Questa la proposta del Ministro degli Investimenti indonesiano, rivolta a Canada e Australia in occasione del G20 di Bali, per coordinare e unire le politiche sui prodotti di nichel
L’Indonesia sta lavorando alla creazione di un cartello dei paesi produttori di nichel (un metallo necessario per le batterie dei veicoli elettrici) simile all’OPEC, l’organizzazione che riunisce e coordina alcuni dei maggiori esportatori di petrolio al mondo. L’idea è stata esposta durante il vertice del G20 di Bali dal ministro indonesiano degli Investimenti, Bahlil Lahadalia, secondo cui un’alleanza delle nazioni ricche di nichel – l’Indonesia possiede da sola un quarto delle riserve globali – stimolerebbe l’industria mineraria: il settore è infatti reticente a investire in capacità estrattiva, temendo un nuovo crollo dei prezzi delle materie prime, sebbene le previsioni sulla domanda futura di metalli per le batterie siano molto favorevoli.
Nel 2021 l’Indonesia ha prodotto un milione di tonnellate di nichel; l’output combinato di Australia e Canada, che ne possiedono giacimenti importanti, si è fermato a 290.000 tonnellate. Giacarta vorrebbe che proprio Canberra e Ottawa si unissero al suo progetto di cartello, in modo da aumentare la rilevanza dell’ipotetica organizzazione e garantirle il potere di fissare il prezzo del metallo, come fa già l’OPEC con il petrolio. La capacità di modulare, coordinandole, le forniture sul mercato di una materia critica e di deciderne il valore permette di influenzare l’economia globale e la politica estera degli altri governi. Il Canada, tuttavia, è scettico verso la proposta indonesiana ed è “altamente improbabile” che decida di parteciparvi, ha detto una fonte governativa a Reuters. Anche dall’industria sono arrivate dichiarazioni simili: l’amministratore delegato di Canada Nickel ha specificato che “le aziende canadesi sono integrate nella filiera nordamericana”.
L’Indonesia, comunque, non intende limitarsi al ruolo di minatore: vuole piuttosto installare sul suo territorio una catena del valore completa, che parta dall’estrazione del minerale grezzo, passi per la sua lavorazione e finisca con la produzione di batterie.
Una “OPEC” anche per il litio
Discussioni simili a quelle indonesiane ma riferite a un altro metallo per le batterie, il litio, si stanno tenendo anche in Sudamerica, tra l’Argentina, la Bolivia e il Cile: i tre paesi compongono il cosiddetto “triangolo del litio”, dove si concentra oltre il 55% dei depositi mondiali.I ministri degli Esteri di Buenos Aires, La Paz e Santiago sono impegnati in “trattative avanzate” per la creazione di un meccanismo che assegnerebbe loro il controllo dei prezzi del litio “a livello globale”. Come l’Indonesia con il nichel, anche l’ipotetica “OPEC del litio” dovrebbe andare oltre il triangolo sudamericano e coinvolgere altri produttori di peso come – ancora una volta – l’Australia, prima esportatrice al mondo.
La nascita di una OPEC del litio non potrà però ignorare la Cina, che pur possedendo appena il 6% delle risorse del minerale controlla il 58% della sua capacità di raffinazione. I produttori di litio, dunque, saranno comunque dipendenti – almeno nel breve termine – da Pechino per la trasformazione della materia grezza in componenti utilizzabili nelle batterie, come l’idrossido di litio e il carbonato di litio. Sul lungo periodo le cose potrebbero cambiare, qualora i paesi produttori dovessero dotarsi di capacità di lavorazione proprie.
Questa la proposta del Ministro degli Investimenti indonesiano, rivolta a Canada e Australia in occasione del G20 di Bali, per coordinare e unire le politiche sui prodotti di nichel
Nel 2021 l’Indonesia ha prodotto un milione di tonnellate di nichel; l’output combinato di Australia e Canada, che ne possiedono giacimenti importanti, si è fermato a 290.000 tonnellate. Giacarta vorrebbe che proprio Canberra e Ottawa si unissero al suo progetto di cartello, in modo da aumentare la rilevanza dell’ipotetica organizzazione e garantirle il potere di fissare il prezzo del metallo, come fa già l’OPEC con il petrolio. La capacità di modulare, coordinandole, le forniture sul mercato di una materia critica e di deciderne il valore permette di influenzare l’economia globale e la politica estera degli altri governi. Il Canada, tuttavia, è scettico verso la proposta indonesiana ed è “altamente improbabile” che decida di parteciparvi, ha detto una fonte governativa a Reuters. Anche dall’industria sono arrivate dichiarazioni simili: l’amministratore delegato di Canada Nickel ha specificato che “le aziende canadesi sono integrate nella filiera nordamericana”.