Domenica 20 giugno si vota per eleggere i consigli regionali e dipartimentali: un voto importante in vista delle elezioni presidenziali di aprile 2022
Domenica 20 giugno i francesi saranno chiamati a eleggere i consigli regionali e dipartimentali, con un secondo turno il 27. Allo stato la destra repubblicana conta 8 presidenti di regione, la sinistra 6, il centro 2, come le liste locali in Corsica e Martinica. Ma le ultime elezioni risalgono al 2015 e dopo di allora abbiamo avuto il tonfo dei socialisti, la crescita di Verdi e France Insoumise a sinistra e la nascita di La République en marche (LREM), il partito macronista. E poi il permanere del Rassemblement national lepenista in testa ai sondaggi.
Questo voto è dunque un test cruciale in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno per diverse ragioni. In generale c’è da distribuire un po’ il peso delle diverse forze politiche, sapendo però che come sempre le questioni locali, l’insediamento politico di un candidato o di un partito pesano a livello locale e meno alle presidenziali. Gli equilibri interni alla sinistra, che si presenta unita in alcuni casi e divisa in altri, con geometrie di alleanze variabili a seconda dei casi, saranno sotto la lente di ingrandimento. La mancata alleanza tra Europe Écologie Les Verts, socialisti, comunisti e La France Insoumise renderà più complicato lo sbarco al secondo turno di candidati ecologisti o di sinistra. Un buon esempio è l’Ile de France, dove i candidati di sinistra o ecologisti saranno 4 e anche se tutti promettono l’unità al secondo turno, per arrivarci almeno uno tra loro dovrebbe superare il 10%.
In generale il sistema elettorale francese per le regionali complica la vita a chi volesse fare previsioni. Se nessuna lista ottiene la maggioranza assoluta, infatti, si va al secondo turno al quale sono ammesse le liste che hanno ottenuto più del 10% dei voti espressi. Tra i due turni le liste possono essere modificate, in particolare per fondersi con altre che hanno ottenuto almeno il 5% dei voti. Chi deciderà di ritirarsi per sostenere il candidato con più chance di farcela? Assisteremo a blocchi repubblicani anti fascisti come avvenuto al secondo turno delle presidenziali in diverse occasioni?
Un test per Macron
Il test cruciale c’è anche per Macron e il suo partito: il Presidente ha un indice di popolarità basso ma stabile e non catastrofico e l’idea degli strateghi de La République en marche è quella di dare peso nazionale alle amministrative. Nelle liste o alla loro testa ci sono 13 Ministri del partito del Presidente, un grosso rischio visto che i sondaggi non indicano grandi prospettive per LREM. Ma il partito macronista è fondamentalmente nazionale e la sua sfida sarà, con ogni probabilità, quella di ricompattare il fronte repubblicano al secondo turno delle elezioni presidenziali dell’anno prossimo (o di arrivare terzo al primo turno e sostenere il repubblicano o la socialista giunti dietro Marine Le Pen). La geometria è complicata. Prendiamo il caso della regione dell’Haute de France, dove è candidato il repubblicano Xavier Bertrand, possibile candidato presidenziale contro Macron. Presidente uscente, Bertrand è inseguito dal candidato lepenista, ma, in vista del 2022, dovrà rifiutare probabilmente l’alleanza al secondo turno con LREM. Resta che l’elettorato può muoversi a prescindere dalle indicazioni di voto, ma il risultato di questa strategia presidenziale potrebbe risolversi in una vittoria del partito di Le Pen. In Provenza un tentativo di alleanza tra il partito di Macron e i Republicains è abortito.
I Republicains dovrebbero e potrebbero farla da padroni, sono il partito che non ha conosciuto un tracollo, sono maggioranza uscente in un numero alto di regioni e possono forse contare sul voto di chiunque laddove si trovino a competere con un candidato lepenista al secondo turno. Le alchimie elettorali in vista delle presidenziali e un quadro politico esploso rispetto agli schieramenti e partiti tradizionali complicano le previsioni.
E Marine Le Pen?
Il voto ci dirà anche quanto pesa Marine Le Pen. In tempi di pandemia, gilet gialli, con un Presidente non popolare e che non sembra avere la capacità di parlare alla parte arrabbiata del Paese, Le Pen ha leggermente moderato il suo messaggio. In che senso? Le Pen sa che sul fronte economico le distanze tra città e aree rurali e periferiche la avvantaggia, che la lunga vicenda di deindustrializzazione è un tema su cui picchiare forte così come il declino avvertito in un Paese orgoglioso e nazionalista. Si tratta di un meccanismo simile a quello che abbiamo osservato altrove in Europa. La moderazione di Le Pen giunge sul terreno a lei più congeniale, quello dell’immigrazione, della difesa dell’identità nazionale, della lotta al terrorismo e all’Islam radicale e militante, spesso confuso con la religione in generale. Il tentativo, l’ennesimo, è quello della normalizzazione della propria forza politica. Così Le Pen ha spiegato che l’Islam è compatibile con le istituzioni repubblicane e distingue tra la religione e la militanza islamista. La ragione è semplice: il tema resta in agenda anche perché il resto della destra e anche altre forze politiche lo nominano di continuo e qualsiasi elettore preoccupato per il pericolo islamico sceglierà comunque la forza che ha fatto del tema un tratto della propria identità. L’estrema destra è sempre quella destinata a guadagnare dalla centralità del tema migratorio o del conflitto tra culture in campagna elettorale.
Domenica 20 giugno si vota per eleggere i consigli regionali e dipartimentali: un voto importante in vista delle elezioni presidenziali di aprile 2022
Domenica 20 giugno i francesi saranno chiamati a eleggere i consigli regionali e dipartimentali, con un secondo turno il 27. Allo stato la destra repubblicana conta 8 presidenti di regione, la sinistra 6, il centro 2, come le liste locali in Corsica e Martinica. Ma le ultime elezioni risalgono al 2015 e dopo di allora abbiamo avuto il tonfo dei socialisti, la crescita di Verdi e France Insoumise a sinistra e la nascita di La République en marche (LREM), il partito macronista. E poi il permanere del Rassemblement national lepenista in testa ai sondaggi.