Manca poco alle elezioni in Israele e finora nessun partito possiede i numeri per governare. Netanyahu sa che un eventuale successo dovrà passare attraverso gli arabi
Manca poco alle elezioni in Israele e finora nessun partito possiede i numeri per governare. Netanyahu sa che un eventuale successo dovrà passare attraverso gli arabi
A una settimana dalle elezioni politiche in Israele, le quarte in due anni, ancora nessun partito o coalizione, secondo gli ultimi sondaggi diffusi nel Paese, ha la maggioranza per governare. Sondaggi che però riservano sorprese: se da un lato il Likud del premier Benjamin Netanyahu perde consensi rispetto al numero di seggi conquistati nell’ultima elezione di aprile, Netanyahu risulta vincente in tutti gli scontri diretti per il premierato. Ma, per arrivarci, dovrà realisticamente lavorare molto diplomaticamente per assicurarsi sostegni anche da suoi acerrimi nemici. Ma la politica, e la storia recente di Israele lo ha dimostrato, riserva sempre sorprese e nonostante il crollo di consensi al suo partito e i problemi non irrisori di politica internazionale, Netanyahu dovrebbe farcela.
Gli ultimi sondaggi
Secondo gli ultimi sondaggi diffusi da Channel 12 e Channel 11, il partito di Netanyahu è salito a 30 seggi, dopo aver toccato 26 seggi, in discesa rispetto ai 36 ottenuti lo scorso marzo. A settembre del 2019, il Likud era arrivato a 32 seggi mentre nelle elezioni precedenti di aprile dello stesso anno, aveva ottenuto 35 seggi. Colpisce quindi il calo del partito, che paga la fuoriuscita di un pezzo grosso come Gideon Sa’ar, per molto tempo considerato il delfino di Netanyahu, e che con il suo neonato partito New Hope si attesta sui 10 seggi. Improbabile che questi possa sostenere il più longevo premier nella storia di Israele, per un altro mandato. L’unica possibilità per Netanyahu pare essere ottenere l’appoggio di Naftali Bennet, l’ex Ministro della Difesa che ha rotto in passato con Netanyahu e che è a capo della coalizione di destra Yamina. Channel 12 gli da 10 seggi, ma Channel 11 al partito di Bennet assegna due seggi in più che, uniti a quelli dei partiti religiosi Shah e United Torah in Judaism, farebbero arrivare questo gruppo a 62 seggi, uno in più della maggioranza dei 120 parlamentari della Knesset, necessari per ottenere l’incarico.
Ma è tutto molto precario e i numeri differiscono, seppur di poco, in maniera sostanziale, perché l’acquisto o la perdita di un seggio potrebbe determinare la maggioranza. Lo stesso problema ce l’hanno anche i partiti di destra che si oppongono a Netanyahu, da quello di Sa’ar a quello dei russofoni guidati da Avigdor Liberman. Anche qui, con l’appoggio di Bennet, non si riuscirebbe ad arrivare alla maggioranza.
Il centrosinistra
Fuori dai giochi, almeno di improbabili accordi e sorprese, il gruppo di centrosinistra. Se infatti il partito Laburista, che però non è sicuro, come non lo è l’altro partito di sinistra, Meretz, di superare la soglia di sbarramento del 3,25%, ha annunciato che sosterrà il candidato centrista Yair Lapid e il suo Yesh Atid, questi, raggranellando tutto, arriverebbe a 58 seggi. Lapid, ex giornalista, è stato il fondatore, insieme a Benny Gantz, della coalizione Blu e Bianco ed è diventato il capo dell’opposizione quando l’ex generale ha accettato di entrare nel Governo con Netanyahu e di cadere nella trappola del premierato a turno. Allo stato attuale, Gantz è fuori da qualsiasi gioco e Lapid deve contare sul supporto di tutti, in chiave anti Netanyahu. Anche della lista araba, che lo stesso premier ha contribuito a scindere. Dai quattro partiti originari, tre sono rimasti compatti contro Netanyahu, mentre uno, Ra’am, si è detto disponibile a sostenerne un nuovo Governo del Likud se questi si impegna veramente nel migliorare le condizioni di vita degli arabi-israeliani. Proprio per questo, Netanyahu ha indirizzato più volte la sua campagna elettorale e le sue visite alle città a maggioranza araba. Ma Ra’am si è resa disponibile a sostenere anche Lapid, mentre gli altri partiti arabi non vogliono sentire assolutamente parlare di un altro Governo Netanyahu.
Intanto, alla domanda su chi fosse più adatto a essere il Primo Ministro, il 37% degli intervistati ha risposto Netanyahu, il 21% Lapid, il 10% il capo di Yamina Naftali Bennett e il 9% Gideon Sa’ar, il capo di New Hope. Il successo di Netanyahu deriva dal fatto che sono in molti quelli che considerano buona la sua gestione della pandemia.
L’appoggio degli arabi
Netanyahu sa che il successo passa attraverso gli arabi e così ha cercato di fare di tutto per accreditarsi verso i Paesi arabi. La settimana scorsa sarebbe dovuto volare negli Emirati Arabi Uniti, la prima visita dopo la firma l’anno scorso degli accordi di Abramo, ma ha dovuto rimandare la visita per un problema con la Giordania. Questa infatti, dopo che la delegazione del principe ereditario si era vista rifiutare l’ingresso da Israele al confine per la presenza di più agenti di scorta con conseguente ritorno indignato ad Amman, ha impedito il sorvolo dello spazio aereo agli aerei israeliani. Cosa che poi ha fatto anche Israele sul proprio spazio aereo per gli aerei giordani. Netanyahu ha quindi annunciato, dopo che la visita è stata cancellata quattro volte, che sarebbe andato giovedì negli Emirati, ma da Abu Dhabi hanno espresso tutta la loro irritazione perché considerano la visita uno spot elettorale di Netanyahu e non vogliono essere trascinati in questa contesa.
Venerdì saranno pubblicati gli ultimi sondaggi e martedì sarà l’Election Day, che non promette, ancora una volta, stabilità al Paese.
Manca poco alle elezioni in Israele e finora nessun partito possiede i numeri per governare. Netanyahu sa che un eventuale successo dovrà passare attraverso gli arabi
A una settimana dalle elezioni politiche in Israele, le quarte in due anni, ancora nessun partito o coalizione, secondo gli ultimi sondaggi diffusi nel Paese, ha la maggioranza per governare. Sondaggi che però riservano sorprese: se da un lato il Likud del premier Benjamin Netanyahu perde consensi rispetto al numero di seggi conquistati nell’ultima elezione di aprile, Netanyahu risulta vincente in tutti gli scontri diretti per il premierato. Ma, per arrivarci, dovrà realisticamente lavorare molto diplomaticamente per assicurarsi sostegni anche da suoi acerrimi nemici. Ma la politica, e la storia recente di Israele lo ha dimostrato, riserva sempre sorprese e nonostante il crollo di consensi al suo partito e i problemi non irrisori di politica internazionale, Netanyahu dovrebbe farcela.
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