L’analista politico parte da una frase di Putin che risale a venti anni fa: il crollo dell’Unione Sovietica è “la più grande catastrofe geopolitica” del Ventunesimo secolo
Lo scienziato politico George Friedman ha scritto su Geopolitical Futures (la rivista online di geopolitica che ha fondato) un articolo per provare a immaginare in che modo la guerra in Ucraina cambierà il contesto internazionale.
Le ambizioni di Putin, e la realtà
La riflessione dell’analista si sviluppa a partire da una frase pronunciata quasi vent’anni fa dal Presidente russo Vladimir Putin, che disse di reputare il crollo dell’Unione sovietica “la più grande catastrofe geopolitica” del Ventunesimo secolo. “L’Ucraina, quindi”, argomenta Friedman, “potrebbe essere il suo modo di dimostrare che il crollo è stato superato, che i confini dell’Unione sovietica e dell’impero russo sono stati ripristinati, e che la Russia è ora nelle prime file delle grandi potenze”. Tale ambizione potrebbe tuttavia scontrarsi con la realtà dei fatti: se Mosca dovesse perdere la guerra, o – meglio – se quest’ultima dovesse rivelarsi un conflitto lungo e sfiancante, il risultato sarebbe opposto a quello desiderato. La Russia sognata da Putin non solo non si materializzerebbe mai, ma il Paese accelererebbe il suo declino.
La Nato è tornata (a metà)
Un’altra importante conseguenza della guerra in Ucraina, questa già visibile, è l’infervoramento della Nato, un’alleanza che uno dei suoi elementi più importanti (la Francia di Emmanuel Macron) definì “cerebralmente morta” solo pochi anni fa. Il Cremlino contava di vederla sgretolare per effetto delle spaccature tra i membri russofobi e quelli filorussi, i quali – credeva – non avrebbero mai sacrificato i legami commerciali con la Russia. Così invece non è stato, e anzi la risposta sanzionatoria è stata forte. Non quella militare, però. “La Nato non è stata completamente resuscitata”, sottolinea pertanto Friedman. Perché l’alleanza atlantica venne istituita con lo scopo di contenere la Russia, ma le ritorsioni economiche non sembra la stiano fermando dal devastare l’Ucraina: Mosca aveva messo in conto le sanzioni, e deciso che valeva la pena incassare il danno pur di ottenere un “cuscinetto” e ricreare una propria sfera d’influenza. Inoltre, gran parte dei componenti della Nato a oggi non possiede i mezzi e le capacità per fare la guerra.
Il Giappone e la Cina
Friedman riconosce il ruolo importante svolto dal Giappone nella crisi ucraina: nonostante le contese territoriali (riguardano parte dell’arcipelago delle Curili, tra l’Hokkaido e la Kamchatka), Tokyo ha deciso di partecipare all’azione occidentale contro Mosca.
L’analista conclude la sua previsione parlando della Cina, che ha annunciato una partnership “senza limiti” con la Russia solo poco prima dell’inizio della guerra. Per Friedman il conflitto in Ucraina potrebbe “creare un’opportunità per una entente”, un’intesa, tra la Cina e gli Stati Uniti. Mentre Mosca ritiene di poter sopravvivere alle sanzioni, Pechino – che potrebbe vedersele applicare, nel caso in cui aiutasse i russi a evaderle – pensa il contrario.
La Cina è un “animale economico che basa il suo sistema interno sui sistemi finanziario e produttivo”; è anche “il più grande esportatore al mondo”. Allora, per evitare l’impatto “catastrofico” delle sanzioni, la Repubblica popolare andrà a “consolidare gli accordi con gli Stati Uniti sugli investimenti in dollari per stabilizzare l’economia”. “Potrebbe essere l’esito più interessante della guerra in Ucraina, se dovesse accadere”, conclude Friedman.
La riflessione dell’analista si sviluppa a partire da una frase pronunciata quasi vent’anni fa dal Presidente russo Vladimir Putin, che disse di reputare il crollo dell’Unione sovietica “la più grande catastrofe geopolitica” del Ventunesimo secolo. “L’Ucraina, quindi”, argomenta Friedman, “potrebbe essere il suo modo di dimostrare che il crollo è stato superato, che i confini dell’Unione sovietica e dell’impero russo sono stati ripristinati, e che la Russia è ora nelle prime file delle grandi potenze”. Tale ambizione potrebbe tuttavia scontrarsi con la realtà dei fatti: se Mosca dovesse perdere la guerra, o – meglio – se quest’ultima dovesse rivelarsi un conflitto lungo e sfiancante, il risultato sarebbe opposto a quello desiderato. La Russia sognata da Putin non solo non si materializzerebbe mai, ma il Paese accelererebbe il suo declino.