Il polemista di estrema destra è coinvolto in un processo con l’accusa di istigazione all’odio razziale: è la quindicesima volta che finisce in tribunale a causa delle sue parole. Alle prossime elezioni presidenziali potrebbe persino essere preferito alla ormai più moderata Marine Le Pen
Eric Zemmour, il giornalista, autore, polemista di destra la cui ombra aleggia sulle presidenziali francesi del prossimo aprile, continua a far parlare di sé. Si è aperto a Parigi un processo nel quale Zemmour si difende dall’accusa di istigazione all’odio razziale.
Si tratta della quindicesima volta che finisce in tribunale a causa delle sue parole, in due occasioni è stato condannato. La ragione sono le parole pronunciate durante un dibattito nel programma “Face à l’info” sui minori non accompagnati. Come in molte altre occasioni Zemmour si era lasciato andare a una tirata sostenendo: “Non hanno posto qui, sono ladri, sono assassini, stupratori, non sono altro, devono essere rimandati indietro e non devono nemmeno venire”.
Secondo gli avvocati che lo difendono, il candidato in pectore che potrebbe azzoppare Marine Le Pen e le sue possibilità di giungere al secondo turno delle presidenziali non ha fatto altro che esprimere le stesse preoccupazioni che le stesse istituzioni francesi hanno sulla delinquenza minorile; la sua colpa è solo di aver usato parole diverse, più esplicite e dirette.
Diverse associazioni anti razziste si sono costituite parte civile nel processo, mentre i sostenitori, il gruppo giovanile denominato Generation Z(emmour) che spinge per una sua candidatura all’Eliseo, avevano convocato un presidio davanti al tribunale.
Le parole per le quali il polemista di destra è a giudizio venivano dopo un accoltellamento nei pressi dei locali del Bataclan, dove il 13 novembre di sei anni fa un commando islamista uccideva 90 persone (altre 40 morirono in altre azioni lo stesso giorno). Nel mezzo delle cerimonie che ricordano l’attentato e mentre si svolge il processo agli attentatori sopravvissuti, Zemmour ha colto l’occasione per tornare sulle prime pagine. Sabato scorso davanti al locale ha infatti accusato l’ex Presidente Hollande di non aver “protetto i francesi e di aver preso la decisione criminale di lasciare le frontiere aperte”. Il giorno prima a Bordeaux aveva espresso concetti simili. Le sue parole non sono piaciute alle associazioni dei familiari delle vittime che lo accusano di speculare sui morti per bassa cucina politica.
La versione estrema di Marine Le Pen
Il tono, l’onnipresenza e gli argomenti del 63enne autore di “Le Suicide français”, libro da 500mila copie, tendono a essere una costante e moltiplicano le speculazioni su una sua possibile candidatura. La sua è una versione estrema, poco raccomandabile e poco istituzionale delle idee di Marine Le Pen, che le esprime in forma meno brutale nella speranza di divenire una alternativa credibile a Macron. La leader del Rassemblement National ha lo stesso problema da due elezioni consecutive, un consenso largo ma un’opinione pubblica che si compatta in un fronte repubblicano e vota qualsiasi candidato non sia espressione dell’estrema destra, e per questo ha relativamente moderato le proprie posizioni. Zemmour, candidato o meno che sia, non ha questo problema e può quindi essere fieramente anti europeo, anti immigrazione al limite del razzismo, nazionalista dal punto di vista economico.
Il problema per Le Pen è che l’originale e senza peli sulla lingua rischia di essere preferito da quella parte destra e arrabbiata dell’elettorato francese, che detesta Macron e che non vede alternative alla sinistra del Presidente, nonostante i toni spesso nazionalisti usati da Jean Luc Melenchon, che lancia la sua campagna in questi giorni con la presentazione del programma. In diversi sondaggi pubblicati nelle ultime settimane, Zemmour è secondo al solo Presidente in carica, mentre in altri è terzo appena dietro a Le Pen.
Entrambi i candidati di destra perderebbero al secondo turno contro Macron. La candidatura di Zemmour è quindi un problema serio per la leader nazionalista e, forse, un bene per il Presidente che si troverebbe a competere con un personaggio ancora più estremo, e quindi percepito come pericoloso, da una parte ampia dell’opinione pubblica cui pure Macron non piace. Questo almeno lasciano supporre i sondaggi e una lettura delle passate elezioni presidenziali francesi. Ma forse è meglio non fare calcoli sui comportamenti elettorali, non dopo il 2016 negli Stati Uniti.
Si tratta della quindicesima volta che finisce in tribunale a causa delle sue parole, in due occasioni è stato condannato. La ragione sono le parole pronunciate durante un dibattito nel programma “Face à l’info” sui minori non accompagnati. Come in molte altre occasioni Zemmour si era lasciato andare a una tirata sostenendo: “Non hanno posto qui, sono ladri, sono assassini, stupratori, non sono altro, devono essere rimandati indietro e non devono nemmeno venire”.