Firmato un accordo aggiuntivo al contratto già esistente: pagamenti al 50% tra valuta russa e cinese. Putin e Xi si incontreranno al meeting della Shanghai Cooperation Organization, Biden spera di vedere il Presidente cinese al G20
L’addio al dollaro e all’euro per gli scambi commerciali della Russia diventa realtà, ancor di più con la revisione del contratto tra il colosso del gas Gazprom e China National Petroleum Corporation. Le due società statali hanno firmato un nuovo accordo che prevede il pagamento al 50% in rubli e al 50% in yuan, abbandonando così definitivamente la valuta statunitense e quella del Vecchio Continente. Ad annunciarlo la stessa Gazprom, il cui amministratore delegato Alexei Miller ha affermato che il nuovo agreement sancisce benefici comuni per entrambe le aziende. “Credo che i calcoli saranno in questo modo semplificati, sarà un esempio per altre compagnie e offre un nuovo impeto allo sviluppo delle nostre economie”.
Una scelta importante, che certifica ancora una volta il desiderio russo di fare a meno di quello visto come un fardello del sistema occidentale, con gli interscambi commerciali largamente basati su dollaro e euro. Evidentemente, l’operazione avvicina ulteriormente Mosca e Pechino, rafforzando il loro desiderio di costruzione di un nuovo ordine, ma non su tutti i piani. Come notato nei giorni scorsi, la Cina non ha supportato militarmente le operazioni in Ucraina, ad esempio con la vendita di armi, costringendo l’esercito di Vladimir Putin a rivolgersi a due Stati paria della comunità internazionale come l’Iran e la Corea del Nord.
Il contratto del 2019 tra Russia e Cina, ovvero tra Gazprom e China National Petroleum Corporation, vale circa 400 miliardi di dollari in 30 anni. Nel corso del 2022 l’ammontare di gas in arrivo dalla Federazione tramite la pipeline Power of Siberia 1 salirà a 15 miliardi di metri cubi rispetto ai 10.4 del 2021. L’accordo di febbraio, sottoscritto prima dell’inizio della guerra e ultima occasione di incontro tra Xi Jinping e Vladimir Putin, prevede l’aggiunta di 10 miliardi di metri cubi spalmati nell’arco di 25 anni, attraverso una nuova condotta, continuazione della Power of Siberia 2, chiamata Soyuz-Vostok che, però, non è stata ancora costruita e passa per la Mongolia.
Intanto è stato ufficialmente deciso il faccia a faccia tra Putin e Xi, che avverrà a margine dell’incontro del 15 e 16 settembre tra capi di Stato e di Governo della Shanghai Cooperation Organization, a Samarcanda, in Uzbekistan. Lo fa sapere l’Ambasciatore russo a Pechino, Andrey Denison. “Stiamo predisponendo una ricca agenda e lavorando a stretto contatto con i nostri partner cinesi”, ha detto l’Ambasciatore. L’incontro sarebbe il primo di persona tra i Presidenti dopo quello di febbraio, durante i giochi olimpici invernali. Un altro incontro auspicato sia dalla Casa Bianca che dall’entourage del Governo cinese è quello tra Joe Biden e Xi, col Presidente Usa che si dice pronto a vedere il collega nel caso in cui si presentasse al G20 di Bali il prossimo novembre. “Se ci sarà lo incontrerò sicuramente”, ha dichiarato Biden.
L’addio al dollaro e all’euro per gli scambi commerciali della Russia diventa realtà, ancor di più con la revisione del contratto tra il colosso del gas Gazprom e China National Petroleum Corporation. Le due società statali hanno firmato un nuovo accordo che prevede il pagamento al 50% in rubli e al 50% in yuan, abbandonando così definitivamente la valuta statunitense e quella del Vecchio Continente. Ad annunciarlo la stessa Gazprom, il cui amministratore delegato Alexei Miller ha affermato che il nuovo agreement sancisce benefici comuni per entrambe le aziende. “Credo che i calcoli saranno in questo modo semplificati, sarà un esempio per altre compagnie e offre un nuovo impeto allo sviluppo delle nostre economie”.
Una scelta importante, che certifica ancora una volta il desiderio russo di fare a meno di quello visto come un fardello del sistema occidentale, con gli interscambi commerciali largamente basati su dollaro e euro. Evidentemente, l’operazione avvicina ulteriormente Mosca e Pechino, rafforzando il loro desiderio di costruzione di un nuovo ordine, ma non su tutti i piani. Come notato nei giorni scorsi, la Cina non ha supportato militarmente le operazioni in Ucraina, ad esempio con la vendita di armi, costringendo l’esercito di Vladimir Putin a rivolgersi a due Stati paria della comunità internazionale come l’Iran e la Corea del Nord.