Mercoledì 30 agosto un gruppo di ufficiali ha effettuato un colpo di stato e ha deposto il Presidente Ali Bongo, eletto il 26 agosto scorso per un terzo mandato. L’opposizione aveva denunciato brogli elettorali e violenze.
“Nel nome del popolo gabonese, abbiamo deciso di difendere la pace mettendo fine al regime attuale. Per questa ragione, le elezioni generali di agosto sono cancellate e, fino a nuovo avviso, tutte le istituzioni della repubblica sono sciolte”.
Con queste parole, mercoledì 30 agosto un gruppo di ufficiali ha rivendicato di aver effettuato un colpo di stato in Gabon. I militari sono apparsi sul canale televisivo statale Gabon24 e hanno letto le loro dichiarazioni, affermando di aver portato a termine con successo la deposizione dell’ormai ex presidente Ali Bongo. Il loro obiettivo principale, secondo quanto dichiarato, sarebbe quello di difendere il Paese da una situazione di crescente tensione e conflitto, a causa della “governance irresponsabile e imprevedibile” dell’attuale élite. E la loro mossa vorrebbe quindi rappresentare un primo passo verso una transizione: tempi, dettagli e protagonisti verranno decisi e comunicati nei prossimi giorni.
Il colpo di stato pone fine al lungo dominio della famiglia Bongo sulla politica gabonese: Omar Bongo, padre di Ali, aveva infatti preso il potere nel 1967 per poi tenerlo fino al momento della sua morte, nel 2009, quando gli era succeduto il figlio. Capace di garantire una stabilità al Paese, Ali Bongo non è invece riuscito in questi anni a migliorarne le condizioni economiche: un terzo della popolazione vive in stato di povertà e i tassi di disoccupazione sono molto elevati.
In un contesto già teso, un ruolo cruciale per il golpe lo ha avuto il voto generale del 26 agosto scorso. Ali Bongo ha dichiarato una netta vittoria, che gli avrebbe garantito un terzo mandato alla presidenza, ma l’opposizione ha denunciato la massiccia presenza di brogli e violenze. Secondo quanto dichiarato dai golpisti, al rovesciamento di potere avrebbero partecipato tutte le maggiori forze di sicurezza del Gabon: l’esercito regolare avrebbe quindi agito con il supporto della polizia e della Guardia Repubblicana. Sempre secondo le parole dei militari, Ali Bongo si troverebbe ora agli arresti domiciliari.
Le reazioni allo sconvolgimento politico sono state varie, accomunate però da un senso di sorpresa: in pochi si aspettavano infatti che un evento di questo tipo potesse avere luogo. Nel Paese, il presidente deposto ha invitato i propri sostenitori a “scendere per le strade e fare rumore”, apparentemente senza successo: ben più evidenti, finora, sono state le manifestazioni di gioia tra chi ha esultato per il golpe. “La famiglia Bongo è stata al potere per troppo tempo – ha dichiarato alla BBC Nicolas Nguema, capo del partito d’opposizione Pour Le Changement, sottolineando come un colpo di mano fosse l’unico modo per arrivare ad un cambiamento – Sono deliziato per la situazione e il giubilo popolare che abbiamo sentito nelle strade mostra che sono dalla parte della storia”.
Diverse le reazioni internazionali, per lo più caute. La Francia, ex potenza coloniale nel Paese, ha subito condannato l’azione militare e ha chiesto che il risultato elettorale venga rispettato. Profonda preoccupazione è stata invece espressa da Russia e Cina: Pechino negli ultimi anni ha cercato di occupare lo spazio politico lasciato sempre più libero in Gabon da Parigi e la sua reazione potrebbe essere dettata dalla necessità di non sbilanciarsi, in attesa di ulteriori sviluppi.
Quello avvenuto in Gabon rappresenta l’ennesimo colpo di stato avvenuto nel continente africano nell’ultimo periodo. Appena un mese fa i militari hanno deposto in Niger il Presidente Mohamed Bazoum, eletto democraticamente. Più in generale, dal 2020 ad oggi sono stati ben otto i colpi di mano in Africa subsahariana: oltre a Niger e Gabon, questi hanno avuto luogo in Mali e Burkina Faso (due volte in ciascun Paese), in Guinea e Ciad.
Non a caso, tutti gli stati interessati sono ex colonie francesi. Negli ultimi decenni, infatti, in questi territori i regimi autoritari si sono mostrati più resistenti al processo di democratizzazione che ha attraversato il continente a partire dagli anni Novanta. Inoltre, nell’Africa francofona i legami con Parigi sono restati spesso ben più evidenti di quelli che le colonie inglesi hanno mantenuto con Londra. La dipendenza dalla Francia è stata oggetto di crescenti proteste da parte delle popolazioni locali, che hanno chiesto a più riprese un taglio delle relazioni e un avvicinamento ad altri attori, in primis la Russia.
Per molti versi, tuttavia, il Gabon rappresenta un caso totalmente diverso da quello degli altri stati attraversati da golpe militari. Per la sua storia politica, innanzitutto: mentre i Paesi del Sahel sono stati storicamente instabili e soggetti a numerosi colpi di stato, lo stato dell’Africa centrale è stato governato per oltre mezzo secolo da un’unica famiglia.
Ma anche il contesto attuale è diverso: i colpi di stato di Mali, Niger e Burkina Faso sono stati spesso giustificati con l’incapacità delle strutture statali e dei governi democratici di rispondere in maniera adeguata alla minaccia rappresentata dai gruppi jihadisti, e con la necessità di instaurare governi forti e militari. Necessità che non esiste in un Paese come il Gabon, dove tali gruppi non sono presenti e dove l’islam è fortemente minoritario.
“Nel nome del popolo gabonese, abbiamo deciso di difendere la pace mettendo fine al regime attuale. Per questa ragione, le elezioni generali di agosto sono cancellate e, fino a nuovo avviso, tutte le istituzioni della repubblica sono sciolte”.
Con queste parole, mercoledì 30 agosto un gruppo di ufficiali ha rivendicato di aver effettuato un colpo di stato in Gabon. I militari sono apparsi sul canale televisivo statale Gabon24 e hanno letto le loro dichiarazioni, affermando di aver portato a termine con successo la deposizione dell’ormai ex presidente Ali Bongo. Il loro obiettivo principale, secondo quanto dichiarato, sarebbe quello di difendere il Paese da una situazione di crescente tensione e conflitto, a causa della “governance irresponsabile e imprevedibile” dell’attuale élite. E la loro mossa vorrebbe quindi rappresentare un primo passo verso una transizione: tempi, dettagli e protagonisti verranno decisi e comunicati nei prossimi giorni.