Come in altri continenti meno attaccati dal virus (Africa), i danni del contagio potrebbero incidere sulla tenuta sociale
Dopo oltre un mese e mezzo di lockdown, l’India ha prolungato ieri la chiusura del Paese per altre due settimane, mentre le città di Mumbai, Nuova Delhi e Chennai sono ancora in lotta per controllare la crescente curva delle infezioni da coronavirus.
Il Ministero della Salute ha annunciato che i positivi al Covid-19 sono ora 85.940, mentre il numero delle vittime ha superato quota 2.750.
Numeri che appaiono meno drammatici che in altri Paesi, se si considera che il subcontinente indiano ospita 1,3 miliardi di persone. Certamente, il numero complessivo di contagiati sconta l’esiguo volume di test effettuati; tuttavia, i decessi sembrano essere comunque inferiori alle percentuali che hanno devastato mezza Europa e gli Stati Uniti. A oggi, sono stati fatti circa 1,85 milioni di tamponi in tutto il territorio nazionale. Difficile immaginare che il social distancingqui possa funzionare, dal momento che, in base all’ultimo censimento del 2011, almeno 65 milioni di indiani vivono negli slum. A Dharavi, la più grande baraccopoli dell’Asia, un milione di persone vive in soli 2 km quadrati.
Mentre il Governo prova a contenere la pandemia, la situazione economica del Paese appare più preoccupante.
In India, quasi il 90% per cento della popolazione attiva è impiegata in quello che viene definito il “settore informale”: nessun contratto, nessuna tutela. Secondo i dati forniti dal Centre for Monitoring Indian Economy, nel solo mese di aprile 60 milioni di indiani tra i 20 e i 40 anni hanno perso il lavoro. Il fatturato delle principali industrie del Paese è sceso del 6,5%, mentre milioni di piccole attività commerciali rischiano di chiudere i battenti.
Secondo le stime governative, il Pil subirà una diminuzione dell’8-10%. Il premier Narendra Modi, in un discorso a tutti i cittadini sullo stato dell’economia, ha esortato la popolazione ad acquistare solo prodotti indiani.
Mentre il Paese rischia il collasso economico, prende vigore l’odio religioso. In diverse zone del Paese, sono stati segnalati attacchi violenti ai musulmani ritenuti portatori del virus, mentre su Twitter è iniziato a circolare l’hashtag #CoronaJihad, con toni da caccia all’uomo.
Dopo settimane di lockdown, dovunque nel mondo, il rischio che stiamo correndo sembra più legato alla rottura degli schemi di convivenza civile e alla tenuta del modello sociale che all’evidenza in sé, che potrebbe aver già fatto i danni maggiori.
Leadership, coraggio delle scelte e un po’ di fortuna devono aiutarci a uscire dal tunnel nel quale ci siamo infilati.
Dopo oltre un mese e mezzo di lockdown, l’India ha prolungato ieri la chiusura del Paese per altre due settimane, mentre le città di Mumbai, Nuova Delhi e Chennai sono ancora in lotta per controllare la crescente curva delle infezioni da coronavirus.
Il Ministero della Salute ha annunciato che i positivi al Covid-19 sono ora 85.940, mentre il numero delle vittime ha superato quota 2.750.
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