I due leader non si vedono dal vertice Nato di giugno a Madrid. L’incontro servirà a discutere delle relazioni bilaterali, di armamenti americani e delle guerre in Ucraina e in Siria
Le diplomazie statunitense e turca stanno lavorando a un possibile incontro fra i rispettivi Presidenti Joe Biden e Recep Tayyip Erdogan. Si terrà forse verso la fine di settembre a Washington, e servirà a discutere delle relazioni tra la Turchia e la Russia, di armamenti americani e delle guerre in Ucraina e in Siria.
Erdogan e Biden si sono incontrati l’ultima volta a giugno, ai margini del vertice di Madrid della Nato. In quell’occasione il Presidente turco ha ritirato il suo veto per l’ingresso di Finlandia e Svezia nell’alleanza: una decisione contraria agli interessi di Mosca, ostile all’allargamento del Patto atlantico di cui Ankara invece fa parte. Ciononostante, la politica estera di Erdogan tiene poco conto dei vincoli dell’alleanza e punta molto sul coordinamento proprio con la Russia di Vladimir Putin per realizzare i propri obiettivi anti-curdi in Siria. Viceversa, attraverso Erdogan Putin riesce a insidiare l’unità e le politiche della Nato, oltre a garantirsi un acquirente per gli idrocarburi russi.
Pur essendosi opposta all’invasione dell’Ucraina, dato l’importante interscambio commerciale, la Turchia non si è allineata agli Stati Uniti e all’Europa nell’imporre sanzioni alla Russia, preferendo portare avanti le relazioni politiche, economiche ed energetiche con Mosca.
Alla fine del vertice Nato di Madrid, Biden dichiarò che gli Stati Uniti erano favorevoli alla vendita alla Turchia di aerei da caccia F-16, costruiti da Lockheed Martin. Le discussioni potrebbero riprendere durante l’eventuale riunione con Erdogan. Ma la transazione non può realizzarsi senza l’approvazione del Congresso americano, non particolarmente amichevole nei confronti del governo turco: negli anni scorsi, infatti, Ankara ha acquistato sistemi di difesa missilistica russi (gli S-400) incompatibili con gli armamenti Nato; di conseguenza, è stata sanzionata ed esclusa dal programma sui più avanzati caccia F-35.
Stati Uniti e Turchia sono distanti anche sulla linea da tenere nei confronti delle Unità di protezione popolare (YPG), la milizia a maggioranza curda attiva nel nord della Siria che è stata alleata di Washington nella lotta allo Stato islamico, ma che Ankara considera un gruppo terroristico. “Ora si può aprire una nuova pagina in Siria e gli Stati Uniti devono prendere provvedimenti in questo contesto. Allo stesso modo, la minaccia delle YPG deve essere ben valutata. Alcuni funzionari statunitensi ne sono consapevoli”, ha detto un funzionario turco all’agenzia Reuters.
Nei piani di Erdogan c’è la creazione di una “zona di sicurezza” che parte dalla frontiera turca e si estende in territorio siriano per 30 chilometri, avvicinandosi alle zone delle forze russe e filo-iraniane presenti nel Paese. L’obiettivo principale di Ankara è creare una sorta di “cuscinetto” tra sé e i curdi – percepiti come una minaccia alla propria integrità statale –, in modo da spezzare qualsiasi continuità tra le YPG e il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), un’organizzazione dalle aspirazioni autonomistiche-indipendentistiche giudicata terroristica.
Erdogan e Biden si sono incontrati l’ultima volta a giugno, ai margini del vertice di Madrid della Nato. In quell’occasione il Presidente turco ha ritirato il suo veto per l’ingresso di Finlandia e Svezia nell’alleanza: una decisione contraria agli interessi di Mosca, ostile all’allargamento del Patto atlantico di cui Ankara invece fa parte. Ciononostante, la politica estera di Erdogan tiene poco conto dei vincoli dell’alleanza e punta molto sul coordinamento proprio con la Russia di Vladimir Putin per realizzare i propri obiettivi anti-curdi in Siria. Viceversa, attraverso Erdogan Putin riesce a insidiare l’unità e le politiche della Nato, oltre a garantirsi un acquirente per gli idrocarburi russi.