Il tour arriva in un momento in cui la posizione del Giappone sulla scena internazionale è in grande trasformazione: Tokyo ha consolidato il proprio asse con Washington e rafforzato il partenariato con la Nato proponendosi come pilastro per il contenimento della Cina nell’Indo-Pacifico
Sempre più allineato, sempre più nel mirino. Il viaggio in Occidente del premier Kishida Fumio certifica in modo probabilmente definitivo la strategia difensiva e la postura in politica estera di Tokyo. Il Giappone continua a radicarsi all’interno del sistema di alleanze degli Stati Uniti e a rafforzare il suo sistema di difesa, cambiandone la concezione strategica. Washington applaude, Mosca e soprattutto Pechino (che Tokyo considera ormai apertamente una “minaccia” alla sua sicurezza nazionale) molto meno.
Un tour che apre la strada al G7 di Hiroshima
È in questo contesto che nasce il tour del primo ministro nipponico, cominciato in Francia e pronto a snodarsi tra Italia, Regno Unito, Canada e Stati Uniti. Cinque giorni fitti di incontri, inaugurati da quello col presidente francese Emmanuel Macron, che hanno come obiettivo annunciato quello di preparare la strada al vertice del G7 che lo stesso Giappone ospiterà a Hiroshima il prossimo maggio. Un ruolo che pone Tokyo ancora più sotto i riflettori. E non sarà l’unico di questo 2023, visto che al Giappone spetta anche uno dei seggi non permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dopo aver fermamente condannato la Russia schierandosi sin dal primo giorno dell’invasione dell’Ucraina dalla parte di Washington, il governo giapponese si è fatto portavoce dei timori di chi in Asia orientale vede la possibilità di un secondo fronte e osserva con crescente disappunto le manovre cinesi sullo Stretto di Taiwan e l’escalation sulla penisola coreana.
La “meta” del viaggio
Il tour di Kishida servirà dunque anche e soprattutto a serrare le fila delle partnership coi paesi del G7 e a sottoscrivere importanti accordi. In particolare, a Londra attesa la firma con l’omologo britannico Rishi Sunak del testo che garantirà l’accesso reciproco per gli ufficiali militari. La mossa arriva poche settimane dopo che è stato annunciato un progetto trilaterale che coinvolge anche l’Italia per lo sviluppo di jet da combattimento Tempest di nuova generazione, la prima grande collaborazione industriale del Giappone nel settore della difesa che non vede il coinvolgimento al di fuori degli Stati Uniti sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Tema che verrà affrontato anche nella colazione di lavoro con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, dopo che il bilaterale in programma a margine del summit del G20 di Bali lo scorso novembre era saltato all’ultimo momento. Significativo anche il passaggio in Canada, visto che ormai il Giappone viene ritenuto quasi un “sesto occhio” dei Five Eyes, l’alleanza dei servizi di intelligence dei paesi anglofoni. Il piatto forte sarà poi il faccia a faccia con Joe Biden, previsto per venerdì 13 alla Casa Bianca.
Fuori dal “grigiore strategico”
Il tour di Kishida arriva dopo una serie di mosse che stanno tirando fuori il Giappone dal “grigiore strategico” che lo aveva caratterizzato negli ultimi decenni e che, probabilmente, porteranno a un superamento quantomeno parziale della costituzione pacifista che gli è stata imposta dagli Stati Uniti alla fine del conflitto. Il passo più evidente in tal senso è stato la revisione della strategia di difesa nazionale. Il governo Kishida ha deciso di incrementare in modo sostanziale la spesa per la difesa e, per la prima volta, di acquisire capacità di colpire le basi nemiche per dissuadere gli attacchi da parte di forze esterne. Si tratta di una vera e propria svolta, che dà impulso al processo di riarmo e transizione militare del Giappone, nominalmente finora dotato solo di forze di autodifesa e non di un vero e proprio esercito.
Difesa e sicurezza
Le spese per la difesa saranno di 314 miliardi di dollari tra il 2023 e il 2027, portando Tokyo a raggiungere lo standard Nato del 2% del Pil. Nella legge di bilancio del 2023, sono stati stanziati 211,3 miliardi di yen (1,58 miliardi di dollari) per l’acquisto di missili da crociera Tomahawk a lungo raggio prodotti negli Stati Uniti. Entro il 2030, il ministero della Difesa giapponese doterà il paese di missili a lungo raggio con una gittata fino a circa 3.000 chilometri. La partnership con gli Usa, nel frattempo, arriva anche nello spazio. Secondo Nikkei Asia, gli Stati Uniti stanno ultimando i piani per estendere il loro ombrello di sicurezza per il Giappone a protezione dei satelliti utilizzati per la sorveglianza e le operazioni militari. Tutte mosse che hanno causato l’esplicita condanna del governo cinese. D’altronde le frizioni tra Pechino e Tokyo sono in costante aumento. Le diverse posture sulla guerra in Ucraina sono solo una delle ragioni. La Repubblica Popolare Cinese non apprezza il sempre più forte coinvolgimento del Giappone nella sua partnership con la Nato e in ambito Quad, di cui ha ospitato il summit lo scorso maggio. Nel corso del 2022 sono state diverse le manovre di jet e navi sinorusse al largo dell’arcipelago giapponese o sui suoi stretti strategici. Lo scorso agosto, durante le esercitazioni militari sullo Stretto, alcuni missili cinesi sono ricaduti nelle acque della zona economica speciale di Tokyo (non riconosciuta da Pechino). Segnale che un’eventuale azione su Taiwan rischia di coinvolgere in maniera diretta il Giappone, che negli scorsi mesi ha mandato diverse delegazioni a Taipei e ha invitato il vicepresidente taiwanese William Lai (figura radicale e probabile candidato alle elezioni presidenziali del 2024) ai funerali privati di Abe Shinzo. Non a caso, secondo il nuovo Defense Buildup Program, le forze terrestri giapponesi potranno schierare tutte le unità a protezione delle isole Nansei sud-occidentali. Cioè quelle della Prefettura di Okinawa, la più vicina a Taiwan.
La 15esima brigata di Okinawa, che fa parte della catena Nansei, sarà aggiornata a divisione e guadagnerà una seconda unità di fanteria. A dimostrazione che Tokyo considera la stabilità sullo Stretto una questione vitale per la sua sicurezza nazionale.