragio che ha interessato il 78% dei municipi dello stato secondo l’ultimo report della Difesa Civile.
1,4 milioni di persone hanno subito perdite a causa dell’evento climatico estremo. Le vittime ufficiali sono 90, 132 i dispersi, 361 i feriti e gli sfollati superano le 200.000 persone. L’aeroporto di Porto Alegre, la capitale dello stato dove risiedono 1,4 milioni di persone, è chiuso dal fine settimana, e la maggior parte delle vie di comunicazione sono bloccate. Si teme per i saccheggi, già cominciati in alcune zone popolose della capitale, e l’espansione di malattie dovute alle difficili condizioni sanitarie e le difficoltà per raggiungere i centri ospedalieri.
I danni dal punto di vista economico sono ancora difficili da calcolare. Rio Grande do Sul è il quinto stato brasiliano per contributo al Pil nazionale, superato solo da São Paulo, Río de Janeiro, Minas Gerais e Paraná. Gli economisti del JP Morgan, sebbene abbiano sostenuto che l’impatto sulla crescita globale del Brasile non è considerevole, hanno avvertito di un possibile aumento dei prezzi del riso, di cui lo stato di Rio Grande do Sul è il primo produttore nazionale, che potrebbe spingere al rialzo l’inflazione in tutto il paese. Secondo la Confederazione Nazionale di Municipi, i danni in solo 36 dei più di 400 comuni dello stato sommano già quasi 100 milioni di euro. Il presidente Lula da Silva ha sorvolato le zone colpite dal nubifragio e ha annunciato investimenti straordinari per la ricostruzione. “Il Brasile deve molto a Rio Grande do Sul, è uno stato molto importante dal punto di vista artistico, culturale, lavorativo e della nostra cultura. Quello che faremo è restituire a Rio Grande do Sul ciò che merita per poter andare avanti con la sua vita”, ha affermato Lula in conferenza stampa, dopo aver presentato in parlamento un decreto per la dichiarazione della catastrofe e l’invio immediato di un pacchetto straordinario di aiuti.
I disastri climatici in Brasile non sono certo nuovi, ma negli ultimi anni hanno visto un enorme incremento. Nel febbraio del 2022 la caduta di oltre 530mm di pioggia in 24 ore ha praticamente distrutto la città di Petrópolis, nello stato di Río de Janeiro, causando la morte di 230 persone. A marzo del 2023 gli stati del nordest sono stati colpiti da piogge senza precedenti che hanno provocato centinaia di migliaia di sfollati. Solo qualche mese fa il Brasile era sui giornali di tutto il mondo a causa delle temperature da record registrate nell’ultima estate: 45º a Río de Janeiro e altre città del centro-nord. E proprio il Rio Grande do Sul era stato colpito da diversi mesi di siccità che hanno messo in grave pericolo il raccolto di mais e di soia di inizio anno.
Secondo il Sistema Integrato di Informazione di Disastri, dal 2003 a oggi sono state registrate 27.459 dichiarazioni di emergenza dovute a fattori climatici, e 574 casi dichiarati come calamità naturali, la maggior parte concentrati nella regione del nordest, mentre solo l’11,7% corrispondono a casi registrati nel Río Grande do Sul. Si calcola che in Brasile i profughi interni dovuto a disastri climatici hanno superato i 700.000 nel 2022.
Una situazione che ha già fatto suonare i campanelli d’allarme in tutto il mondo, essendo il Brasile la principale potenza economica dell’America Latina e uno dei principali fornitori di materie prime a livello globale. Secondo un recente studio dell’OSCE, il cambiamento climatico costa ogni anno al paese l’1,3% del prodotto interno lordo. Il 55% delle perdite riguarda le infrastrutture di trasporto, il 44% l’approvvigionamento energetico e il 2% l’approvvigionamento idrico.
L’OSCE sottolinea che la questione idrica è particolarmente sensibile per il sistema economico brasiliano: due terzi del sistema elettrico del paese infatti dipendono dalle centrali idroelettriche. Gli effetti di allagamenti e siccità sono molto duri anche nell’ambito alimentare, uno dei settori di punta dell’export brasiliano. L’indice della produzione agricola a livello nazionale è calato del 5,2 % nel primo trimestre del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021 a causa di una diminuzione della produzione di soia e mais dovuta all’emergenza idrica.
La situazione del Brasile risulta particolarmente eccezionale proprio a causa della sua esuberante geografia, e l’azione dell’essere umano su di essa. La distruzione della Selva Amazzonica (il 12% della superficie originale è stato disboscato nell’ultimo mezzo secolo) ha ridotto drasticamente la produzione di ossigeno nella regione centro settentrionale del paese, causando così l’aumento della temperatura generale nel centro e sulle coste brasiliane, che a loro volta causano l’alternanza di lunghi periodi di siccità ed altri brevi di intense precipitazioni.
Tutto questo, sommato al fenomeno de El Niño, che aumenta la temperatura delle acque dell’Atlantico sudamericano, ha alimentato un cocktail fatale che è evidente nelle immagini devastanti di Rio Grande do Sul di questi giorni.
Una situazione che ha già portato il governo brasiliano ad assumere un ruolo di primo piano nei summit internazionali legati al cambiamento climatico. La prossima Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), si svolgerà nel 2025 a Belêm, in piena Amazzonia, e il governo Lula si è impegnato a ricavarne risultati concreti per la lotta al cambiamento climatico, uno dei capisaldi della politica estera del suo terzo mandato.
Le forti piogge registrate nello Stato di Río Grande Do Sul, nel Brasile meridionale, tra Argentina e Uruguay, si sono trasformate in tragedia. Dal 29 aprile scorso si è abbattuto senza sosta un nubifragio che ha interessato il 78% dei municipi dello stato secondo l’ultimo report della Difesa Civile.
1,4 milioni di persone hanno subito perdite a causa dell’evento climatico estremo. Le vittime ufficiali sono 90, 132 i dispersi, 361 i feriti e gli sfollati superano le 200.000 persone. L’aeroporto di Porto Alegre, la capitale dello stato dove risiedono 1,4 milioni di persone, è chiuso dal fine settimana, e la maggior parte delle vie di comunicazione sono bloccate. Si teme per i saccheggi, già cominciati in alcune zone popolose della capitale, e l’espansione di malattie dovute alle difficili condizioni sanitarie e le difficoltà per raggiungere i centri ospedalieri.