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Iran, Raisi l’ultraconservatore


Il nuovo Presidente cercherà di risolvere gli enormi (strutturali) problemi interni attraverso le scelte di politica estera, con l’occhio puntato su Pechino e Mosca

Il diciotto giugno del 2021 Ebrahim Raisi (1960) è stato eletto Presidente della Repubblica islamica dell’Iran. Raisi, entrato in carica il 3 agosto del 2021, rappresentata il fronte conservatore iraniano ed è molto vicino all’ufficio della Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Raisi ha un passato importante trascorso all’interno della magistratura iraniana in cui ha svolto vari ruoli chiave come procuratore generale e come Capo della Magistratura. È considerato come uno dei fedelissimi dell’ayatollah Khamenei ed è anche ben visto da una buona parte dell’élite militare dei Guardiani della Rivoluzione (i Pasdaran). Inoltre, appartenendo al clero sciita, riesce ad attrarre il sostegno di una parte della gerarchia clericale presente nelle rispettive città sante di Mashhad (da cui proviene) e di Qom. Tuttavia, è molto criticato da gran parte dell’opinione pubblica iraniana per il suo ruolo svolto nell’eliminazione “illegale” di centinaia di prigionieri politici negli anni ’80. Si è infatti notata, durante le ultime elezioni, l’affluenza più bassa alle elezioni presidenziali con il 49%. Questa bassa affluenza è stata, da una parte degli analisti, interpretata come un boicottaggio e quindi come una critica strutturale alla Repubblica islamica. Mentre altri studiosi hanno visto, in questo dato, una importante voce critica nei confronti delle politiche economiche e sociali del sistema politico iraniano.

Raisi diventa Presidente in uno dei momenti più difficili della storia contemporanea iraniana. Il nuovo Presidente dovrà affrontare varie sfide sia sul fronte interno sia su quello estero.

La politica interna

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