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Il Senegal con il nuovo presidente Faye


Nei primi mesi di governo, Faye e il suo partito si sono mostrati molto più moderati di quanto era lecito attendersi e di certo non hanno portato la rivoluzione che avevano promesso. Soprattutto per quanto riguarda i rapporti con la Francia.

Sono passati ormai quattro mesi da quando, a fine marzo, in Senegal si sono tenute le elezioni e Bassirou Diomaye Faye è stato eletto nuovo presidente. Ma da allora lo stato dell’Africa occidentale sembra essere finito in un cono d’ombra. L’attenzione verso Dakar è scemata velocemente all’indomani del voto, dopo che ad inizio anno il Paese era finito invece sotto i riflettori. E i media internazionali hanno trovato uno spazio limitato, quando non nullo, per descrivere le sue dinamiche politiche e le prime azioni del nuovo governo.

Non si tratta di un caso, ma di una diretta conseguenza di quanto accaduto in occasione delle elezioni e nei mesi immediatamente successivi. Da un anno a questa parte, gli osservatori internazionali erano preoccupati che l’ex presidente Macky Sall potesse continuare ad erodere le libertà politiche in Senegal, candidandosi per un terzo mandato o ponendo ai vertici del Paese un suo alleato. Alla fine, tuttavia, le proteste popolari hanno costretto Sall a rinunciare ad una candidatura – che era anche espressamente vietata dalla Costituzione. E l’insoddisfazione verso l’ex leader e le sue manovre politiche ha portato ad un chiaro successo delle forze guidate da Faye e da Ousmane Sonko, fino a quel momento leader dell’opposizione.

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