I due Paesi vogliono entrare a far parte dei Partners in the Blue Pacific, il gruppo informale composto da Usa, Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Regno Unito. In settimana sono previsti annunci su progetti di cavi sottomarini di Internet
Il Canada e la Germania vogliono entrare a far parte dei Partners in the Blue Pacific, il raggruppamento informale focalizzato sulla regione dell’Asia-Pacifico creato dagli Stati Uniti a giugno: ne sono già membri l’Australia, il Giappone, la Nuova Zelanda e il Regno Unito, mentre l’India ha lo status di osservatrice.
Mentre la Germania è geograficamente molto distante dal quadrante – fondamentale per gli equilibri geopolitici futuri, perché è soprattutto qui che si svolge la competizione tra America e Cina –, la costa ovest del Canada affaccia sull’Oceano Pacifico e l’area viene ritenuta importante per lo sviluppo economico del Paese. “I canadesi saranno influenzati dalle decisioni prese nella regione indo-pacifica e vogliamo essere [presenti] al tavolo”, ha spiegato la Ministra degli Esteri Mélanie Joly.
La settimana scorsa il coordinatore per l’Indo-Pacifico della Casa Bianca, Kurt Campbell, ha sì menzionato le ambizioni di Pechino, ma ha anche specificato che l’obiettivo dei Partners in the Blue Pacific è quello di rispondere alle vere necessità delle nazioni insulari: non la great power competition, dunque, ma la mitigazione dei cambiamenti climatici e il miglioramento della connettività tecnologica.
Per questa settimana sono previsti degli annunci su progetti di cavi sottomarini di Internet; ci sono inoltre già state delle discussioni tra gli Stati Uniti e la Corea del Sud per il potenziamento della sicurezza marittima regionale e per la tutela della pesca. Il 28 e il 29 settembre, peraltro, il Presidente Joe Biden si riunirà con i capi di Stato o di Governo delle isole pacifiche.
Le isole del Pacifico – e in particolare quelle posizionate nella porzione settentrionale, come le Marshall, la Micronesia e Palau – sono fondamentali per Washington ai fini del mantenimento di un “cuscinetto” militare con Pechino.
Secondo un recente rapporto dell’Institute for Peace, un think tank finanziato dal Congresso americano, gli stati liberamente associati (Isole Marshall, Micronesia e Palau, appunto) sono, per geografia e infrastrutture, un importante buffer strategico tra le postazioni militari americane nelle Hawaii e a Guam e le acque litoranee dell’Asia orientale. Se la Cina dovesse riuscire a penetrare nell’area e a portare almeno uno dei tre Paesi nella sua orbita, le capacità di difesa americane potrebbero venire compromesse e si “aprirebbe la porta a una più ampia riorganizzazione dell’architettura regionale” secondo parametri graditi a Pechino.
I due Paesi vogliono entrare a far parte dei Partners in the Blue Pacific, il gruppo informale composto da Usa, Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Regno Unito. In settimana sono previsti annunci su progetti di cavi sottomarini di Internet