Settimana decisiva per le relazioni tra i due Paesi, con gli States che accolgono il leader di una nazione sempre meno democratica ma sempre più decisiva per il contenimento della Cina nell’Indo-Pacifico
Quella che inizia è una settimana dall’alto valore aggiunto per le relazioni tra gli Stati Uniti e l’India, con la visita prevista del Primo Ministro Narendra Modi alla Casa Bianca di Joe Biden che rappresenterà il momento culmine dell’avvicinamento tra Washington e Nuova Delhi. Cresce inesorabilmente l’importanza della nazione più popolosa al mondo negli equilibri geopolitici internazionali e regionali, soprattutto vista la posizione — anche geografica — indiana, interessata al contenimento nell’area della Cina. Posizione condivisa da numerosi altri Paesi occidentali o che orbitano attorno a quel costrutto, ovvero Usa, Australia e Giappone, che insieme costituiscono l’asse portante del QUAD.
Il peso indiano nella politica Usa
Per inquadrare la forza dell’India all’interno della politica statunitense basti pensare alle mancate sanzioni che dovrebbero essere imposte a Nuova Delhi a causa delle relazioni con la Russia. I legislatori Usa hanno votato un emendamento al CAATSA, Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act, legge che implica l’imposizione di sanzioni ai Paesi che fanno affari con i nemici d Washington. Per l’India, appunto, un discorso a parte che tutela Nuova Delhi da un simile scenario nonostante le relazioni militari che intercorrono con Mosca, salvaguardando gli interessi indo-statunitensi.
Non solo: nonostante le gravi violazioni dei diritti umani verso le comunità musulmana e cristiana e la crisi dello stato di diritto nel Paese, causata dalle scelte del partito nazionalista di Modi, il BJP, per l’amministrazione democratica di Biden l’India è da ritenersi realtà affidabile con la quale persino rafforzare la cooperazione e camminare insieme nel prossimo futuro. “Le nazioni occidentali hanno deciso di girare la faccia dall’altra parte rispetto al declino delle credenziali democratiche, delle libertà di espressione e religiose. Pensano di aver bisogno di un contrappeso rispetto alla Cina, credono che un’India forte sia capace di contenere Pechino”, commenta Sushant Singh, senior fellow del Centre for Policy Research.
La road map per la cooperazione nell’industria militare (e non solo)
Nelle settimane precedenti alla visita di Modi negli States, l’India e gli Usa hanno concordato su un percorso ben definito per il rafforzamento della cooperazione nell’ambito dell’industria militare. Un accordo che migliorerà le ambizioni indiane nella produzione di armi, finalizzato dal Segretario alla Difesa Lloyd Austin, in visita a Nuova Delhi nei primi giorni di giugno dal collega indiano Rajnath Singh. Attualmente, come certificato dal Stockholm International Peace Research Institute, il primo fornitore di materiale bellico all’India è la Russia, seguita dalla Francia — che recentemente ha ricevuto un ordine per la consegna di 36 jet da combattimento Rafale — e dagli Stati Uniti.
La cooperazione si espande anche all’industria tecnologica: si rafforzerà l’asse nell’ambito del quantum computing, dell’intelligenza artificiale, delle reti 5G e dei semiconduttori, con General Electric che costruirà motori per l’aviazione proprio nel subcontinente indiano. In generale, l’India cerca di diventare sempre più hub per quelle aziende multinazionali che desiderano diversificare, in particolare dalla Cina viste le tensioni che corrono tra Washington e Pechino.
Il programma della visita di Modi
La missione del Pm indiano negli States inizierà mercoledì 21, partendo da New York dove parteciperà ad un evento alle Nazioni Unite. Il giorno successivo volerà a Washington, andando direttamente alla Casa Bianca, dove si terrà una cena di Stato in suo onore. Successivamente terrà un intervento al Congresso, con le camere riunite in seduta comune. Il 23 avrà un faccia a faccia con Kamala Harris e il Segretario di Stato Antony Blinken. Il giorno 24 partirà per l’Egitto per incontri con il Presidente Abdel Fattah Al-Sisi.
Ma è la posizione statunitense a preoccupare organizzazioni non governative e think tank democratici: è evidente il disinteresse di Washington per diritti umani e libertà personali. Per la ragion di Stato, l’amministrazione Biden mette da parte principi più volte ripetuti e ritenuti a parole fondamentali, proseguendo nel rafforzamento con entità statuali quali India, Israele e Arabia Saudita, ben lontane da standard minimamente definibili democratici. Il mondo multipolare porta nuova linfa, non particolarmente positiva, al riassetto statunitense nello scenario internazionale.
Quella che inizia è una settimana dall’alto valore aggiunto per le relazioni tra gli Stati Uniti e l’India, con la visita prevista del Primo Ministro Narendra Modi alla Casa Bianca di Joe Biden che rappresenterà il momento culmine dell’avvicinamento tra Washington e Nuova Delhi. Cresce inesorabilmente l’importanza della nazione più popolosa al mondo negli equilibri geopolitici internazionali e regionali, soprattutto vista la posizione — anche geografica — indiana, interessata al contenimento nell’area della Cina. Posizione condivisa da numerosi altri Paesi occidentali o che orbitano attorno a quel costrutto, ovvero Usa, Australia e Giappone, che insieme costituiscono l’asse portante del QUAD.
Per inquadrare la forza dell’India all’interno della politica statunitense basti pensare alle mancate sanzioni che dovrebbero essere imposte a Nuova Delhi a causa delle relazioni con la Russia. I legislatori Usa hanno votato un emendamento al CAATSA, Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act, legge che implica l’imposizione di sanzioni ai Paesi che fanno affari con i nemici d Washington. Per l’India, appunto, un discorso a parte che tutela Nuova Delhi da un simile scenario nonostante le relazioni militari che intercorrono con Mosca, salvaguardando gli interessi indo-statunitensi.