La guerra in Ucraina ha avuto l’impatto di una guerra globale, tutti i Paesi Nato hanno aumentato i fondi militari almeno del 30%. La Cina, candidata ad essere il principale nemico, politico e forse anche militare degli Usa, ha incrementato del 6% in un anno la sua spesa per armamenti.
‘Segui i soldi’.
Questo vecchio adagio, dalla retorica e dalla semplicità un po’ cinematografica, risulta spesso azzeccato quando si vuole trovare il bandolo di una matassa e soprattutto quando si vuole azzeccare una previsione sul futuro. Perchè il futuro sarà lì dove si investe.
E se vogliamo azzardare qualche previsione circa il fatto che i prossimi anni saranno anni di pace o di guerra, forse ci conviene guardare a quanto e come i governi più importanti del mondo e la grande industria stanno investendo sul settore armi e difesa.
E se si seguono i soldi, si scopre che questi sono molti, e che il barometro indica guerra. Se non combattuta, almeno pronta.
Questo perchè la spesa globale per armi e armamenti, negli ultimi mesi, è verticalmente cresciuta: + 9%, raggiungendo la cifra record di 2200 miliardi di dollari nel 2023.
E nessuno investe 2000 miliardi per beni che non ha intenzione, o la ragionevole probabilità, di usare.
Certo, queste cifre sono per lo più stime, probabilmente approssimate per difetto, perchè buona parte degli investimenti militari sono sotto segreto militare, oppure compiuti da Paesi e gruppi, (come la Russia, la Corea del Nord, oppure Hamas) non esattamente noti per trasparenza e condivisione delle informazioni e dei dati. E non è tutto. Sempre secondo IISS è verosimile che la spesa cresca ancora nei prossimi mesi.
Le ragioni di questa crescita sono piuttosto evidenti e hanno a che fare sia con le guerre in corso che con quelle possibili future che vanno scongiurate per tramite della deterrenza oppure preparate, nel caso in cui non ci fosse deterrenza che tenga.
Voci di spesa
Così se volessimo individuare le ragioni di questa crescita della spesa militare troveremmo tre grandi tronconi di spesa.
Il primo, piuttosto limitato, riguarda i conflitti regionali, quelli che vanno avanti da più tempo (così tanto che quasi li abbiamo dimenticati) e che spesso sono ridotti, almeno nella testa di chi li osserva da fuori, a guerriglia. Conflitti come quello in Myammar, o in Yemen, o in Sudan, oppure ancora come quello mai sufficientemente ricordato che ancora è in corso in Siria.
Tutte queste guerre, ormai assestatesi su una specie di guerriglia permanente, oltre a non comparire nei radar dell’attenzione delle opinioni pubbliche occidentali, hanno costi in termini di armi e armamenti piuttosto ridotti. Questo perchè in genere sono guerre che si combattono contro civili inermi, per uccidere o annientare i quali non serve chissà quale arma strategica, basta una vecchia pistola. Oppure perchè spesso si tratta di guerre che vengono combattute da eserciti di risulta, spesso informali, che si approvvigionano sul mercato nero e illegale, che spesso riciclano armi dismesse o rubate dai grandi eserciti occidentali. Un paniere impossibile da quantificare e individuare che si perde nell’opacità dell’illegalità e il cui peso, nel conto complessivo delle spese per armi e armamenti, è inquantificabile ma ragionevolmente limitato. Un vecchio report, Africa’s Missing Billions, datato 2007, stimava che il costo complessivo delle guerre in Africa tra il 1990 e il 2005, era stato di 300 miliardi. Una goccia nel mare rispetto alle spese militari complessive sia di quel periodo (lo stesso in cui la fallimentare Guerra al Terrore avviata dagli Usa contro Afghanistan e Iraq costava più di 300 milioni al giorno) sia di quello di oggi.
Se si guarda alle spese militari di oggi si nota che gran parte degli investimenti riguardano rispettivamente il secondo e il terzo troncone di spesa: quello sulle guerre effettivamente in corso e che riguardano (indirettamente ma non troppo) l’Occidente, cioè il conflitto in Ucraina e quello tra Israele e Gaza, e quello che riguarda la preparazione e la deterrenza di guerre future: un conto complessivo nel quale finiscono soprattutto due voci, quella della guerra in potenza sul fronte del Pacifico, tra Usa e Cina, e quella, che appare ogni giorno più probabile, tra Nato e Russia.
Guerra in Ucraina
Per quel che riguarda il computo complessivo della guerra in Ucraina, ci sono, di nuovo tre tronconi di spesa: quelle sostenute dall’Ucraina stessa, quelle sostenute dalla Russia, quelle sostenute dai paesi alleati dell’una o dell’altra. Al momento l’Ucraina è il Paese al mondo che spende di più in armi ed esercito in relazione al suo reddito: il 36% del pil ucraino viene dirottato sulla spesa militare. Gli Stati Uniti, tanto per fare un paragone, non arrivano al 3,5% del loro Pil, e la Cina nemmeno al 2%. Certo, i prodotti interni lordi di Cina e Stati Uniti non hanno niente a che fare con quello ucraino, e quindi questo si traduce in una spesa assoluta che, nel caso degli Usa (il Paese con la spesa militare più alta) sfiora i mille miliardi l’anno, nel caso della Cina i 300, e nel caso dell’Ucraina i 60 miliardi annui.
