L’Agenzia internazionale dell’energia ha fatto sapere che, per la prima volta, lo scorso giugno gli Stati Uniti hanno esportato in Europa più gas della Russia
L’Agenzia internazionale dell’energia ha fatto sapere che lo scorso giugno l’Unione europea ha importato più gas liquefatto via nave dagli Stati Uniti che gas via tubi dalla Russia. Non era mai successo prima, ma l’importanza della notizia si coglie ancora meglio se si guarda ai numeri: negli anni passati Mosca è stata la prima fornitrice di gas dell’Unione europea, occupando una quota di mercato del 40% che si è tradotta in circa 150 miliardi di metri cubi di gas via condotte all’anno più altri 14-18 miliardi di metri cubi di Gnl.
Le ragioni
L’aumento degli acquisti di combustibile dagli Stati Uniti è il risultato di tre fattori. Il primo è la trasformazione dell’America nella prima produttrice di gas naturale e nella prima esportatrice di Gnl al mondo. Il secondo è la volontà dell’Unione europea di ridurre l’elevata dipendenza energetica dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, puntando su altri fornitori e su fonti a basse emissioni. Il terzo è la decisione di Mosca di tagliare in profondità le vendite di gas all’Europa – il Nord Stream 1, il gasdotto principale, opera al 20% appena della sua capacità – per aggravare la crisi degli approvvigionamenti e minare l’unità tra i Paesi membri dell’Unione.
La promessa di Biden
Sono anni che gli Stati Uniti cercano di convincere l’Europa a limitare la relazione energetica con la Russia, sostenendo che Mosca non sia una venditrice affidabile e interessata solo al profitto ma che al contrario utilizzi il gas come un’arma di pressione per ottenere vantaggi politici. A marzo gli Stati Uniti si sono allora impegnati a fornire ulteriori 15 miliardi di metri cubi di Gnl all’Unione europea per sostenerla nel piano di distacco dagli idrocarburi russi. Il Presidente Joe Biden aveva ribadito la promessa di un aumento delle forniture ad aprile, ma le sue parole erano state di nuovo accolte con scetticismo: come avrebbe fatto l’America a inviare in Europa i volumi pattuiti se l’industria gasifera nazionale aveva già raggiunto i suoi limiti di esportazione e se i carichi erano già vincolati a contratti di lungo termine con acquirenti in altre parti del mondo?
E invece, stando ai dati di Refinitiv, gli Stati Uniti sono sulla buona strada per superare e forse addirittura triplicare la quantità di Gnl concordata con Bruxelles, nonostante l’incendio che ha messo fuori uso l’importante terminale di Freeport LNG, in Texas. È un’ottima notizia per la Casa Bianca – oltre che per i Paesi europei, che potranno accedere a quantità superiori di gas in vista dell’inverno –, ma la ragione dietro questo aumento delle forniture non è politica, ma esclusivamente economica.
I privati inseguono i prezzi
Del resto, la Casa Bianca non comanda le aziende private e non può ordinare loro cosa fare; queste ultime non rispondono a Washington ma solo agli azionisti, e vendono dove è più conveniente. Finora nel 2022 i prezzi europei del gas hanno raggiunto una media di 34 dollari per milione di British termal unit (Btu); in Asia il prezzo medio è di quasi 30 dollari e negli Stati Uniti di 6,1 dollari. Se si confrontano questi numeri con i valori medi del 2021 – 16 dollari per mmBtu in Europa, 18 dollari in Asia e 3,7 negli Stati Uniti – si nota non soltanto un aumento generale ma soprattutto un anomalo sorpasso dell’Europa sull’Asia.
Le metaniere che trasportano il Gnl si dirigono dove i prezzi sono più alti: il che di solito significa l’Asia nordorientale, ma nel primo semestre 2022 hanno invece navigato di preferenza sull’oceano Atlantico. Da gennaio a giugno scorsi gli Stati Uniti hanno esportato 57 miliardi di metri cubi di Gnl in tutto; 39 miliardi sono finiti in Europa (nell’intero 2021 avevano venduto 34 miliardi al Vecchio continente).
Pur di vendere in Europa, le aziende americane stanno violando i contratti di fornitura con gli altri Paesi (che vincolano i carichi a precise destinazioni) e pagando le sanzioni. I prezzi sul mercato europeo sono talmente alti che gli permettono non solo di rientrare delle multe, ma anche di registrare un profitto.
Un danno politico per la Casa Bianca?
L’aumento delle vendite di Gnl statunitense in Europa (Spagna +333%, Italia +206) si sono dunque tradotte in una riduzione delle esportazioni verso quelle nazioni asiatiche che pagano meno, come l’India (-51%) e il Pakistan (-72%). Per le aziende americane non è un problema, anzi – a loro interessano i ricavi, non certo la geopolitica –, ma potrebbe esserlo per la Casa Bianca. Per compensare il calo dei volumi americani, infatti, l’India o il Pakistan potrebbero stipulare nuovi accordi di compravendita con la Russia, minando il piano dell’Occidente per l’isolamento economico del Cremlino.
Non è detto tuttavia che le condizioni di mercato resteranno per sempre quelle di oggi. I prezzi asiatici del gas potrebbero aumentare con l’avvicinarsi della stagione fredda, e i carichi di Gnl americano potrebbero tornare a dirigersi in Oriente.
L’aumento degli acquisti di combustibile dagli Stati Uniti è il risultato di tre fattori. Il primo è la trasformazione dell’America nella prima produttrice di gas naturale e nella prima esportatrice di Gnl al mondo. Il secondo è la volontà dell’Unione europea di ridurre l’elevata dipendenza energetica dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, puntando su altri fornitori e su fonti a basse emissioni. Il terzo è la decisione di Mosca di tagliare in profondità le vendite di gas all’Europa – il Nord Stream 1, il gasdotto principale, opera al 20% appena della sua capacità – per aggravare la crisi degli approvvigionamenti e minare l’unità tra i Paesi membri dell’Unione.