Poi ci sono le spese russe, delle quali per evidenti motivi sappiamo meno, ma sappiamo che queste si attestano attorno ai 100 miliardi, cioè circa il 6% del suo pil.
Sommando le spese militari annue di Russia e Ucraina, i due Paesi che effettivamente stanno combattendo sul fronte ucraino, arriviamo a circa 160 miliardi annui.
Ma, a questo punto, sappiamo che la guerra in Ucraina non riguarda solo gli eserciti (e i Paesi) che materialmente la combattono. Al contrario riguarda anche i Paesi che sono alleati dell’uno e dell’altro e che forniscono armamenti di vario tipo. In questo senso, possiamo dire, che la guerra in Ucraina sta avendo l’impatto di una guerra globale, dal momento che ha portato a un aumento delle spese militari non solo in ambito locale, ma anche in Paesi che, con quel conflitto, in teoria non c’entrano niente, ma in pratica ne sono coinvolti in termini di rifornimenti, aiuti, armi. Un sostegno che ha un costo economico alto. Secondo il Kiel Institute for the World Economy, che tiene traccia anche degli aiuti militari all’Ucraina, la cifra stanziata dai governi occidentali per gli approvvigionamenti all’Ucraina supera i 100 miliardi di dollari dal febbraio 2022. Molto più difficile, se non impossibile, sapere a quanto ammonta il valore dei contributi in armi che la Russia ottiene dai suoi sostenitori, come la Corea del Nord.
Situazione a sud
Se ci si sposta a sud, si arriva all’altro fronte caldissimo del mondo, quello di Gaza. Lì si trovano altri dati, diversi nella forma, ma non nella sostanza. La guerra tra Israele e Hamas è una guerra profondamente diversa da quella tra Russia e Ucraina. Se infatti tra Russia e Ucraina ci si trova di fronte a una guerra, tutto sommato, canonica, con due Paesi e due eserciti che si fronteggiano sulle linee del fronte, quella tra Hamas e Israele è un’altra faccenda: da un lato c’è un esercito regolare, tra l’altro tra i meglio equipaggiati del mondo, dall’altro un gruppo terroristico a disposizione del quale non è possibile sapere quali e quanti armamenti ci siano o stiano per arrivare. Così, se si vuole provare a fare stime di spesa, ci si accorge subito che queste possono essere fatte solo sul frangente israeliano, del quale, pur con tutti i caveat del caso, sono disponibili i dati. Su quello di Hamas, invece, nebbia fitta.
Secondo i dati pubblicati da Bloomberg, la guerra di questi mesi a Gaza è avviata a essere la più costosa della storia del Paese con un conto, tra armamenti e spese varie, stimato in 67 miliardi di dollari.
Preparazione e deterrenza
Al novero di queste spese, per quanto enormi, manca ancora un troncone, il più corposo di tutti: quello della preparazione a guerre future e allo sforzo della deterrenza.
Il riferimento è a quanto ogni Paese, impegnato o meno che sia in una guerra in corso, ha deciso di aumentare la sua spesa militare. Si tratta di una spesa ‘in potenza’ decisamente maggiore di quella ‘in atto’. In pratica si tratta di una spesa molto più ampia perchè comprende non solo le spese per coprire l’impegno attuale per armamenti e intelligence, ma anche quelle in preparazione di guerre di là da venire, da scongiurare per tramite della deterrenza. Un filone di spesa che è fatto più che altro di investimenti in industria pesante, tecnologia, intelligence e ricerca.
Per avere un’idea di quanto imponente sia questo ultimo filone di spesa basti sapere che tutti i Paesi Nato, inclusi quelli (e sono la maggioranza) che non hanno ancora raggiunto il margine minimo del 2% del Pil di spesa militare, hanno aumentato i fondi militari almeno del 30%.
Lo stesso, ovviamente, hanno fatto gli Usa, che pure partivano da un plafond enorme e quindi lo hanno fatto di poco (2% circa) concentrando questa crescita su RDT&E, ossia ricerca, sviluppo, test e valutazioni.
Anche la Cina, candidata ad essere il principale nemico, politico e forse anche militare degli Usa ha aumentato di molto la sua spesa per armamenti: 6% in più in un anno, il che significa il 12% della spesa militare mondiale e il 50% di quella compiuta da Asia e Oceania (un computo dal quale però è impossibile leggere le spese nord coreane).
E quindi, se facciamo quello che chiunque voglia capire qualcosa del mondo dovrebbe fare, cioè seguire i soldi, questi inevitabilmente ci portano a uno scenario di guerra, vera o in via di definizione. Quello che non sappiamo è se, come e quando tutti questi soldi daranno il loro terribile frutto.
Questo vecchio adagio, dalla retorica e dalla semplicità un po’ cinematografica, risulta spesso azzeccato quando si vuole trovare il bandolo di una matassa e soprattutto quando si vuole azzeccare una previsione sul futuro. Perchè il futuro sarà lì dove si investe.
E se vogliamo azzardare qualche previsione circa il fatto che i prossimi anni saranno anni di pace o di guerra, forse ci conviene guardare a quanto e come i governi più importanti del mondo e la grande industria stanno investendo sul settore armi e difesa.